Cultura

Corea del Sud, una new wave accelerata dopo il trauma

Corea del Sud, una new wave accelerata dopo il traumaDalla serie tv «Squid game»

Scaffale «Da gambero a balena» di Ramon Pacheco Pardo (per add edizioni). L’emergere di una nuova identità non più basata solo sul minjok, l’unicità del gruppo etnico

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 1 marzo 2024

Alcuni paesi asiatici sembrano assomigliarci un po’ più di altri, o meglio: pensiamo che alcuni paesi siano tutto sommato molto simili a noi, perché finiamo per consumarne parte dell’industria culturale.
Nel caso della Corea del Sud, ad esempio, il successo di alcune serie tv (Squid game), film (Parasite) o musica (tutto il K-pop) ci ha proiettato entusiasti verso un paese di cui in realtà conosciamo poco. Di cui non immaginiamo la turbolenta, caotica e drammatica storia degli ultimi settant’anni – per limitarci a un arco temporale più vicino a noi – che ha portato il paese ad affrontare drammi politici, sociali ed economici che solitamente impiegano secoli per accadere.
La Corea del Sud è un paese che dopo la seconda guerra mondiale è stata una feroce dittatura, è diventata una democrazia, giovane, vitale, funzionante, e si è infine «realizzata» a livello internazionale per la sua capacità di esportare modelli culturali di cui fino a poco tempo fa non avevamo mai sentito parlare.

QUESTA TENSIONE RAPIDA e affilata verso il cambiamento è raccontata in modo semplice e lineare da Ramon Pacheco Pardo in Da gambero a balena. Corea del Sud, dalla guerra dimenticata al K-pop (add editore, pp. 304, euro 20). Pardo oggi è professore di Relazioni internazionali al King’s College di Londra, ricercatore al Center for Strategic and International Studies di Washington e al Sejong Institute di Seongnam. Gran parte della sua attività accademica è dedicata alle due Coree; siede nel comitato di redazione delle maggiori riviste internazionali sull’Asia orientale («East Asia», «EU-China Observer» e «Global Studies Journal»). Ma quello che emerge in questo libro è l’amore di Pardo per un paese nel quale è arrivato come studente, finendo per trascorrervi gran parte della propria vita e trasformarlo per di più nel suo oggetto di studio.

L’AUTORE PARTE dal periodo pre seconda guerra mondiale, dando un rapido accenno alle origini più lontane della società coreana, caratterizzata dalla tensione tra confucianesimo, buddismo e barlumi di cristianesimo fin dai primi tempi della dinastia Joseon (a fine del 1300). Poi si accelera e il volume così come la storia coreana assumono i contorni di un viaggio nella storia alla velocità della luce: dalla colonizzazione giapponese si arriva al trauma letale e feroce della divisione in due della penisola coreana sancita dalla «guerra dimenticata» (1951 -1953). Una rottura che di fatto determina il futuro del paese: a Nord la dittatura comunista dei Kim, a Sud una specie di protettorato americano, il che spiega anche come ancora oggi i sentimenti dei coreani del sud nei confronti degli Stati Uniti sia piuttosto scettico.

LA DIVISIONE in due determina la postura interna della classe politica di allora, sulla spinta di una generazione di dittatori che con la durezza dei militari e della polizia tengono ancora in vita il desiderio di una riunificazione, che via via svanisce. Con la conquista della democrazia, recente, tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90, e l’emergere di un «nazionalismo civico» come lo definisce Pardo, emerge anche una nuova identità coreana non più basata solo sull’unicità etnica dei coreani.
Fino ad allora, infatti, l’identità si basava sul minjok, un concetto in uso già a partire dal 1900 circa. «Secondo il minjok, quella coreana era un’identità distinta, e distinti dagli altri gruppi etnici e dalle altre nazioni erano i suoi abitanti, una stirpe con un passato comune che risaliva a Dangun, nel 2333 a.C.35. In breve, il minjok presentava i coreani come unici».
L’avvento della democrazia (conquistata dalla popolazione e solo parzialmente concessa da ex dittatori tramutatisi in pseudo-ferventi democratici) proietta l’identità coreana in un nuovo mondo che definisce le caratteristiche contemporanee della Corea del Sud e non più della Corea in generale (a ribadire una distanza, una diversità con i coreani che vivono al Nord). Il frutto di tragedie, dilemmi, conquiste e vitalità hanno infine dato vita a quell’industria culturale capace di imporsi anche alle nostre latitudini, di cui apprezziamo originalità e vicinanza a noi, ma di cui sappiamo poco dell’origine. Pardo ci riporta proprio lì, all’essenza tragica della nuova korean wave.

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