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Conte non si rassegna al ter. Caccia al voto sulla giustizia

Conte non si rassegna al ter. Caccia al voto sulla giustizia

Sabbie mobili Dal dem Orlando appello a Bonafede perché renda più garantista la sua relazione

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 24 gennaio 2021

Il ministro D’Incà si attacca al telefono: «Come vanno i numeri?». Dalla trincea del Senato non sanno più cosa rispondergli: la facoltà di moltiplicare i voti ancora non è data. Il segnale del caos totale è confermato dal tentativo di rinviare il voto sulla relazione sulla giustizia del ministro Bonafede a palazzo Madama di 24 ore, da mercoledì a giovedì. Non cambierebbe niente e c’è anzi il caso che la richiesta di inutile rinvio, accampando impegni del guardasigilli, finisca in figuraccia. Deve decidere la conferenza dei capigruppo, convocata per martedì: che passi lo slittamento del voto è ben poco probabile.

IL VICESEGRETARIO DEL PD Andrea Orlando invoca una «iniziativa politica del governo e di Bonafede che dia il segnale di un fatto nuovo senza il quale andiamo a sbattere». Sibillino, come d’abitudine nel gergo del Pd. Di certo non intende le dimissioni del ministro, altrimenti verrebbe giù tutto. La richiesta è di arrivare in aula con un discorso garantista e con concessioni tali da rendere difficile la bocciatura. In parte si tratta del passaggio sulla durata dei processi reclamato dalla senatrice Sandra Lonardo Mastella, con garanzia personale di Giuseppe Conte, e quello dovrebbe esserci di certo. Non basterà se non alla stessa Lonardo che però è già in maggioranza. Il vero nodo è la prescrizione, e su quella le cose sono molto più delicate perché è un cavallo di battaglia dei 5 Stelle. Sacrificarlo non sarà facile.

SULLA CARTA LA PARTITA è già chiusa. Trattandosi di giustizia, persino Paola Binetti, che nell’Udc è la più favorevole al passaggio in maggioranza, ribadisce che il voto sarà contrario anche se aggiunge che «la storia si riscriverà da mercoledì, dopo quel voto». La maggioranza in realtà spera. Un po’ contando sulle assenze strategiche di senatori forzisti spaventati dal rischio di precipitare verso le elezioni anticipate. Un po’ puntando su una nuova astensione dei renziani.

Non è impossibile. Italia viva non ha ancora deciso. Renzi mira a riaprire i giochi per tornare da vincitore in maggioranza e al governo: salvare Conte la settimana prossima potrebbe essere un modo per ricucire la ferita delle dimissioni delle ministre di Iv. Ma Renzi dovrebbe avere garanzie solide in questo senso e anche sul prosieguo, altrimenti stavolta Iv non sceglierà l’astensione.

DA PALAZZO CHIGI continuano da due giorni a partire indiscrezioni su un possibile Conte ter cotto e mangiato prima del voto del Senato. Nella politica italiana tutto è possibile ma qui sembra di varcare i confini del delirio. Mettere in piedi un nuovo governo in due giorni, con una nuova maggioranza che non c’è e dovendo trattare ministeri e sottosegretariati è roba da trattamento sanitario obbligatorio. Probabilmente la voce viene diffusa con l’obiettivo di allettare i senatori considerati incerti e conquistabili: intanto salvate il governo, poi arriverà il Conte ter.

IN REALTÀ ANCORA IERI il premier era deciso a tenersi strettissima la poltrona di palazzo Chigi e non intendeva affatto rassegnare le dimissioni. Né nei prossimi due giorni né subito dopo il voto sulla giustizia, comunque vada a finire.

Neppure l’ipotesi largamente accreditata, di caduta del governo in caso di sconfitta è per il momento fondata. Il ministro Bonafede dovrebbe certo dimettersi ma Conte non sarebbe affatto tenuto a imitarlo e quasi certamente non lo imiterebbe. Resterebbe al suo posto, cercando di allargare la maggioranza nelle settimane successive e tentando di coinvolgere Forza Italia in un’area limitrofa al governo in cambio della promessa di legge elettorale proporzionale. Con o preferibilmente senza dimissioni e Conte ter. Ma la situazione sarebbe quella di chi si asserraglia nel bunker con l’armata rossa già a Berlino. Di fatto inizierebbero subito le grandi manovre per il dopo Conte.

IL PD (CON DISTINZIONI interne) insiste nel non indicare altre soluzioni che le elezioni anticipate. I vertici dei 5 Stelle, anche se molto meno la truppa parlamentare, concordano. Conte ha tutto l’interesse nel votare subito e così Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Berlusconi, allettato dalla promessa del Quirinale fattagli dagli alleati, si è avvicinato a quella posizione. In una nota diffusa ieri ripete che «serve un governo forte, non un Conte bis riveduto o il Conte ter», si affida alla «saggezza del capo dello Stato», rilancia il governo di unità nazionale ma aggiunge che «una paralisi di due mesi per le elezioni è meglio che una di due anni». Eppure le controindicazioni che sconsigliano le elezioni sono talmente tante e talmente gravi che lo sbocco elettorale resta invece poco probabile.

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