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Corea del Nord, il partito sancisce il «progresso parallelo»

Corea del Nord, il partito sancisce il «progresso parallelo»

Potere Un evento atteso da 36 anni. Kim jong-un sistema gli uomini di provata fedeltà ai vertici del Comitato centrale

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 6 maggio 2016

La Corea del Nord è il paese sul quale si cimenta con maggior successo «la narrazione degli eccessi» del mainstream, un marchio quasi scontato quando si parla d’Asia e in particolare di Pyongyang. Insieme a notizie quasi mai verificate, si accendono poi i riflettori mediatici su un paese di cui si sa poco e del quale, quando ci si riesce a entrare, si ripetono più o meno gli stessi articoli di sempre.

Giornalisti «scortati», tra strade che vedono i primi timidi tentativi di mercato, i controlli, «i visi dei nord coreani», eccetera. Eppure la Corea del Nord gioca ormai un ruolo importante negli equilibri asiatici e il suo comportamento internazionale deve essere valutato alla stessa stregua di quello di altri paesi. Non è casuale o «irrazionale» l’utilizzo da parte della leadership nordcoreana di gesti apparentemente eclatanti, che non sono altro se non il riverbero di obiettivi interni decisamente rilevanti. Su questa traccia si muove l’opera del professor Antonio Fiori, Il nido del falco, nel quale vengono esaminate le decisioni e le scelte politiche della leadership, alla luce della volontà di preservare il potere, il controllo sullo stato, preoccupandosi meno dello status generale, specie quello economico, della popolazione.

Ecco dunque che le scelte – ad esempio degli ultimi due leader – trovano una loro «razionalità» che porta il paese ad ottenere quasi sempre quanto è caro alla propria guida politica. Mantenere salde le redini del potere, piazzare le proprie persone e gestire la ricchezza che questo potere garantisce, costituisce così la lucida strategia dei Kim, con echi neanche troppo nascosti a quanto fatto dal «Presidente eterno», colui che cominciò la saga dell’unica dinastia comunista al potere. Questo Congresso che inizia oggi a Pyongyang, a distanza di 36 anni dall’ultimo, costituisce un ennesimo spunto di Kim Jong-un per puntellare il proprio potere interno. Dapprima ha occupato posizioni rilevanti – soprattutto nei ranghi militari – poi via via ha scalato le posizioni politiche.

Dopo la morte del padre ha occupato tutto, cominciando un giro di vite forsennato nel mondo dell’esercito, piazzando suoi uomini e facendo pulizia di tutti quelli fedeli al padre. Ora tocca alla politica, anche perché da un punto di vista militare Kim sembra aver raggiunto il suo obiettivo. Durante il Congresso potrebbe dichiarare la Corea del Nord «potenza nucleare», un risultato non solo propagandistico, perché sicuramente Kim saprà ottenere il massimo, dal suo punto di vista, rispetto all’area di riferimento.

La Cina scalpita, non vuole problemi e non vuole che l’atteggiamento di Pyongyang consenta agli Usa una scusa per militarizzare l’area. Al contempo però Kim ha dimostrato di saper spingere e fermarsi sempre al momento giusto. Ora gli tocca la fase più difficile: dedicarsi alla seconda parte del pyongjin, ovvero quei progetti economici che dovrebbero, nelle intenzioni di Kim, migliorare la vita dei cittadini nord coreani.

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