Contro l’uso propagandistico della Storia, un orizzonte militante che va oltre il mito
Scaffale «L’antifascismo e il suo contrario» di Luca Sasarotti. Il volume pubblicato da Alegre sarà presentato alle 18 all’eXSnia di Roma nell’ambito di Logos, Festa della parola
Scaffale «L’antifascismo e il suo contrario» di Luca Sasarotti. Il volume pubblicato da Alegre sarà presentato alle 18 all’eXSnia di Roma nell’ambito di Logos, Festa della parola
Sottrarre l’antifascismo al proprio «mito» per renderne attuale tutta la carica innovativa, i presupposti di sogno e di liberazione, forse più che gli stessi esiti storici. E, al contempo, smontare le narrazioni «anti-resistenziali» che hanno dominato l’orizzonte politico-culturale del nostro Paese perlomeno dalla metà degli anni Novanta. Sembrano queste alcune delle molte sfide con cui intende misurarsi il suggestivo volume firmato da Luca Casarotti, giurista, attivo nel gruppo di lavoro sul revisionismo storiografico Nicoletta Bourbaki, nella redazione di Jacobin Italia e, come sottolinea lui stesso, «tessera Anpi in tasca», pubblicato da Alegre: L’antifascismo e il suo contrario (pp. 144, euro 14).
Il libro è prima di tutto una sorta di diario politico e intellettuale di quanti, come l’autore, nati dopo la metà degli anni Ottanta, hanno fatto i conti in qualche modo da sempre con la «crisi dell’antifascismo».
IN TALE PROSPETTIVA, la rivendicata dimensione «militante» del testo, si incarica prima di tutto di affrontare il tema dell’uso propagandistico della Storia che è stato messo in atto soprattutto per negare nel presente cittadinanza ad ogni istanza di trasformazione e di liberazione. Come suggerisce l’autore, dell’antifascismo e della Resistenza si è parlato negli ultimi anni principalmente in termini denigratori e, in ogni caso, di rado veritieri, lungo l’asse che conduce al perseguimento di due scopi e attraverso due dimensioni. Delle due dimensioni, «l’una orientata alla storia, cioè all’interpretazione della guerra partigiana, l’altra al presente, cioè alla memoria di quella guerra e al modo di essere attuale dell’antifascismo». Quanto agli scopi, l’uno ha a che fare con la legittimazione politica degli sconfitti nella guerra di Liberazione, il fascismo e i suoi molti eredi, l’altro con «la delegittimazione della protesta», vale a dire la critica della contestazione allo stato delle cose, «quando succede che essa rivada al repertorio dell’antifascismo e si proponga di ravvivarlo».
COME È NOTO, intorno a questi temi si è sviluppato nel nostro Paese un ampio dibattito, spesso strettamente correlato alle svolte politiche di segno regressivo. Luca Casarotti ne dà conto attraverso i testi e le parole che ne hanno segnato le tappe. Come il celebre La morte della patria di Ernesto Galli della Loggia, uscito nel 1996 per Laterza e destinato ad incarnare anche in seguito «l’insieme degli argomenti ricorrenti, elaborata sul tema dalla storiografia nazionalista e non antifascista». Su tutti, l’idea cara al filone «anti-antifascista» che dalla guerra civile che fu parte della vicenda resistenziale non si sarebbe potuto edificare una nuova «patria» unitaria.
Per l’autore di L’antifascismo e il suo contrario non si tratta solo di operare un attento, e prezioso, fact-checking culturale di tali tesi, quanto piuttosto di ragionare su come scartare da questo dibattito, per molti versi imposto, e ridare energia alle idee che di quelle vicende furono il primo nutrimento. «La Resistenza – suggerisce infatti Casarotti – è insieme storia e mito, questo è innegabile. È eufemisticamente dubbio se sia ancora mito fondativo della Repubblica, intesa come costituzione materiale. Restituire alla Resistenza la sua materialità storica, insieme di nessi causali e dunque processo pluridecennale che eccede i venti mesi del canone, è il modo di sottrarla agli usi propagandistici che di volta in volta se ne vogliono fare».
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