Cambio soft alla guida della Corte costituzionale. Oggi con tutta probabilità i 14 componenti della Consulta in carica eleggeranno presidente Augusto Barbera, che già da inizio novembre ha assunto i poteri di presidente facente funzione dopo la fine del mandato di Silvana Sciarra. L’unanime decisione di un mese fa presagire che un consenso analogo ci sarà oggi sulla nomina di Barbera, eletto alla Corte nel 2015 dal Parlamento su indicazione del Pd.

Barbera, classe 1938, è professore emerito di Diritto costituzionale all’Università di Bologna e resterebbe in carica fino alla fine del 2024, quando scade il suo mandato alla Consulta. Originario della provincia di Enna ma bolognese d’adozione, il giurista ha alle spalle una lunghissima attività accademica tra le Università di Bologna, Ferrara e Catania ed è autore di 22 volumi, tra cui il celebre trattato di diritto pubblico curato insieme a Giuliano Amato e il corso di diritto costituzionale con Carlo Fusaro.

È stato parlamentare per cinque legislature, dal 1976 al 1994, eletto nelle liste del Pci e poi del Pds. Nel 1993 è stato per un pugno di giorni ministro dei Rapporti col Parlamento nel governo Ciampi: era nella pattuglia di ministri di centrosinistra, con Vincenzo Visco, Luigi Berlinguer e Francesco Rutelli, che si dimisero dopo il no della Camera, il 29 aprile, all’autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi.

Barbera è stato anche tra i principali promotori dei referendum sulla legge elettorale con Mario Segni: prima quello del 1991 sulla preferenza unica, poi nel 1993 sul maggioritario e, infine, quello del 1999 che puntava a eliminare la quota proporzionale del 25% dei seggi prevista dalla legge Mattarella. Il referendum mancò il quorum per un soffio, con l’affluenza ferma al 49,6%.

Il nuovo presidente della Corte si può in ogni caso annoverare tra i padri del maggioritario in Italia, e dunque tra i sostenitori del concetto di “democrazia decidente” attorno a cui tra gli anni 80 e l’inizio dei 90 si schierò un vasto numero di intellettuali riuniti attorno all’associazione bolognese Il Mulino. Il Parlamento non ha ancora nominato il successore di Sciarra: troppo alto il quorum richiesto per le prime tre votazioni, i 2/3 , per poter essere raggiunto senza un accordo tra maggioranza e opposizione. Possibile dunque che la pratica sia rimandata a fine 2024, quando scadranno, oltre a Barbera, anche il vicepresidente Franco Modugno e il giudice Giulio Prosperetti.