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Corsi di capitalismo a Pyongyang

Corsi di capitalismo a PyongyangKim Jong-un visita il mausoleo dedicato al nonno Kim Il-sung e al padre Kim Jong-il, foto non datata – Kcna

Corea del Nord In Corea del Nord ci sono corsi per tentare di collegare il paese al resto del mondo. Il capitalismo può anche questo?

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 14 ottobre 2013

I manager e i funzionari nordcoreani ricevono lezioni di capitalismo, titolava a inizio settembre l’agenzia sudcoreana Yonhap. In realtà si trattava di ambiti diversi: dalla responsabilità sociale d’impresa, al ruolo dell’imprenditoria femminile, all’etica degli affari.

A mettere in piedi le lezioni è l’organizzazione non governativa Choson Exchange. L’idea alla base del progetto è vedere la Corea del Nord integrata con il resto del mondo. Una posizione che si discosta dall’immagine di stato paria, membro permanente dell’asse del male evocato dalla presidenza statunitense di George W. Bush nei primi anni Duemila e da contenere per le minacce nucleari e di guerra reiterate contro Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud.

Dalla fondazione nel 2008, i corsi organizzati da Choson Exchange (http://www.chosonexchange.org) a Nord del 38esimo parallelo sono diventati più frequenti e hanno aggiunto la possibilità per i nordcoreani stessi di andare a seguire le lezioni di amministrazione e management a Singapore, dove il progetto è nato.

Come spiegato dagli organizzatori a Radio Free Asia, i partecipanti si sono dimostrati interessati al modo in cui si fanno gli affari in occidente. L’obiettivo è favorire lo sviluppo economico del Paese nel lungo termine, ponendo l’accento su temi quali l’importanza della sicurezza sui luoghi di lavoro e le normative.

Come scritto dall’analista russo Andrei Lankov su Asia Times, il modo migliore affinché la Corea del Nord cambi è che aumentino i contatti con l’estero, in modo da poter capire come funzionano le cose fuori dal Paese. Un privilegio di cui può godere una cerchia, più o meno ristretta, legata al vertice politico e militare. Ma, spiegava mesi fa Andray Abrahamian, dell’ufficio pechinese di Choson Exchange, è quella la fascia della popolazione che interessa al governo di Pyongyang.

Concetti ripetuti al Christian Science Monitor da Andrew Natsios del Comitato per i diritti umani in Corea del Nord, secondo cui «più i funzionari hanno contatti con il mondo esterno, più capiranno le differenze tra ciò che gli è stato raccontato in patria e la realtà del mondo». Lancia tuttavia un avvertimento: occorre fare attenzione a non incappare nelle sanzioni internazionali imposte in risposta ai test nucleari e balistici di Pyongyang e occorre tenere a mente che i gruppi con cui si hanno gli scambi sono legati al vertice e potrebbero avere secondi fini.

Il rischio di collasso della Corea del Nord così come la si conosce è spesso evocato. Un recente rapporto del think tank statunitense Rand Corporation traccia alcuni scenari del ipotetico crollo che comprendono una crisi umanitaria, una guerra civile, un conflitto con la Cina. In alternativa si possono preparare le persone che potrebbero condurre un processo di riforma, se mai ci sarà.

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