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Conte sotto tiro, caos sulle riaperture. Ma il Pd lo blinda

Conte sotto tiro, caos sulle riaperture. Ma il Pd lo blindaIl premier Giuseppe Conte – LaPresse

Affari nostri Sul premier il fuoco incrociato delle categorie, la Lega «presidia» l’aula. Anche Renzi attacca. Piccoli esercizi, il sussidio è 800 euro. L’8 maggio saranno chiari i termini reali del Mes e le condizioni deducibili dal Patto di stabilità

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 30 aprile 2020

L’incanto si è rotto. Osannato sino a domenica sera, il premier si trova ora al centro di un fuoco incrociato che lo bersaglia da ogni parte. Attaccato dai commercianti, dagli industriali e da tutte quelle fasce di popolazione rimaste senza protezione, ma anche dalle forze politiche sia di maggioranza che di opposizione che cavalcano quella diffusa scontentezza, con obiettivi diversi. PER RENZI E SALVINI, che ha deciso il «presidio» dell’aula «finché non ci saranno risposte per i cittadini e le imprese», si tratta di disarcionare il premier. Per il Pd, invece, si tratta ‘solo’ di ridimensionarlo drasticamente. FdI, peraltro, ha colto l’occasione per smarcarsi ancora una volta dalla Lega, criticando di brutto la semi-occupazione della camere. Oggi al Senato, durante la sua informativa sull’emergenza Covid, Conte proverà a rispondere alle accuse e a rilanciare. Qualcosa concederà ma soprattutto rivendicherà i suoi meriti e difenderà, nella sostanza, il suo peraltro confuso disegno della Fase 2.

L’ARTIGLIERIA CHE SCUOTE maggiormente il governo è quella dei commercianti e degli industriali. La protesta contro le riaperture rinviate, in particolare quelle rimandate al primo giugno, è corale e pubblica. Martedì sera in moltissimi hanno riacceso e subito spento le insegne dei loro negozi e consegnato le chiavi dei loro esercizi: simbologia esplicita e funerea. «Chi rispetta le norme riapra», tuona Salvini. Ma Marcucci, Pd, non è da meno: «Dal 18 maggio le riaperture di bar, ristoranti, ecc. devono essere differenziate regione per regione». Qui Conte ha già ceduto, senza peraltro risolvere il problema. Perché la «differenziazione» indicata taglia fuori le regioni del nord ma soprattutto perché il problema principale è l’assenza di liquidità.

NEL DECRETO APRILE che prima o poi vedrà la luce (ma a maggio) ci sarà uno stanziamento di 8 miliardi erogati direttamente ai piccoli e ai piccolissimi. Non basteranno per salvare decine di migliaia di esercizi destinati alla chiusura e per milioni di piccolissimi esercizi non arriveranno neppure quelli. Dovranno accontentarsi dei 600 euro di sussidio, portati a 800. Le imprese più grandi in teoria sarebbero già state messe al sicuro dal dl Liquidità, ma la pratica è un’altra cosa e con le banche di mezzo nella stragrande maggioranza dei casi non è arrivato niente.

CONTE È SOTTO TIRO anche per l’abuso dei dpcm, strumento di fatto nelle mani del solo presidente del consiglio. Non richiede il consenso neppure del governo, figurarsi del parlamento. Anche in questo caso il coro ostile è unanime. Renzi era stato il primo e più fragoroso. Ma il Pd è in realtà dello stesso avviso: «È ora di tornare alla centralità del parlamento», scandiscono i capigruppo Marcucci e Delrio. A Montecitorio il Pd Ceccanti è passato dalle parole ai fatti: un emendamento che impegna il governo a consultare le Camere prima dei dpcm. Il governo ha chiesto di ritirarlo. Ceccanti si dice disponibile, «purché si trovi una soluzione». Si può star certi che la questione terrà banco oggi al Senato, dove interverrà anche Renzi. La disputa sul diritto costituzionale nasconderà una posta più terragna: il potere di Conte e la decisione dei partiti anche di maggioranza di limitarlo.

Senza dimenticare, naturalmente, i «congiunti» perché anche su questo piano sia l’opposizione che mezza maggioranza sono decise a dare battaglia oggi. «Nelle faq il governo deve riconoscere le relazioni affettive», insiste la senatrice Pd Cirinnà, spalleggiata dal capogruppo, alludendo alla bizzarra sede deputata dal governo a chiarire chi si possa incontrare già dal 4 maggio.

Arrivano insomma al pettine, tutti insieme, i nodi intrecciati nelle settimane terribili della crisi acuta. Anche quello da cui più di ogni altro dipenderà la solidità di Conte: quello europeo. Neppure da lì arrivano buone notizie. I tempi del Recovery Fund saranno probabilmente molto più lunghi di quanto non sia di vitale importanza per l’Italia. Partirà a gennaio, se tutto va bene. L’8 maggio, infine, sarà chiaro quali sono i termini reali del Mes, e bisognerà tenere conto anche delle condizioni non immediatamente vincolate al Mes ma deducibili dai termini del Patto di stabilità. Accerchiato da Renzi e Salvini, bersagliato da un Pd in cui anche Franceschini avrebbe deciso di allentare l’appoggio sin qui garantito al premier, Conte ha dalla sua il M5S. Sempre che l’asse regga allo stress Mes.

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