A poche settimane dall’uscita de La pace è finita di Lucio Caracciolo (Feltrinelli) giunge in libreria il volume di Davide Isidoro Mortellaro, A che punto è la notte (La Meridiana, pp. 358, euro 28). Niente di programmato, naturalmente. Eppure a leggerli insieme netta è la benefica sensazione che il secondo costituisca un controcanto del primo. All’apologia della geopolitica e della geoeconomia, degli imperi senza aggettivi e della potenza fine a sé stessa, Mortellaro preferisce un’altra lettura. La seguente: esistono, continuano ad esistere, non solo le classi dirigenti – i poteri costituiti – ma anche i governati, i poteri costituenti protagonisti del secolo breve. Questi ultimi usciti malconci dalla rivoluzione neoconservatrice degli scorsi decenni. Sconfitti, non vinti direbbe Pietro Ingrao.

IL MONDO ODIERNO è un mondo, fluido, caotico, disordinario. E Mortellaro individua nell’ascesa della politica geoeconomica una delle forze che stanno minando alle radici politica e democrazia, quei poteri che in Occidente avevano ricondotto a ragione la pasoliniana modernizzazione neocapitalista, civilizzandola. Da tempo, viceversa, «il mondo ci ha afferrato alla gola, avvinti in un nodo mortale: l’umanità e il mondo venuti alle mani, l’uno stretto al collo dell’altro. L’agire sociale ne è terremotato. Un tempo attivava solidarietà. Ora stringe nel vincolo della paura chi vede scossa la propria sfera vitale. Corriamo senza meta, né requie o respiro. Entrati nel XXI secolo dalla “porta di fuoco” dell’11 settembre ora siamo all’aggressione in Ucraina e alla minaccia di Putin di sfoderare l’atomica». Sempre più manipolati «da una società incivile», da «combinazioni di pubblico e privato» che consegnano «uno straordinario potere di condizionamento della vita civile e politica» a opache oligarchie, «talvolta mafie e poteri criminali capaci di espandersi ben al di là degli originari distretti in forza dei nuovi meccanismi di governance».

NON CASUALMENTE il sottotitolo del volume è «La vita e i tempi di Terzo Millennio». Una vita il cui tratto dominante è una figura antica. La guerra, in primis la guerra civile. Una «guerra molecolare» che non è però, alla Caracciolo, inintelligibile. Bisogna guardare – è questo il filo conduttore del discorso – le nuove linee di faglia che terremotano il mondo. Il servo non ha più una chiara visione del padrone. Sono avanzate sulla scena borghesie indigene, potenze regionali. Il Pacifico è ridiventato centro del mondo con le sue nuove Vie della Seta. Il globalismo neoliberale rimescola arretratezza e sviluppo, Nord e Sud, riunificandoli nel «tempo unico» del mercato globale, delle sue incivili costrizioni: nelle metropoli come nei paesi sottosviluppati sono sempre più numerosi coloro che vengono espulsi definitivamente dal circuito economico «perché non vale più la pena sfruttarli».

È QUI CHE SI DETERMINANO le nuove fazioni nella polis globale. Attorno alla lotta per il riconoscimento di chi è bollato come superfluo. Rivolte da globalizzazione, dice Mortellaro. E oggi la pandemia e la guerra senza fine (la guerra ucraina ne è il simbolo) hanno smascherato ciò che era latente: gli antagonismi fondamentali, le rotture sotterranee, l’autoinganno sulla propria identità, sui propri valori e interessi, le diseguaglianze di potere, la vulnerabilità dell’ordine internazionale e di quello domestico. A partire da quello sempre più evidente, e foriero di inediti rischi, del «gigante a stelle e strisce».

Un pensiero, quello di Mortellaro, pervaso da pessimismo (dell’intelligenza) e ottimismo (della volontà). Fermiamoci un istante, dice a un certo punto, per «ascoltare le scosse che cogliamo nel sottosuolo. Segnalano che lì premono forze che vogliono provare a indirizzare il mondo altrove dalla corsa rovinosa intrapresa da tempo. È il caso di interrogarle. Di porsi in ascolto, attenti e partecipi».

UN’ANTROPOLOGIA e una filosofia che esortano la politica, la democrazia, i poteri costituenti popolari iscritti nel Dna della nostra Carta fondamentale, a riprendersi il posto d’onore che loro spettano. Un auspicio che esige una «committenza», una platea, la cui assenza ha indotto l’autore a rinviare a lungo la pubblicazione del suo lavoro. Preoccupazione legittima, ma non giustificata da una dote che lo anima interamente e internamente. La consapevolezza che la mobilitazione ed emancipazione dei governati (parole oggi dimenticate e vilipese) presuppone che tutti, a destra e a sinistra, ci assumiamo nuovamente il coraggio di una lettura del mondo e dell’orizzonte di una sua messa in forma. Per quanto disordinario esso oggi ci appaia. Perché ove la politica, la democrazia, la Costituzione latitano, sono la geopolitica e la geoeconomia a farla da padroni.

Antonio Cantaro, costituzionalista dirige il “laboratorio politico” fuoricollana.it