Conte evita la mina Mes e incalza: subito il Recovery
Unione europea Il premier chiede che il Fondo non sia tagliato in cambio degli "sconti" sul bilancio per i nordici
Unione europea Il premier chiede che il Fondo non sia tagliato in cambio degli "sconti" sul bilancio per i nordici
Come da copione, l’ostacolo Mes viene superato, sia alla Camera che al Senato, grazie alla decisione di quasi tutta la maggioranza di non decidere. Il dibattito sulle comunicazioni del premier in vista del Consiglio europeo c’è e ha i suoi immancabili momenti di tensione. C’è anche la votazione finale, con tanto di risoluzione sul Mes bocciata a larghissima maggioranza sia a Montecitorio che a palazzo Madama. Ma è, se non proprio una messa in scena, un rituale stanco.
La maggioranza è divisa sul Mes e in realtà, stando ai toni, anche sul rapporto con l’Europa, con un M5S ben più bellicoso dei soci di maggioranza. Sul prestito poi la distanza è squadernata. Iv vota la mozione Bonino che chiede di accedere subito al prestito. Il Pd no, perché il Mes va preso ma non ora. «Non abbiamo cambiato idea», chiarisce il capo dei senatori Marcucci. Però se ne parlerà a tempo debito. Neppure i 5S hanno mutato parere. «Si vedrà alla fine», concedono ma dal capogruppo a palazzo Madama Perilli in giù non nascondono la loro granitica opinione. Quella linea di credito non serve e non va attivata. Se proprio servono soldi per la spesa corrente, essendo quello il cuore del problema, si proceda con la vendita dei titoli sul mercato. Sennò la sospensione dei parametri di Maastricht cosa ci sta a fare? Scontro rinviato.
SI DIVIDE ANCHE l’opposizione, ma con formula più soft. Lega e FdI bersagliano il Mes, Giorgia Meloni è tribunizia: «Si tratta di un atto di sottomissione alla Germania». Fi la pensa all’opposto ma preferisce sottrarsi al voto per non incrinare l’unità della destra. Berlusconi però chiarisce: «Chi rifiuta il Mes vuol far fallire l’Ue e l’euro». La pantomima parlamentare in fondo serve anche, se non soprattutto, a questo: a delineare possibili schieramenti per quando, varata la nuova legge elettorale (sempre che ci si riesca) l’intero quadro politico verrà terremotato. Una forza centrista è già prefigurata grazie alla santificazione collettiva dell’un tempo reprobo Silvio. Si tratta solo di provare a darle forma: ci sanno tempo e modi per farlo.
MA NON È SOLO questione di Mes. La comunicazione di Conte è stringata, ridotta all’osso, chiara su alcuni punti, reticente su altri. L’obiettivo conclamato è doppio. In primo luogo confermare il Recovery Fund di 750 miliardi, 500 come stanziamento e 250 come prestito, proposto dalla Commissione ma anche dal presidente del Consiglio europeo Michel: «Un compromesso al ribasso sarebbe inaccettabile». Altrettanto importante la tempistica: «Riteniamo cruciale che la proposta sia adottata entro luglio». Il premier mette sul tavolo senza giri di parole la contropartita. Ci sono nella Ue Paesi che godono di «privilegi anacronistici», come i ’rebates’, gli sconti a favore della Germania e dei Paesi nordici: «La nostra disponibilità a mantenere i rebates è condizionata all’apertura da parte dei Paesi che se ne avvalgono a un rapido accordo sul Next Generation Eu». Rebates in cambio della rinuncia a ridimensionare il Recovery.
SONO DUE FRONTI sui quali Conte ha carte forti da giocare, in particolare l’intesa di fondo con Angela Merkel. Soprattutto sui tempi, la cancelliera è decisa a chiudere subito quanto il collega italiano. Tanto che ieri a Bruxelles circolava addirittura l’ipotesi, improbabile, di uno spacchettamento del vertice: subito l’intesa sul Recovery, poi, a distanza di pochi giorni, nuovo vertice straordinario sulla questione del bilancio europeo. Data la relazione strettissima fra i due tavoli la separazione delle trattative sembra piuttosto fantasiosa ma rende l’idea di quanto sia martellante la pressione tedesca per arrivare subito all’intesa.
SUL CAPITOLO CONDIZIONI invece Conte glissa, i parlamentari appaiono distratti, la mozione leghista che chiede di rifiutare condizioni tali da incidere sulle scelte economiche viene bocciata sbrigativamente. Perché su quel fronte, che passa per l’assegnazione al Consiglio invece che alla Commissione dei controlli sulle proposte di spesa del Recovery da parte dei singoli Paesi, la partita italiana è già quasi persa e non si tratta di un particolare.
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