Corte Ue: «L’Ex Ilva va sospesa se è pericolosa per la salute»
Il caso Storica vittoria dei cittadini tarantini. Ora il tribunale di Milano valuterà i rischi. Peacelink: "La salute e l’ambiente non possono essere sacrificati sull’altare della produzione ad ogni costo". Il presidente della regione Puglia Emiliano: "Sentenza epocale". I sindacati: "Sentenza giusta, ma ora servono investimenti e il ritorno al lavoro". Il due luglio tavolo sulla cassa integrazione
Il caso Storica vittoria dei cittadini tarantini. Ora il tribunale di Milano valuterà i rischi. Peacelink: "La salute e l’ambiente non possono essere sacrificati sull’altare della produzione ad ogni costo". Il presidente della regione Puglia Emiliano: "Sentenza epocale". I sindacati: "Sentenza giusta, ma ora servono investimenti e il ritorno al lavoro". Il due luglio tavolo sulla cassa integrazione
Se la produzione di acciaio dell’ex Ilva a Taranto comporta rischi per l’ambiente e la salute, il gigantesco impianto siderurgico va fermato. La decisione spetterà al Tribunale di Milano. Lo ha stabilito ieri a Lussemburgo la Corte europea di Giustizia in una sentenza che proietta una nuova luce sulle decisioni prese dai governi italiani a partire dal 2012. Dodici anni fa furono stabilite le misure per la riduzione degli effetti dannosi provocati dalle emissioni dell’acciaieria. Tuttavia i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti.
«NONOSTANTE fosse stato posto in amministrazione controllata nel 2012 – hanno sostenuto i giudici europei – lo stabilimento tarantino è stato autorizzato, in base a particolari norme di deroga, a proseguire la propria attività produttiva per un periodo di 36 mesi. A condizione che rispettasse un piano di misure ambientali e sanitarie. Il termine per l’attuazione di questo piano è stato poi posticipato più volte, per un periodo complessivo di diversi anni. E questo è avvenuto nonostante il fatto che l’attività produttiva presentasse pericoli gravi e significativi per l’integrità dell’ambiente e la salute delle popolazioni limitrofe».
IL PERCORSO che ha portato a una sentenza definita «epocale» dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano è iniziato con il ricorso presentato dall’associazione Genitori Tarantini sostenuta dagli avvocati Maurizio Rizzo Striano e Ascanio Amenduni presso il Tribunale di Milano. Quest’ultimo si è rivolto alla Corte europea di Giustizia e ha chiesto se la normativa italiana e le norme derogatorie applicate all’Ex Ilva rispettassero la direttiva 75 del 2010 dell’Unione Europea sulle emissioni industriali. La sentenza di ieri ha dimostrato il collegamento tra la protezione dell’ambiente e quella della salute umana. Diversamente da quanto sostenuto dai governi italiani, secondo i quali la direttiva non farebbe riferimento alla valutazione del danno sanitario, i giudici europei hanno evidenziato che la nozione di «inquinamento» include sia i danni all’ambiente che quelli alla salute umana. «La loro vittoria è una vittoria di tutti noi, un monito per chi pensa che la salute e l’ambiente possano essere sacrificati sull’altare della produzione ad ogni costo – ha detto Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione Peacelink – Taranto oggi respira un’aria di speranza. Di fronte a pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, la produzione dell’Ilva di Taranto dovrà essere sospesa».
PER L’AMMINISTRAZIONE straordinaria di Acciaierie d’Italia la sentenza della Corte Ue riguarda invece «fatti non più attuali», fa riferimento a al 2013, «oggi ampiamente superati grazie agli ingenti investimenti effettuati per il risanamento ambientale».«Recentemente è stata consegnata al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e al Ministero della Salute la Valutazione di impatto sanitario (Vis) sulla quale si baserà il riesame e dalla quale emergono elementi tranquillizzanti».
LA CORTE DI STRASBURGO ha inoltre sostenuto che il riesame dell’impatto negativo delle emissioni non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti. Occorre invece tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti. Tale valutazione è stata fatta tra il 2017 e il 2021 che hanno dimostrato una relazione causale tra i danni alla salute dei residenti nell’area di Taranto e le emissioni dell’acciaieria Ilva. Si parla delle polveri sottili PM10, dell’anidride solforosa (SO2) di origine industriale e altri inquinanti come il rame, il mercurio e il naftalene.
«LA SENTENZA va nella giusta direzione, quella che indichiamo da tempo per salvaguardare la salute dei cittadini e dei lavoratori di Taranto – ha detto Rocco Palombella, segretario generale della Uilm – Dobbiamo rilevare come oggi siamo in una situazione paradossale: abbiamo un piano ambientale quasi ultimato e abbiamo uno stabilimento quasi fermo. È una condizione disastrosa. Dal governo e dai Commissari è arrivato solo l’aumento della cassa integrazione per 5.200 lavoratori, di cui 4.400 a Taranto, oltre la metà del totale dei dipendenti del gruppo».
«PER METTERE IN SICUREZZA cittadini, ambiente e lavoratori è necessario che tutti tornino al lavoro per intervenire sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie sostengono Loris Scarpa e Francesco Brigati della Fiom-Cgil di Taranto – Il governo e la gestione commissariale investano le risorse per introdurre le migliori tecnologie disponibili per il processo produttivo e di decarbonizzazione. È ora di farla finita con speculazioni economiche e politiche. La sentenza, ha sostenuto Valerio D’Alò della Fim, «non deve farci paura ma deve mettere i ministeri competenti in condizione di dover pensare ad ulteriori migliorie da apporre nella predisposizione dell’Aia e del piano ambientale e comunque, a tutte le azioni necessarie a rendere la produzione di acciaio sostenibile sul piano sanitario, della sicurezza e dell’ambiente». «Attendiamo una tempestiva convocazione dal governo per discutere del futuro dei lavoratori e delle famiglie degli stessi, che operano in tutti i siti italiani siderurgici del gruppo» sostengono Francesco Rizzo e Sasha Colautti di Usb.
IL PROSSIMO 2 LUGLIO i sindacati, le regioni Puglia, Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria, sono state convocate al ministero «delle imprese e del made in Italy» per avviare l’esame della richiesta di cassa integrazione.
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