«Contro Ahed Tamimi mai un processo equo»
Cisgiordania occupata L'avvocato Gabi Lasky spiega i motivi che hanno spinto la ragazza palestinese, incarcerata per aver schiaffeggiato due soldati, ad andare al patteggiamento con la procura militare israeliana e ad accettare una condanna ad otto mesi
Cisgiordania occupata L'avvocato Gabi Lasky spiega i motivi che hanno spinto la ragazza palestinese, incarcerata per aver schiaffeggiato due soldati, ad andare al patteggiamento con la procura militare israeliana e ad accettare una condanna ad otto mesi
«Un processo equo per Ahed Tamimi non è mai stato possibile. La ragazza rischiava una condanna a diversi anni di carcere e il patteggiamento era l’unico modo per evitarla». L’avvocato Gabi Lasky spiega le ragioni che l’hanno spinta a consigliare ad Ahed Tamini di proclamarsi colpevole in modo da arrivare a un accordo – otto mesi di carcere – con la procura militare israeliana che aveva presentato ben 12 capi d’accusa contro l’adolescente palestinese arrestata lo scorso dicembre per aver schiaffeggiato due soldati israeliani. Con lei erano finite in prigione la madre Nariman, ”colpevole” di aver filmato e postato in rete l’accaduto, e la cugina Nour, accusata di aver partecipato a quella che il procuratore dell’esercito descrive come una “aggressione aggravata”. La svolta, aggiunge l’avvocato, è stata la decisione presa qualche giorno fa dai giudici di confermare il processo a porte chiuse. «Abbiamo capito che l’intero sistema militare ormai era mobilitato contro Ahed. D’altronde se si fosse trattato di un procedimento giusto la ragazza sarebbe stata rilasciata subito e non tenuta in carcere», aggiunge Lasky.
La procura militare ha cancellato otto dei 12 capi d’accusa e in estate Ahed dovrebbe tornare a casa. La parola finale però spetta ai giudici che potrebbero non accettare il patteggiamento, strada scelta anche da Nariman e Nour Tamimi. L’opinione pubblica israeliana, in gran parte, ha invocato una «condanna esemplare» per la ragazza palestinese responsabile agli occhi di molti di aver «umiliato», con due schiaffi, le forze armate israeliane. I comandi dell’Esercito invece vogliono chiudere la vicenda che ha suscitato sdegno e attenzione in tutto il mondo sulla condizione dei circa 300 minori palestinesi nelle carceri israeliane. Quasi due milioni di persone hanno firmato l’appello di Avaaz per la liberazione immediata di Ahed Tamini e in diversi Paesi si sono formati comitati di solidarietà. I centri internazionali per i diritti umani puntano il dito contro Israele e condannano la detenzione della giovane palestinese. «Le autorità israeliane hanno confermato ancora una volta di non avere alcun riguardo per i diritti dei minorenni palestinesi e alcuna intenzione di rivedere le loro politiche discriminatorie. Nulla di ciò che Ahed ha fatto avrebbe dovuto essere sanzionato col carcere», commentava ieri Magdalena Mughrabi, vice direttore di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
Tra i palestinesi qualcuno ha accolto con amarezza la decisione di Ahed Tamimi di dichiararsi colpevole e di patteggiare la pena con l’occupazione israeliana. Ma in generale, sui social, molti altri hanno accettato questa soluzione con la consapevolezza che l’alternativa sarebbe stata la condanna quasi certa ad anni di carcere della ragazza adolescente. Tutti comunque attaccano la «doppia giustizia» applicata da Israele. Appena qualche giorno fa, i giudici israeliani hanno ridotto a nove mesi la pena detentiva, già scesa da 18 a 14 mesi, per il soldato Elor Azaria responsabile nel 2016 a Hebron dell’uccisione a sangue freddo di un assalitore palestinese che giaceva a terra ferito e non in grado di nuocere.
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