Come se il Papeete non fosse mai esistito e i rapporti tra i due non si fossero mai raffreddati, Giuseppe Conte ieri ha incontrato Matteo Salvini in un clima che viene descritto come «cordiale» e «aperto alla collaborazione».

Il vertice tra gli ex alleati di governo rivela uno dei paradossi in cui si è infilata la partita del Quirinale: al momento, il capo politico del Movimento 5 Stelle auspica che il presidente della Repubblica sia un esponente del centrodestra, persino una figura con trascorsi berlusconiani purché con il blasone di un passato istituzionale. Questa soluzione, per Conte, è preferibile alla strada che conduce all’elezione di Mario Draghi, che pure è il presidente del consiglio cui Beppe Grillo in persona riconobbe la patente di «grillino».

All’ultima assemblea congiunta, in effetti, il leader 5 Stelle ha ricevuto il mandato a trovare un nome e a trattare con le destre, pur di scongiurare l’ascesa al Colle di Silvio Berlusconi e mettere a repentaglio la prosecuzione della legislatura spostando Draghi da Palazzo Chigi. A queste esigenze, se n’è aggiunta un’altra tutta interna agli equilibri del M5S: la candidatura di Draghi avanzata da Enrico Letta è sostenuta anche da Luigi Di Maio, molto interessato al patto di fine legislatura che partorirebbe un nuovo governo nel quale gli sarebbe stato già assicurato un posto al sole.

Dunque, Conte si precipita da Salvini anche per provare a depotenziare la diplomazia parallela del suo predecessore ai vertici dei 5 Stelle. Se la scelta al contrario cadesse su Draghi, ipotesi che pare rafforzarsi, Di Maio avrebbe apparecchiato e imposto un menu prestampato all’ex presidente del consiglio, il quale si vedrebbe di fatto detronizzato alla prima prova importante da leader. Per questo ha ribadito la necessità di «individuare una figura di prestigio» con l’obiettivo primario di «scongiurare una crisi di governo». «Abbiamo ragionato di schemi politici e della necessità di trovare un presidente super partes – dice Conte ai cronisti prima di andare a riferire ai suoi grandi elettori – Ho rappresentato a Salvini l’esigenza di eleggere un presidente che possa rappresentare tutti».

Tuttavia, l’ipotesi Draghi inizi a essere contemplata anche dai grillini. Come confermano le dichiarazioni che diversi parlamentari di primo piano stanno facendo nelle ultime ore. Tra di essi anche Michele Gubitosa, uno dei vice di Conte, e la sottosegretaria all’istruzione Barbara Floridia. E non bisogna sottovalutare l’intervento di Roberto Fico, che nei giorni scorsi ha prima incontrato il premier e poi partecipato alla «cabina di regia» convocata da Conte. Segno che l’invito di Di Maio a mantenere la centralità politica (cioè a restare dentro gli schemi di maggioranza sia per il Quirinale che nel nuovo esecutivo) non viene percepito come fino a qualche giorno fa come una minaccia alla stabilità. Il che non toglie che Conte si ritroverebbe a subire uno schema pensato da altri e in altre stanze.

Nel frattempo continua lo stillicidio di defezioni. Due giorni fa era stato il turno della senatrice Elvira Evangelista, che ha annunciato di aderire a Italia Viva. Ieri è toccato al deputato sardo Nardo Marino, che si è detto nauseato dall’indagine che coinvolge Beppe Grillo per traffico di influenze illecite con Vincenzo Onorato di Moby, la compagnia di navigazione che gestisce il collegamento dell’isola con il continente, e ha abbandonato le chat. «Adesso sarò più libero di decidere per chi votare per il Quirinale», annuncia Marino. Per il momento siederà al gruppo misto.