La proroga dello scudo erariale non solo non è necessaria, ma rischia di disincentivare gli amministratori virtuosi. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, la Corte dei conti ieri ha ribadito la propria contrarietà al governo che nel milleproroghe intende prolungare il salvacondotto al giugno 2025 o al 2026 (cioè alla scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza- Pnrr)che solleva da responsabilità contabili gli amministratori pubblici nel caso di «colpa grave». Tranne le condotte apertamente dolose, la perseguibilità del reato si ridurrebbe alle omissioni che sono una minoranza. «Il delineato sistema delle garanzie, unitamente alla perimetrazione normativa dell’elemento psicologico, – ha detto il presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino – sembrerebbe rendere non necessaria la ulteriore proroga del cosiddetto “scudo erariale”, introdotto in via eccezionale nel periodo pandemico per porre un rimedio alla “paura della firma”».

La Corte ha rivolto un’altra critica al governo a proposito dei controlli «indeboliti». Ci sarebbe infatti questo rischio dagli annunci di riforma dei poteri della magistratura contabile. «Le riforme – ha detto Carlino – andrebbero condivise e formulate con gradualità, come è avvenuto, ad esempio, per la redazione del Codice di giustizia contabile». Negli ultimi anni sono stati numerosi gli interventi legislativi il cui effetto è stato quello di produrre un caos di norme «che hanno indebolito l’iniziale organicità del tessuto normativo». La corsa contro il tempo per spendere i soldi del Pnrr, e per realizzare le innumerevoli «riforme» contenute in tale «piano», anche nella pubblica amministrazione e nella contabilità pubblica, imporrebbero un assetto razionale «in materia di audit del settore pubblico».

La Corte, rivendicando «autonomia e indipendenza» come «presidio» e garanzia per i cittadini, evidenzia anche un altro nodo: i compiti giurisdizionali e di controllo sono stati nel tempo «indeboliti». Da qui l’appello a «interventi razionali». Carlino, infatti, ha sollecita «riforme condivise e formulate con gradualità», subordinandone l’attuazione al «previo parere delle Sezioni riunite».

Sempre sul Pnrr il procuratore generale della Corte dei Conti, Pio Silvestri, non ha nascosto preoccupazioni legate a «diverse segnalazioni di ritardi e irregolarità» come il non corretto utilizzo dei fondi da parte dei soggetti attuatori e nella percezione dei contributi. Il conflitto tra la Corte dei Conti e il governo Meloni, condotto con toni tecnici e più che felpati, si è acuito negli ultimi giorni dopo la nomina di Carlo Alberto Manfredi Selvaggi a giudice contabile da inviare alla Corte dei conti europea. Selvaggi è un magistrato contabile. Dirige la «Struttura di Missione Pnrr» su nomina Deal ministro addetto alla esecuzione di questo piano: Raffaele Fitto. Nessuna comunicazione ufficiale sarebbe stata data al Comitato di presidenza della Corte dei conti. Il governo avrebbe ignorato i due nomi indicati, come da prassi, dai giudici contabili (Giovanni Coppola e Maria Annunziata Rucireta). A tale proposito il Pd ha presentato un’interrogazione parlamentare. La nomina del governo avrebbe suscitato perplessità anche a Bruxelles. La Corte dei conti europea vigila sulla struttura italiana guidata dal magistrato nominato dal governo. Selvaggi sarà il prossimo 22 febbraio al parlamento Ue. Il suo giudizio non è vincolante, ma un’eventuale bocciatura ravviverebbe le polemiche sullo spoil system delle destre (l’«amichettismo», per citare Meloni).