Scrisse una volta Carlo Dionisotti che c’è un prima e un dopo Gianfranco Contini. A trentatre anni dalla scomparsa del grande filologo, mancato nella sua Domodossola il 1° febbraio del ’90 (quel giorno «il manifesto» titolò non per caso Il re Mida della critica l’eccezionale necrologio di Franco Fortini), l’impressione è, se non quella di un oscuramento, quella della parcellizzazione di un lascito, che va dalla più stretta ecdotica (un Contini appena ventisettenne editò le Rime dantesche per Einaudi) alla critica militante (non meno precoci, gli Esercizi di lettura sopra autori contemporanei che raccolse in volume nello stesso anno), dallo...