Internazionale

Corre lungo la M5 la vittoria militare di Bashar Assad

Corre lungo la M5 la vittoria militare di Bashar Assad

Siria L'esercito governativo ha ripreso anche la regione di Deraa e il sud del Paese. Ora controlla quasi tutta la Siria da Aleppo fino al confine con la Giordania. I jihadisti "ribelli" si arrendono e gli sfollati cominciano a tornare a casa.

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 8 luglio 2018

Chi volesse misurare in un modo originale l’andamento della guerra ‎in Siria allora dovrebbe considerare il controllo che l’esercito siriano ‎ha ripreso, pezzo dopo pezzo, dei 450 km dalla M5, l’autostrada che ‎attraversa il paese da nord a sud, da Aleppo al confine con la ‎Giordania. Un’arteria di comunicazione vitale che i siriani chiamamo ‎‎”strada internazionale”, che attraversa regioni rurali, aree industriali e ‎quattro grandi città. Seguendo questa strada, le forze armate ‎governative hanno strappato alle formazioni islamiste e jihadiste ‎‎”ribelli” gran parte della Siria. ‎«Appare chiaro che l’approccio ‎militare è stato rivolto alla riconquista della M5‎», spiegava qualche ‎giorno fa all’agenzia Afp Emile Hokayem dell’International Institute ‎for Strategic Studies‏.‏‎ ‎«La principale ricchezza, le aree industriali, ‎infrastrutturali e urbane si trovano lungo questa linea…(Damasco) ha ‎sempre voluto mantenere il controllo di tutti questi nodi‎». E se alla ‎fine del 2016 fa era stata la liberazione di Aleppo a segnare la svolta ‎a favore di Damasco, ora è Deraa a delimitare dall’altra parte del ‎paese l’ampiezza della vittoria militare ottenuta dal presidente Bashar ‎Assad.

‎ La resa due giorni fa nel sud del paese di quella galassia di gruppi ‎e formazioni che i governi occidentali si sono ostinati a descrivere ‎per sette anni come “ribelli al regime di Assad”, senza considerare la ‎loro ideologia e la loro idea della Siria futura, ha riconsegnato al ‎governo centrale più di 2/3 della Siria. Certo la guerra non è finita, le ‎sacche di resistenza dell’Isis, ad esempio, sono una spina nel fianco ‎del governo, ma il suo corso è segnato. Ha vinto Damasco con l’aiuto ‎determinante della Russia e dei combattenti sciiti libanesi di ‎Hezbollah e il contributo dell’Iran. Francia, Usa e le monarchie ‎sunnite del Golfo hanno investito invano risorse immense finanziarie ‎per far crollare Bashar Assad che invece sette anni dopo è al suo ‎posto. Israele gioca ancora la sua partita, nel sud della Siria, ma è ‎svanito il suo sogno di poter usare i “ribelli” per il controllo di una ‎zona-cuscinetto a protezione del Golan (territorio siriano che occupa ‎dal 1967). Per tre anni, da quando Mosca è intervenuta in Siria, ‎Benyamin Netanyahu ha provato a persuadere Vladimir Putin a ‎garantirgli una Siria meridionale senza “forze ostili” iraniane a ‎ridosso del Golan. E ha rischiato anche di scatenare una guerra ‎regionale nei mesi scorsi lanciando continui attacchi in Siria contro ‎presunte postazioni dell’Iran e del movimento sciita libanese. Adesso ‎che Assad controlla tutta la M5 fino al confine di Nassib con la ‎Giordania – un valico strategico per la ripresa dei commerci tra Siria ‎e Giordania -, il premier israeliano deve accontentarsi di vedere nel ‎sud della Siria solo l’esercito governativo. E può solo sperare che a ‎fargli questo regalo siano Putin e Trump nel corso del vertice che ‎avranno a metà mese.

Ieri più di 20mila dei circa 320mila siriani, sfollati nelle scorse ‎settimane in seguito all’offensiva dell’esercito a Deraa e nel sud, sono ‎tornati in 13 diverse località riprese dai governativi. Un rientro, ‎destinato ad intensificarsi, che è stato possibile grazie alla tregua e ‎all’accordo, mediato dai russi e da attuare in tre fasi, tra forze ‎governative e gruppi jihadisti e islamisti che si stanno arrendendo e ‎che sono pronti a consegnare le loro armi pesanti. Sarà la polizia ‎locale a garantire la sicurezza delle aree liberate. I “ribelli” che ‎rifiutano l’accordo potranno andare con le loro famiglie nella ‎provincia di Idlib dove si sono già diretti i miliziani sconfitti nei mesi ‎scorsi dall’esercito a Ghouta e in altri sobborghi di Damasco. ‎

Resta il nodo della ripresa di Quneitra, a ridosso del Golan. Israele ‎potrebbe prendere di mira di nuovo l’esercito siriano accusandolo di ‎essersi avvicinato troppo alle linee armistiziali. Mentre è risolto ‎quello di Sweida e di altri centri popolati da siriani drusi, rimasti ‎fuori dal conflitto ma di fatto alleati del governo. L’esercito avrà il ‎controllo pieno di quelle aree, in cambio i drusi riceveranno ‎l’amministrazione civile dei loro centri. Continuano anche le ‎trattative tra Damasco e i curdi decisi a sganciarsi dagli Usa dopo il ‎sostegno di Washington all’offensiva turca contro Afrin e il Rojava. ‎Secondo il quotidiano al Watan i curdi avrebbero accettato di ‎trasferire al governo i giacimenti petroliferi settentrionali che ‎controllano e la città di Raqqa. In cambio riceveranno uno status ‎politico e l’autonomia del Rojava, i loro combattenti saranno ‎riconosciuti e associati all’esercito siriano e la loro lingua sarà ‎insegnata nelle scuole pubbliche nelle aree curde. Da parte curda però ‎non ci sono ancora conferme.‎

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento