Cultura

«Corpus domini», dissidenza imprevista in una storia fisica

«Corpus domini», dissidenza imprevista in una storia fisicaAndres Serrano, «Juan» (Denizens of Brussels), 2015

MOSTRE A Milano, presso Palazzo Reale, una destabilizzante mostra curata da Francesca Alfano Miglietti

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 13 novembre 2021

Corpus Domini. Dal corpo glorioso alle rovine dell’anima, curata da Francesca Alfano Miglietti (Fam) è una mostra emozionante e politica che, al di là di alcuni temi coerenti con la pluridecennale ricerca teorica della curatrice, travalica i territori espressivi indagati, in particolare in Rosso vivo. Mutazione, trasfigurazione e sangue nell’arte contemporanea, esposizione realizzata nel 1999, che riprendeva le tematiche della body-art per connetterle con quelle post-human e in cui si voleva individuare una tendenza o una corrente artistica.

SE L’ARTE PIÙ VISIONARIA di inizio Novecento intendeva rivoluzionare il nostro sentire, dopo un secolo, quella di oggi, né prometeica né consolatoria, ci mostra gli incubi che abbiamo sotto agli occhi e che non vediamo a causa dell’anestesia percettiva e sociale, che sono poi la stessa cosa. Non si tratta di realismo evidentemente (sarebbe un inutile simulacro visto che già non percepiamo il reale), ma dell’esplosione di elementi simbolici che vengono trasfigurati per ricombinare ecologia dell’immaginazione e reinvenzione della soggettività, ossia pratiche di dissidenza e l’invenzione di nuovi modi di essere. Per dirla con Felix Guattari, arte, cinema, letteratura, pedagogie innovative, architettura… dovranno unire la loro creatività per allontanare la barbarie e l’implosione mentale, e trasformarle in desideri imprevedibili di una Babele felice.

IN MOLTE DELLE OPERE in esposizione «il corpo non è sparito ma diviene una sorta di disturbo, di rumore di fondo, di interferenza, diviene astrazione: nella loro astrazione estrema, i corpi dei migranti, delle persone senza documenti, dei disoccupati, i corpi annegati nel Mediterraneo o ammassati nei centri di detenzione, in breve, i corpi considerati in esubero diventano semplici numeri, senza valore, senza alcuna corporeità e quindi, infine, privati di umanità»: valigie, pacchi scarpe, stracci, armi, polizia, corpi smembrati, malattie, virus, baracche, rifugi, sofferenze, confini, fughe, sentieri, diventano allora i concetti erratici attraversati dalle opere ddei tanti artisti presenti ( tra gli altri, AES+F, Janine Antoni, Yael Bartana, Fabio Mauri, Josef Beuys, Christian Boltanski, Urs Lüthi, Andres Serrano, Kimsooja, Franko B, Robert Gober, Antony Gormley, Oscar Muñoz, Gina Pane, Marc Quinn, Carol Rama, Duane Hanson, Chiharu Shiota).

INSTALLAZIONI, SCULTURE, dipinti, video e fotografie raccontano la molteplicità della rappresentazione dell’essere umano. Un tragitto che conduce la precarietà al cuore del sistema delle rappresentazioni invitandoci a un confronto doloroso. Come scrive la curatrice, «qui l’arte ci dimostra, in uno spazio brulicante di pensiero ed emozione, la sua abilità a significare con l’ausilio non solo di un segno, ma della realtà stessa».

In Corpus Domini è il pensiero e non la coerenza stilistica che dà la continuità delle opere. L’esposizione analizza l’insorgere nella contemporaneità di nuove forme di rappresentazione insistendo sulla scomparsa del corpo vero in favore del corpo dello spettacolo. «Il corpo della consapevolezza, della ribellione, dell’alterità – spiega Fam – cede il passo al corpo contemporaneo: corpo dello spettacolo, dell’esodo, del lavoro, della moltitudine silenziosa. In questa epoca incerta come incerto è il ruolo degli umani sul pianeta, in questo mondo simulato, che ha destabilizzato principi e modelli della realtà, si è inevitabilmente compromesso il concetto di umanità».

E, INFATTI, QUESTA MOSTRA può leggersi come «un appello: gli artisti non vogliono rassicurare, vogliono far vedere. La mostra parla di noi, della nostra vita, e prima ancora di capire dobbiamo sentire. Vorrei che ognuno di noi si sentisse un ‘pezzo di stoffa’ di Boltanski o una ‘scarpa’ di Shiota. La pandemia ci insegnato questo: che se uno di noi si ammala ci ammaliamo tutti e che quindi tutti dobbiamo fare in modo di proteggerci. E soprattutto, è proteggendo l’altro che proteggiamo noi stessi, perché nessuno può andare da nessuna parte da solo».

Alla celebre critica Lea Vergine (1936-2020), per anni storica collaboratrice del manifesto, che con Fam iniziò a lavorare su questa rassegna, la curatrice dedica una sezione importante in cui sono esposte opere che hanno caratterizzato il suo percorso critico, e poi libri, documenti e fotografie che testimoniano la sua singolare ricerca nel campo della Body art, che rimane riferimento fondamentale dell’espressività artistica relativa al corpo e, allo stesso tempo, lente da cui guardare le trasformazioni del mondo.
Corpus Domini è aperta fino al 30 gennaio 2022, presso Palazzo Reale di Milano. Il catalogo, edito da Marsilio, oltre alla documentazione fotografica e al testo teorico di Fam, contiene contributi interessanti, tra cui quelli di Francesco Berardi Bifo, Gino Strada, Massimo Recalcati.

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