«Conte non è legittimato a decidere, nei 5 Stelle coazione a forzare le regole»
Intervista all’avvocato Lorenzo Borrè, che ha patrocinato il ricorso contro lo statuto del Movimento 5 Stelle
Intervista all’avvocato Lorenzo Borrè, che ha patrocinato il ricorso contro lo statuto del Movimento 5 Stelle
C’è un altro avvocato, oltre a Giuseppe Conte, nella storia del Movimento 5 Stelle. Si chiama Lorenzo Borrè e ha patrocinato le cause degli attivisti nel corso degli anni. Vincendo quasi sempre. Si muove nel labirinto di regole e statuti che si sono succeduti nella ultradecennale vicenda del M5S.
Come spiegherebbe la decisione del tribunale a un iscritto o a un elettore del M5S?
Gli direi che la lezione impartita dal tribunale di Napoli ripete quanto già insegnato da altri tribunali nelle pregresse vicende giudiziarie sulle impugnazioni degli statuti. È paradossale che un movimento che si ispira ai principi di legalità e democrazia sia incappato ancora nella violazione del proprio ordinamento e del principio di partecipazione.
In cosa consiste la violazione di cui parla, in questo caso?
È sostanziata dall’esclusione di oltre un terzo degli iscritti dalla partecipazione ai processi decisionali. Si tratta di ottantamila persone, un numero addirittura maggiora di quelli che hanno votato a favore delle modifiche e della nomina del presidente Conte. È stata quindi la riaffermazione dei principi ordinari contro il nuovo corso.
Avvocato, ci sta dicendo che bisogna tornare a Rousseau contro la quale ha pure condotto azioni legali?
Che la votazione sul nuovo statuto dovesse avvenire necessariamente su Rousseau lo aveva già detto Beppe Grillo il 29 giugno 2021. Né possono evocarsi obiezioni giuridiche per lo svolgimento delle votazioni sulla piattaforma, contrariamente a quanto sarebbe possibile fare laddove le votazioni si svolgessero altrove. Tra i motivi di impugnazione c’è anche la lacuna decisionale, un vero e proprio deficit di comunicazione, sul fatto che se abbiano spostato la piattaforma da un indirizzo web a un altro. Una cosa del genere deve farla qualcuno che sia legittimato a farlo. E Conte a oggi non può decidere nulla
Lei ha patrocinato il ricorso di tre iscritti, portavoce di una causa collettiva. Quanti hanno sostenuto la vertenza?
Circa 400 persone hanno contribuito alle spese legali tutti iscritti. A parole, non con la sottoscrizione, sono stati molto di più.
Crede che sia la fine del M5S?
Potrebbe essere la palingenesi. Potrebbe essere la fine di una certa deriva iniziata dal dicembre del 2014 quando venne rottamato il primo M5S. Allora accadde che di fronte della giuridica certezza dell’illegittimità dei mutamenti delle regole, si decise di azzerare tutto. Vede, hanno una sorte di coazione a sbagliare o a forzare i processi normativi.
Una volta Roberta Lombardi disse che il M5S era troppo avanti per essere ingabbiato in formalismi giuridici.
Ma se vai troppo avanti rischi anche di anche precipitare.
Come mai Conte, un avvocato come lei, ha sottovalutato il vostro ricorso?
È normale che ci siano differenze tra colleghi, altrimenti non ci sarebbero le cause.
Dal M5S dicono che tra venti giorni tutto sarà chiarito.
Non capisco in base a cosa possano farlo. Non capisco il peso dato alla pretesa competenza territoriale di Napoli: è una questione che non ha alcun peso in fase cautelare, come ci rivela la giurisprudenza degli ultimi tempi. La declinazione della competenza territoriale non entra nel merito né fa venire meno l’efficacia della sospensione. Fermo restando che una pronuncia del genere non arriverà prima di quattro mesi.
Aveva contestato anche l’introduzione dell’arbitrato interno nello statuto di Conte.
L’introduzione di questo istituto per impugnare provvedimenti come le espulsioni introduce un concetto di giustizia di classe: gli eventuali sanzionati dovrebbero affrontare le cospicue spese di una procedura arbitrale, spese superiori alle capacità di un cittadino di reddito medio, anziché le molto più contenute spese di un normale procedimento giudiziario.
Adesso sono inefficaci anche le espulsioni?
Da agosto non hanno espulso più nessuno. Segno che sapevano di essere a bagnomaria.
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