Grazie alla lotta e agli scioperi, i 250 mila lavoratori del settore legno-arredo strappano un rinnovo contrattuale che copre interamente l’aumento dell’inflazione: 143,08 euro dal 1° luglio 2023 e l’erogazione di 600 euro una tantum (300 a luglio e 300 a marzo 2024). Una firma che brucia soprattutto a Carlo Bonomi di Confindustria.

Nella notte di martedì FenealUil, Filca Cisl, Fillea Cgil hanno sottoscritto l’ipotesi di accordo con Federlegnoarredo del contratto scaduto il 31 dicembre scorso e che avrà validità fino a fine 2025. La peculiarità dell’accordo viene sottolineata dalla stessa organizzazione di Confindustria: «Data la situazione economica, causata dall’incremento fuori controllo dei costi dei beni di prima necessità e delle materie prime che stanno colpendo pesantemente sia i redditi dei lavoratori che i bilanci delle aziende, le parti hanno concordato di mettere mano solo e unicamente agli istituti di natura strettamente economica». Niente parte «normativa». Ecco dunque che Federlegno ha accettato un aumento salariale sostanzioso e due una tantum cospicue che coprono interamente l’inflazione, nonostante nelle tre pagine di accordo si faccia esplicito riferimento all’«accordo interconfederale del 2018», il cosiddetto «Patto della fabbrica». Proprio il contrario di quanto sta dicendo Bonomi: «Servono regole nuove per i rinnovi, l’inflazione può ridursi fortemente nel secondo semestre con il calo del costo dell’energia».

Molto soddisfatti i sindacati per «il pieno recupero dell’inflazione 2022 (Ipca non depurata dei costi energetici, invece “pesati”, ndr) – sottolineao FenealUil, Filca Cisl, Fillea Cgil – . Gli altri aumenti salariali sono previsti a gennaio 2024 e gennaio 2025, calcolati utilizzando l’indice sempre l’Ipca non depurato. L’intesa conferma quindi il modello della doppia pista con il riconoscimento, oltre che del totale recupero dei salari sull’inflazione reale, della produttività di settore», altro totem del patto del 2018. «L’ipotesi di accordo – proseguono i confederali – è stata raggiunta grazie alla straordinaria mobilitazione (blocco degli straordinari, blocco delle flessibilità, sciopero nazionale del 21 aprile) che ha fatto cambiare opinione alla delegazione di Federlegno, registrando una grandissima partecipazione in tutta Italia».

Ancora più trionfante il segretario generale della Fillea Cgil Alessandro Genovesi: «Grande vittoria dei lavoratori e del comune senso di responsabilità. È stato confermato il modello “a doppia pista” che ottenemmo nel 2016 e confermammo nel 2020. Previsti aumenti a parametro 140 (operaio di 5°) di 143 euro pari al 7,3% sui minimi, da subito, e 600 euro di una tantum, 300 adesso e 300 nel 2024 per andare oltre l’inflazione del 2023. Garantendo così, con i secondi 300 euro, il principio anche della “produttività di settore”. In un momento di alta inflazione risultati così importanti non erano scontati. Infatti – prosegue Genovesi – viene anche confermata la verifica ex post a gennaio 2024 per aumenti ulteriori a seguito di verifica inflazione con Ipca non depurato calcolato su valore punto (cioè paga base, contingenza, ex edr e 3 scatti di anzianità). E a gennaio 2025 verifica identica per l’inflazione 2024. La riuscita dello sciopero e la forza delle nostre ragioni hanno fatto maturare una posizione più responsabile di FederLegno. Grazie alle lavoratrici e ai lavoratori per il loro coraggio, forza e unità. Perché quando vincono i lavoratori, per quanto ci riguarda, vince sempre la Fillea Cgil. E ora – conclude Genovesi – dobbiamo fare migliaia di assemblee per far votare l’accordo e fare altri iscritti alla Cgil».

In buona parte degli ultimi rinnovi contrattuali firmati – chimico-farmaceutico con 203 euro a giugno 2022 a e gomma-plastica con 167 euro a gennaio – più gli effetti del rinnovo dei metalmeccanici con lo scatto salariale parametrato all’inflazione di 123 euro a giugno, i sindacati confederali hanno dimostrato di riuscire a tutelare le buste paga dall’inflazione, smentendo oltre a Bonomi anche il governatore di Bankitalia Visco che ha sempre parlato del rischio di «spirale salari-inflazione». Sono però tantissimi i contratti non rinnovati e ancor di più i lavoratori precari non tutelati dai contratti.