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Corpi civili di pace contro le guerre

Corpi civili di pace contro le guerre

Pacifismo/2 Sono la soluzione antagonista all’intervento armato. Ma è necessaria una legge

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 14 marzo 2014

Per la prima volta i Corpi civili di pace entrano nella legislazione italiana, grazie a un emendamento approvato nella legge di stabilità 2014-2016. Per tre anni 500 giovani parteciperanno a iniziative d’interposizione nonviolenta, prevenzione dei conflitti, costruzione della pace. È il sogno di generazioni di pacifisti, obiettori di coscienza e attivisti nonviolenti: dimostrare che è possibile, senza armi, affrontare in modo diverso conflitti e guerre, con azioni di diplomazia dal basso, di riconciliazione, di solidarietà. È quello che è stato fatto dalle attività dei “caschi bianchi” in Africa e in Centramerica; dal Consorzio Italiano di Solidarietà nei territori dell’ex Jugoslavia; dall’Associazione per la pace e da Action for Peace in Medio Oriente. In queste attività si sono spesi negli ultimi 30 anni, decine di migliaia di persone, che sono stati esposti anche a gravi rischi.
Secondo l’emendamento approvato nella legge di stabilità, sarà l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile a gestire in modo sperimentale (in base alla legge n°64 del 2001 sul servizio civile nazionale), l’organizzazione dei progetti dei Corpi civili di pace, in attesa che sia approvata una legge organica sui corpi civili di pace, proposta depositata circa un mese fa da una trentina di deputati di diverse forze politiche che aderiscono al gruppo dei parlamentari per la pace (testo dell’emendamento e della legge sono scaricabili da www.parlamentariperlapace.it). Va ricordato che l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile ha già sperimentato l’organizzazione di progetti di servizio civile all’estero (che hanno coinvolto molte centinaia di giovani), come già previsto dalla legge n° 64.
In questi anni la Nato e i governi occidentali, dalla guerra in Kosovo in poi, hanno cercato di strumentalizzare l’azione civile e umanitaria come copertura di un interventismo militare belligerante: la componente e la finalità umanitaria propagandata da questi interventi è stata la copertura di guerre che hanno violato il diritto internazionale ed i diritti umani, come in Afghanistan ed in Iraq. Si è anche teorizzato con la Cimic (Civil Military Cooperation) della Nato un rapporto organico tra componente militare e umanitaria nelle nuove guerre.
I Corpi civili di pace sono diametralmente alternativi a questa visione: non rappresentano la componente civile dell’intervento militare, ma sono una soluzione radicalmente opposta alla soluzione armata e violenta dei conflitti. Sono il nucleo di una visione diversa delle relazioni internazionali, fondate sulla prevenzione nonviolenta, il negoziato, la cooperazione tra i popoli, il dialogo, la riconciliazione. È quello che hanno auspicato in questi anni – inascoltate – le Nazioni Unite che hanno avanzato proposte, sperimentato alcune iniziative, elaborato documenti puntuali su come organizzare dei Corpi di pace.
In Europa, dei Corpi (europei) civili di pace si parla da tempo. Un modo per “sbilanciare l’Europa” sarebbe quello di abbandonare ogni idea di “fortezza” e di superpotenza armata, privilegiando le politiche di pace e di cooperazione. De Corpi di pace in Europa a occuparsene per primo fu Alex Langer che – sull’onda della grande mobilitazione pacifista in ex Jugoslavia – riuscì nel 1995 a far approvare dal Parlamento europeo una prima risoluzione, che è stata seguita nel decennio successivo da altri documenti, studi di fattibilità altre risoluzioni. Alex Langer, a proposito dell’intervento nonviolento in ex Jugoslavia, parlò di «pacifismo concreto». I Corpi civili di pace in Italia sono un esempio di come quel pacifismo concreto è diventato legge e politica dello stato.

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