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Conte sfida il governo «incapace». Ma incalza i dem su armi e migranti

Conte sfida il governo «incapace». Ma incalza i dem su armi e migrantiGiuseppe Conte – LaPresse

Politica Il leader parla ai suoi per il quattordicesimo compleanno del M5S. Ed è tentato di tornare ai temi «né di destra né di sinistra»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 5 ottobre 2023

Giuseppe Conte chiama a raccolta in streaming i suoi per festeggiare il quattordicesimo compleanno del Movimento 5 Stelle: è l’occasione per fare il punto della fase politica e tracciare un profilo del suo nuovo corso cercando anche un riferimento alle origini.

Per prima cosa punta il dito contro l’inesperienza di Meloni e del suo governo, rivendicando i trascorsi da presidente del consiglio.«Hanno presentato una Nadef senza visione e senza coraggio, non hanno nessuna idea su come far crescere il paese», dice il leader del M5S rivendicando gli investimenti in sanità, scuola e ricerca del suo secondo governo e bacchettando la premier sull’accordo con la Tunisia per bloccare i migranti. Operazione non ostacola in via di principio, a differenza di Elly Schlein. L’unico problema, sostiene, è che doveva essere condotta «sottobanco» per non creare imbarazzi al dittatore Saied.

L’avvocato sabato non sarà alla manifestazione nazionale di Roma della Cgil e delle associazioni (dove il M5S manderà una delegazione), ma evita di pronunciarsi sulle ultime polemiche con il Partito democratico. Unico passaggio, quello sulla guerra in Ucraina. «Mentre negli Stati uniti il congresso discute dell’invio di armi da noi non è possibile portare il tema in parlamento, il dibattito è oscurato». Poi la stilettata a Debora Serracchiani: «Mi cataloga tra i filo-russi solo per il fatto di aver preso atto che man mano che ci si avvicina alle elezioni i governi si disimpegnano per abbandonare l’Ucraina al suo destino, senza una soluzione diplomatica: è successo in Polonia e succederà negli Stati uniti». Anche il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli, che pure viene considerato tutt’altro che ostile all’intesa coi dem, interviene sulla questione. «Conte si limita a prendere atto della crescente stanchezza dell’Occidente per questo conflitto – sostiene Patuanelli – Auspica che finisca il prima possibile per via negoziale, evitando di ripetere l’errore afgano dove, invece di ottenere qualcosa con le trattative, si è scelto di portare avanti per vent’anni una guerra inutile per poi abbandonare il paese al nemico. Serracchiani spieghi piuttosto agli italiani se il Pd su guerra e armi continua a essere più vicino a Meloni e al centrodestra invece che a chi, come il M5S, chiede la pace».

Siamo alla contesa per l’egemonia dell’opposizione. Conte sa che rischia di ritrovarsi all’angolo, a giocare in un fazzoletto di terra. Il crinale è stretto: deve puntare all’accordo con il Pd per non ritrovarsi ostaggio dei nostalgici del primo M5S «né di destra né di sinistra», Raggi e Di Battista in testa. Ha provato a cercare un tratto caratterizzante sulla guerra in Ucraina, ma anche su quel terreno rischia di subire il pungolo della lista di Santoro e ha registrato la freddezza dei Verdi europei, la famiglia Ue alla quale vorrebbe approdare per dare più solidità al suo M5S «progressista» (vietato dire «di sinistra», al quartier generale di via Campo Marzio). Parlando delle trasformazioni organizzative che aveva promesso ammette che sono state più impegnative di quanto pensasse. È vero che il consiglio nazionale si è riunito poche volte, spiega, ma non si tratta di un organismo pensato per la gestione quotidiana della linea politica: deve piuttosto definire il quadro strategico generale. Rivendica la nascita di «200 gruppi territoriali» la cui attività verrà finanziata anche investendo una parte del milione e quattrocentomila euro che ha raccolto aderendo al finanziamento pubblico del 2 per mille. Un pezzo di M5S che gli è rimasto fedele chiede di trovare un modo per allentare il tetto dei due mandati. Conte prende come spunto retoriche le critiche dell’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo. Sottolinea come quest’ultimo parli alle soglie della fine del secondo mandato. Ma sarà il benvenuto, assicura, se vorrà continuare a prestare l’esperienza acquisita. La scommessa, anche qui, è che tutti gli eletti destinati a farsi da parte vogliano restare a dare una mano. Da semplici attivisti o poco più.

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