Scuola

Corsa per riaprire la scuola e chiuderla per le elezioni e il referendum

Corsa per riaprire la scuola e chiuderla per le elezioni e il referendumTermoscanner per la misurazione della febbre – LaPresse

Il caso Domani 14 settembre lezioni al via a macchia di leopardo in 12 regioni. Il governatore della Campania Vincenzo De Luca: «La scuola è stata sacrificata per il voto di domenica 20 e lunedì 21. Riaprire le classi in Campania il 24 settembre? Non so. Non sappiano quanti banchi ci sono, né quanti sono i docenti». La ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina: «Non possiamo immaginarla com'era l'anno scorso»

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 13 settembre 2020

Minimizzare, rassicurare, comunicare enfaticamente. È lo stile scelto dal governo per affrontare la riapertura delle scuole in dodici regioni dopo sei mesi di chiusura per contenere la diffusione del Covid. Lo ha usato, ancora una volta, la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina a 24 ore dall’inizio delle lezioni nelle aule tradizionali, in spazi come tende, palestre e prefabbricati (dove sono stati trovati e costruiti), oppure in presenza e online. «Piccole criticità nessuno le nega: le stiamo risolvendo in un periodo difficilissimo» ha detto l’esponente dei Cinque Stelle. Tanto «piccole» queste «criticità» non devono essere state se Vincenzo De Luca, esponente di primo piano del partito democratico e governatore della Campania, ieri in un giro elettorale a Benevento ha rinnovato alcune critiche diffuse, ma non ancora troppo considerate, a un governo che ha «sacrificato la scuola per fare votare alle regionali e al referendum il 20 e il 21 settembre».

LE SCUOLE riapriranno domani e dovranno richiudere entro venerdì per lasciare spazio ai seggi. «Si doveva votare a luglio» ha aggiunto De Luca che, come Abruzzo, Basilicata, Calabria e Puglia, farà riaprire le scuole giovedì 24. «Le scuole in Campania oggi non sono pronte, per il 24 non so. Abbiamo contestato due orientamenti sbagliati del governo: abbiamo reso obbligatori i test sierologici, mentre per loro sono facoltativi. La misurazione della temperatura corporea avverrà a scuola mentre il governo vuole che la facciano le famiglie a casa. Abbiamo dato tremila euro ai presidi per l’acquisto di termoscanner».

UNA DECISIONE simile presa dal governatore di centrodestra della regione Piemonte Alberto Cirio è stata contestata dal MIur. « L’ordinanza è intempestiva e inopportuna», «non si capisce perché in Italia si debba creare confusione» ha detto ieri Azzolina. La confusione, in realtà, è anche del governo. Non risulta, al momento, che abbia fatto la stessa cosa con la Campania. Né si comprende la ragione che lo ha spinto a una decisione simile criticata da epidemiologi come Massimo Galli e Andrea Crisanti secondo il quale «si sarebbe dovuto misurare la temperatura a scuola, con sistemi automatici efficienti, e non a otto milioni di famiglie secondo modalità arbitrarie».

IL GOVERNATORE campano De Luca ha criticato il ritardo sui banchi considerati un totem dal ministero dell’Istruzione che ha spinto a un eccezionale e tardivo sforzo che avrebbe potuto essere riservato a risolvere, ad esempio, il problema del precariato scolastico. «Non sappiano quanti banchi sono arrivati ad oggi, non sappiamo quanti sono i docenti. Eviteremo che quelli in organico siano mandati a 500 km da casa» ha detto.

UNO DEI NODI del precariato che il governo non ha risolto nemmeno in un «anno straordinario che non sarà come prima» (Azzolina) come questo è quello dei docenti di sostegno. «Quest’anno circa 2 ragazzi su 3 con disabilità non troveranno lo stesso insegnante di sostegno – hanno denunciato ieri Flc e Fp Cgil di Roma e Lazio – La complessa macchina delle assegnazioni delle cattedre, un girone dantesco che si ripete ogni anno, farà venire il principio della continuità didattica per i ragazzi e costringerà gli insegnanti alla rincorsa di una cattedra». In Italia gli studenti con disabilità sono 170 mila, più della metà (il 59%) non avrà più il docente di sostegno che li seguiva l’anno scorso. In molti casi ne cambieranno quest’anno anche più di uno.

UNA CORSA contro il tempo iniziata in ritardo è stata osservata in questi mesi. Solo verso la fine di giugno, in coincidenza con le mobilitazioni del movimento «Priorità alla scuola» (in piazza Roma di nuovo il 26) ha iniziato a porsi il problema della scuola. Poi è stato un susseguirsi di iniziative che non hanno risolto i problemi degli spazi (a dire di Azzolina sarebbero 50 mila gli studenti penalizzati) né degli organici. Invece di bandire un concorso al buio a ottobre, se avesse deciso di assumere il personale con tre anni di servizio come richiesto dall’Ue, e poi avesse proceduto alla selezione, oggi il governo conterebbe perlomeno su 32 mila docenti in più in cattedra. Non è andata così.

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