Conte nella gabbia del “contratto”
Governo Le consultazioni del presidente del Consiglio incaricato si svolgono con il programma scritto da Di Maio e Salvini sul tavolo. Tanto ingombrante da essere confuso, nelle dichiarazioni finali, per l'intero governo. Ma "l'avvocato del popolo" riceve già qualche promessa di aiuto in parlamento
Governo Le consultazioni del presidente del Consiglio incaricato si svolgono con il programma scritto da Di Maio e Salvini sul tavolo. Tanto ingombrante da essere confuso, nelle dichiarazioni finali, per l'intero governo. Ma "l'avvocato del popolo" riceve già qualche promessa di aiuto in parlamento
Il «contratto», oltre che sempre in mente – come dimostrato dal lapsus davanti ai giornalisti in cui lo ha confuso con il governo – Giuseppe Conte lo ha tenuto sul tavolo per tutta la giornata di ieri, ricevendo alla camera i rappresentanti dei partiti. Per lunghi tratti quasi senza parlare, ma solo prendendo appunti in silenzio, malgrado avesse con lui nella sala della Regina due collaboratori a fare lo stesso lavoro.
Una sfilata di leader politici e capigruppo parlamentari lunga un giorno, conclusa in serata con un incontro tra il simbolico e il programmatico con una delegazione di risparmiatori vittima del fallimento delle banche, ai quali il presidente del Consiglio incaricato ha promesso un impegnativo «risarcimento». Incontri inutili dal punto di vista della formazione del governo – alla quale hanno lavorato altrove Salvini e Di Maio -, anche se Conte ha detto il contrario. Più utile dal punto di vista del destino parlamentare del probabile prossimo esecutivo, che se tutto va come leghisti e grillini immaginano dovrebbe giurare domani e presentarsi alle camere per chiedere la fiducia martedì.
Il governo gialloverde partito con appena sette senatori di margine (109 grillini e 58 leghisti) sulla maggioranza assoluta – fissata a palazzo Madama a quota 160 voti -, può già contare su quattro voti in più. Sono quelli di due senatori eletti con i 5 Stelle non ammessi nel gruppo per questioni di rimborsi – Buccarella e Martelli – e dei due senatori esteri eletti in Argentina, Cairo e Merlo, il primo neofita il secondo alla quarta legislatura e già sostenitore del governo Renzi. E non è finita, perché anche i senatori della Svp e dell’Union valdotaine si sono detti più che disponibili: Conte li ha salutati in tedesco, evidentemente mettendo a frutto quel mese di studio in Austria che esibisce nel curriculum. I voti di sicurezza rispetto alla maggioranza assoluta oscillano così al senato tra gli undici e i quattordici, ma siamo solo all’inizio.
Alla camera non c’è mai stato un problema di numeri, se 5 Stelle e Lega hanno già un margine ampio (345 deputati con la maggioranza assoluta fissata a 315) con i nuovi arrivi possono arrivare a 355 voti. Che torneranno utili, perché se è vero che la fiducia e la normale navigazione in parlamento non richiedono mai o quasi mai la maggioranza assoluta per andare avanti, questa è invece richiesta dalle procedure rafforzate che sono state introdotte nel 2012 con il vincolo di bilancio in Costituzione. Tutte le volte che il governo vorrà ricorrere all’indebitamento – come Salvini e Di Maio hanno annunciato – motivandolo con il verificarsi di eventi eccezionali, dovrà poter contare sulle maggioranze assolute di camera e senato. L’alternativa al deficit dichiarato è quella di provvedimenti di spesa per i quali la copertura non è indicata chiaramente, ma proprio ieri il giudice costituzionale Prosperetti ha voluto mettere sull’avviso il governo: «Se il finanziamento non è indicato in maniera specifica la Corte deve cassare le leggi».
Problemi che potrebbero porsi per alcuni dei provvedimenti contenuti nel «contratto», assai più dell’ostacolo dei numeri in parlamento. Anche perché su singoli provvedimenti Conte potrebbe allargare la maggioranza. Giorgia Meloni ha detto che Fratelli d’Italia è pronta a votare la flat tax, oltre che ovviamente tutte le leggi securitarie e anti immigrazione. Questioni, quelle dell’immigrazione, che invece Conte, un po’ più sciolto nei colloqui del pomeriggio, avrebbe invece assicurato alla delegazione di Leu di voler affrontare con prudenza «nella cornice europea». Di certo all’uscita dal colloquio l’ex presidente del senato Grasso ha detto di aver apprezzato «il modo di trattare i temi in un alveo costituzionale, da giurista, tenendo contro dei trattati internazionali». Ma Leu ovviamente sarà all’opposizione. Così come il Pd, la cui delegazione Conte ha accolto con un accenno di rammarico – «i contenuti sarebbero stati diversi con voi…», ha detto indicando il «contratto» sul tavolo. Nessun dubbio sulla collocazione parlamentare dei democratici: opposizione. Con una varietà di sfumature, «dura» per Orfini, «determinata, seria, responsabile e di merito» per Martina. Oggi Conte incontrerà il governatore di Bankitalia Visco e poi, ha detto, dedicherà il resto della giornata alla formazione del «contratto», pardon del governo
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