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Corte e Renzi spingono il Mattarellum

Corte e Renzi spingono il MattarellumLa sede della Corte Costituzionale – Eidon

Sentenza Le motivazioni con le quali la Consulta ha bocciato il Porcellum. No al premio senza limiti, sì alle liste bloccate ma corte. Le camere in carica sono pienamente legittime. Une legge elettorale valida c'è, ma si può cambiare

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 14 gennaio 2014

Eredità delle polemiche delle ultime settimane, la sentenza depositata ieri sera dalla Corte Costituzionale ribadisce la perfetta legittimità del parlamento in carica. Malgrado i giudici demoliscano le legge elettorale che lo ha composto perché «ha compresso la libertà di voto». Ieri sera, tardi perché il manifesto possa darne conto a pieno, i giudici costituzionali hanno depositato in 26 pagine le ragioni per le quali hanno bocciato il Porcellum. Le camere sono pienamente legittimate a cambiare la legge, hanno ribadito, ma una legge elettorale «di risulta» in vigore c’è, ed è valida.

Nel pomeriggio Matteo Renzi era salito al Quirinale trovando una sintonia con il capo dello stato: la riforma sui farà. I punti fermi: niente sgambetti a Letta, ma in cambio garanzia che si riuscirà a correggere in senso maggioritario quel che resta del Porcellum. Così il sindaco di Firenze inizia il confronto serale con i presidenti di commissione e i capigruppo del Pd con una netta e inedita presa in carico del destino del governo: «Non abbiamo più alibi. Questo governo e questa maggioranza siamo noi».
La lettura delle motivazioni della Consulta alza le quotazioni del Mattarellum: lo soluzione più logica perché la più semplice. Non la più gradita in linea teorica dai partiti, ma la meno temibile per tutti. Con l’eccezione, superabile, di Alfano. Evidentemente ben informato sull’orientamento dei giudici, Renzi ha richiamato con i suoi i tre modelli proposti al dibattito ormai due settimane fa. E ha reso chiaro che solo il Mattarellum è percorribile. Per il modello spagnolo serve un premio di maggioranza superiore ai limiti che indica la Consulta. Il doppio turno sarebbe invece costruito sulle non più proponibili liste bloccate.

Alla fretta del segretario risponde però l’atmosfera rarefatta della prima commissione della camera, che ha in carico la riforma elettorale. Lì il tempo si è fermato per aspettare le motivazioni della consulta; nell’attesa tre giri di audizioni con esperti che erano già stati ascoltati al senato. Ieri i primi cinque costituzionalisti, da destra verso sinistra: Armaroli, Nicotra, Clementi, Barbera e D’Amico. Tutti con la stessa difficoltà di dover parlare prima di conoscere le indicazioni dei giudici costituzionali. Epperò tutti contrari all’ipotesi di introdurre di nuovo le preferenze: meglio le liste bloccate, purché non troppo lunghe. Come potrebbe essere nel sistema spagnolo, o com’era nella vecchia legge Mattarella. Il sistema spagnolo, proporzionale dall’effetto maggioritario in virtù dei collegi ristretti e della soglia di sbarramento, è la prima scelta di Berlusconi. Tra i costituzionalisti solo Clementi si è spinto a difenderla: si tratta di una soluzione costruita per la Spagna post franchista dove a due partiti nazionali forti si accompagnavano realtà consistenti su base regionale. Niente del genere c’è in Italia.

Più marcata, nelle audizioni, l’adesione al doppio turno, il «modello dei sindaci» mancante però dell’elezione diretta. Sul punto i costituzionalisti ascoltati ieri hanno dimostrato una certa disinvoltura: ormai l’Italia si è abituata a una forma extra costituzionale di indicazione del premier nel simbolo elettorale. «Una riforma costituzionale si potrà fare dopo». ha detto Augusto Barbera. Resta il fatto che il doppio turno di coalizione in regime di bicameralismo può condannare le camere alla paralisi. Gli elettorati di camera e senato sono infatti sensibilmente diversi, e dunque almeno in teoria può succedere che ci siano due ballottaggi diversi, e dunque due maggioranza opposti nei due rami del parlamento.

Ciò non ostante, i rappresentanti del Pd in prima commissione, forse perché in prevalenza più vicini a Letta che a Renzi, hanno continuato a difendere il doppio turno (lo ha fatto anche Gianni Cuperlo, dall’esterno), l’unica soluzione che l’alleato Alfano è disponibile ad accettare, almeno stando ai propositi pubblici, che però prevedono improbabili minacce di crisi. E per questo i democratici si sono molto arrabbiati per la conduzione dei lavori da parte del presidente della commissione Francesco Paolo Sisto, avvocato berlusconiano e in quanto tale tifoso del modello spagnolo. Che con le domande ai costituzionalisti è riuscito a far risaltare i difetti del «modello dei sindaci» e a nascondere i limiti del sistema spagnolo. Uno scambio di battute poco accademiche ha accompagnato la polemica: «Hai studiato la Costituzione su Topolino». «E tu su Nembo Kid». Il corollario è che il Pd quando si passerà dalle audizioni al lavoro sul testo base della riforma elettorale chiederà di sostituire Sisto, o almeno di affiancarlo.

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