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Contro la guerra, per la società della cura

Contro la guerra, per la società della curaMarcia PerugiAssisi del 2020 – LaPresse

Marcia PerugiAssisi I prossimi 10 anni saranno decisivi per fermare il cambiamento climatico e per realizzare l’Agenda 2030. In questo decennio dovremo impegnarci per ridurre le ingiustizie e le disuguaglianze

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 10 ottobre 2021

Oggi migliaia di persone, insieme a Cecilia Strada, Mimmo Lucano e Zakia Seddiki, tornano a marciare per la pace da Perugia ad Assisi. Sarà la prima volta dopo che la pandemia ci ha costretto a chiuderci in casa, a stare fermi e distanziati. Come a Milano contro i bla-bla-bla di tanti governi sul clima, ci saranno tanti giovani anche se il Covid ha costretto molti di loro a restare a casa. Altra prova che le disgrazie aumentano le disuguaglianze e tra i più colpiti ci sono i giovani.

Questa marcia, come tutte le altre che abbiamo fatto negli ultimi dieci anni, è innanzitutto la loro. A che serve marciare per la pace il giorno dopo che gli americani si sono ritirati dall’Afghanistan? Normalmente le manifestazioni per la pace si fanno quando gli americani accendono i motori dei loro cacciabombardieri e il loro rombo diventa particolarmente assordante. Fare una marcia della pace quando, al contrario, smettono di bombardare e si ritirano nelle caserme non è tanto normale. Il fatto è che di normale, nel tempo che stiamo vivendo, c’è ben poco. Non è normale che dopo venti anni di stragi e devastazioni in Afghanistan si torni a casa senza alcuna seria considerazione per le donne e gli uomini che abbiamo promesso di aiutare.

Non è normale che l’Europa chiuda le porte alle decine di migliaia di afghani che cercano disperatamente di fuggire dall’inferno che abbiamo lasciato. Non è normale che si tenti di rimuovere questo disastroso fallimento dall’attenzione dell’opinione pubblica. Non è normale che i potenti fari mediatici continuino a oscurare le decine di altre orribili guerre che continuano in tante parti del mondo a fare strage di vite umane. Spesso le abbiamo definite «guerre dimenticate». D’ora in avanti le dovremo chiamare «guerre da dimenticare» perché il loro oscuramento non avviene per caso.

Non è normale che ci siano 82 milioni di persone in fuga, che in Europa si siano già costruiti 16 nuovi muri contro di loro, che anche quest’anno nel mondo si siano spesi duemila miliardi di dollari in armi e che ogni anno lasciamo morire 9 milioni di persone per fame. Non è normale che non ci siano abbastanza soldi per la salute e si continuino ad aumentare le nostre spese militari e che i nostri generali vogliano comprare i missili nucleari Cruise che 40 anni fa sono stati eliminati dall’Europa.

Non è normale che ogni giorno, nelle nostre case, si uccidano delle donne e nei luoghi di lavoro si continui a morire di sfruttamento, competizione e incuria. Non è normale che bombe d’acqua, uragani e incendi continuino a trovarci impreparati.

Tutto questo non è normale e non è pace, anche se nessuno ci costringe a fare quello che vuole puntandoci un fucile alla testa e andiamo a dormire senza aver

la paura di essere sgozzati nel buio da qualche invasato jihadista come succede in sempre più numerosi villaggi dell’Africa.
Per questo, siamo andati a Barbiana, abbiamo staccato il cartello «I Care» che don Milani aveva appeso alla porta della sua scuola e abbiamo organizzato una nuova Marcia PerugiAssisi con l’ambizione di inaugurare un nuovo cantiere di futuro all’insegna della «cura». Cura è il nuovo nome della pace.

I prossimi 10 anni saranno decisivi per fermare il cambiamento climatico e per realizzare l’Agenda 2030. In questo decennio dovremo impegnarci per ridurre le ingiustizie e le disuguaglianze; uscire dalla crisi sociale ed economica; promuovere l’uguaglianza e la parità tra donne e uomini; effettuare la transizione ecologica; democratizzare la rivoluzione digitale; affrontare e prevenire nuove grandi migrazioni; scongiurare nuove pandemie; mettere fine alle guerre, realizzare il disarmo, impedire una nuova guerra mondiale e risanare tante altre ferite aperte…

Per affrontare questi grandi-problemi-comuni-glocali, dobbiamo «sviluppare una mentalità e una cultura del prendersi cura capace di sconfiggere l’indifferenza, lo scarto e la rivalità che purtroppo prevalgono» (papa Francesco).

Questo vuol dire cura delle giovani generazioni, cura della scuola e dell’educazione, cura degli altri, cura del pianeta, cura del bene comune e dei beni comuni, cura della comunità e della città, cura dei diritti delle donne, cura dei diritti umani, cura della democrazia, della Repubblica e delle istituzioni democratiche dal quartiere all’Onu… In altre parole, abbiamo bisogno di costruire non solo una cultura della cura, ma una società, una politica e un’economia della cura.

Facciamolo con lo spirito giusto. Diciamo ai giovani e ai nostri figli, insieme con Ariane Mnouchkine, che «siamo all’inizio di una nuova storia e non alla sua disincantata fine». Diciamolo chiaro e forte, perché alcuni di loro hanno udito il contrario e ormai disperano. Diciamo loro che «non saranno muti ingranaggi ma, al contrario, inevitabili autori». Buon cammino a tutte e tutti.

*Coordinatore della Marcia PerugiAssisi

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