Cultura

Contro la geopolitica, capire un mondo disordinario

Contro la geopolitica, capire un mondo disordinario«Tommy», un monumento dedicato ai caduti della Grande guerra dall’artista britannico Ray Lonsdale

Scaffale Il saggio «A che punto è la notte» di Davide Isidoro Mortellaro, pubblicato da la meridiana. Non casualmente il sottotitolo del volume è «La vita e i tempi di Terzo Millennio» visto che il testo affronta guerra, povertà e autoritarismo alla luce di una filosofia della prassi gramsciana

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 18 gennaio 2023

A poche settimane dall’uscita de La pace è finita di Lucio Caracciolo (Feltrinelli) giunge in libreria il volume di Davide Isidoro Mortellaro, A che punto è la notte (La Meridiana, pp. 358, euro 28). Niente di programmato, naturalmente. Eppure a leggerli insieme netta è la benefica sensazione che il secondo costituisca un controcanto del primo. All’apologia della geopolitica e della geoeconomia, degli imperi senza aggettivi e della potenza fine a sé stessa, Mortellaro preferisce un’altra lettura. La seguente: esistono, continuano ad esistere, non solo le classi dirigenti – i poteri costituiti – ma anche i governati, i poteri costituenti protagonisti del secolo breve. Questi ultimi usciti malconci dalla rivoluzione neoconservatrice degli scorsi decenni. Sconfitti, non vinti direbbe Pietro Ingrao.

IL MONDO ODIERNO è un mondo, fluido, caotico, disordinario. E Mortellaro individua nell’ascesa della politica geoeconomica una delle forze che stanno minando alle radici politica e democrazia, quei poteri che in Occidente avevano ricondotto a ragione la pasoliniana modernizzazione neocapitalista, civilizzandola. Da tempo, viceversa, «il mondo ci ha afferrato alla gola, avvinti in un nodo mortale: l’umanità e il mondo venuti alle mani, l’uno stretto al collo dell’altro. L’agire sociale ne è terremotato. Un tempo attivava solidarietà. Ora stringe nel vincolo della paura chi vede scossa la propria sfera vitale. Corriamo senza meta, né requie o respiro. Entrati nel XXI secolo dalla “porta di fuoco” dell’11 settembre ora siamo all’aggressione in Ucraina e alla minaccia di Putin di sfoderare l’atomica». Sempre più manipolati «da una società incivile», da «combinazioni di pubblico e privato» che consegnano «uno straordinario potere di condizionamento della vita civile e politica» a opache oligarchie, «talvolta mafie e poteri criminali capaci di espandersi ben al di là degli originari distretti in forza dei nuovi meccanismi di governance».

NON CASUALMENTE il sottotitolo del volume è «La vita e i tempi di Terzo Millennio». Una vita il cui tratto dominante è una figura antica. La guerra, in primis la guerra civile. Una «guerra molecolare» che non è però, alla Caracciolo, inintelligibile. Bisogna guardare – è questo il filo conduttore del discorso – le nuove linee di faglia che terremotano il mondo. Il servo non ha più una chiara visione del padrone. Sono avanzate sulla scena borghesie indigene, potenze regionali. Il Pacifico è ridiventato centro del mondo con le sue nuove Vie della Seta. Il globalismo neoliberale rimescola arretratezza e sviluppo, Nord e Sud, riunificandoli nel «tempo unico» del mercato globale, delle sue incivili costrizioni: nelle metropoli come nei paesi sottosviluppati sono sempre più numerosi coloro che vengono espulsi definitivamente dal circuito economico «perché non vale più la pena sfruttarli».

È QUI CHE SI DETERMINANO le nuove fazioni nella polis globale. Attorno alla lotta per il riconoscimento di chi è bollato come superfluo. Rivolte da globalizzazione, dice Mortellaro. E oggi la pandemia e la guerra senza fine (la guerra ucraina ne è il simbolo) hanno smascherato ciò che era latente: gli antagonismi fondamentali, le rotture sotterranee, l’autoinganno sulla propria identità, sui propri valori e interessi, le diseguaglianze di potere, la vulnerabilità dell’ordine internazionale e di quello domestico. A partire da quello sempre più evidente, e foriero di inediti rischi, del «gigante a stelle e strisce».

Un pensiero, quello di Mortellaro, pervaso da pessimismo (dell’intelligenza) e ottimismo (della volontà). Fermiamoci un istante, dice a un certo punto, per «ascoltare le scosse che cogliamo nel sottosuolo. Segnalano che lì premono forze che vogliono provare a indirizzare il mondo altrove dalla corsa rovinosa intrapresa da tempo. È il caso di interrogarle. Di porsi in ascolto, attenti e partecipi».

UN’ANTROPOLOGIA e una filosofia che esortano la politica, la democrazia, i poteri costituenti popolari iscritti nel Dna della nostra Carta fondamentale, a riprendersi il posto d’onore che loro spettano. Un auspicio che esige una «committenza», una platea, la cui assenza ha indotto l’autore a rinviare a lungo la pubblicazione del suo lavoro. Preoccupazione legittima, ma non giustificata da una dote che lo anima interamente e internamente. La consapevolezza che la mobilitazione ed emancipazione dei governati (parole oggi dimenticate e vilipese) presuppone che tutti, a destra e a sinistra, ci assumiamo nuovamente il coraggio di una lettura del mondo e dell’orizzonte di una sua messa in forma. Per quanto disordinario esso oggi ci appaia. Perché ove la politica, la democrazia, la Costituzione latitano, sono la geopolitica e la geoeconomia a farla da padroni.

Antonio Cantaro, costituzionalista dirige il “laboratorio politico” fuoricollana.it

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