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Conte al Colle senza bussola. E sullo scudo non c’è intesa

Conte al Colle senza bussola. E sullo scudo non c’è intesaIl ministro Patuanelli ieri alla camera – foto LaPresse

Tra due fuochi Per il Quirinale e il Pd la tutela legale è prioritaria Il premier vuole aspettare la risposta di Mittal

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 8 novembre 2019

Notte fonda, niente stelle. L’Ilva resta nella tempesta e una bussola per venirne fuori non ce l’ha il governo e non ce l’ha nessuno. Se la trattativa con ArcelorMittal non si riaprirà, dunque se la multinazionale franco-indiana non tornerà indietro sulla richiesta di 5mila esuberi, la più grande acciaieria d’Europa tornerà a essere commissariata dal Mise e a quel punto si cercherà una soluzione, una nuova cordata con tanto di nuova gara, senza escludere neppure la nazionalizzazione. Ma si tratterà di una via comunque molto costosa su tutti i piani, quello economico ma anche quello della sicurezza e della salute.

LO SMARRIMENTO della maggioranza e del governo era evidente, ieri, nella burocratica informativa del ministro per lo Sviluppo Patuanelli alle Camere e nel dibattito, molto sotto tono, che è seguito. Il ministro ha insistito sulla pretestuosità dell’alibi accampato dalla multinazionale. Il problema, ha detto, non è certo lo scudo penale ma il Piano industriale sbagliato. Campeggia del resto il sospetto che Mittal mirasse sin dall’inizio a impedire che Ilva fosse acquisita da altri per poi chiuderla. Su questo, in realtà, sono d’accordo tutti, anche l’opposizione, che però rinfaccia al governo la colpa di aver aperto il varco che i franco-indiani aspettavano con l’emendamento contro la depenalizzazione. E il Pd, sia pure con tutt’altri toni, è dello stesso parere. Del futuro dell’Ilva però non si parla. Non in parlamento, almeno.

Ieri mattina il premier è salito al Colle, per un colloquio tutt’altro che formale con un Mattarella più che preoccupato. Per l’Ilva, una di quelle mine che affonderebbero anche navi ben più corazzate del sistema Italia. Ma anche per le altre crisi aziendali, come Whirlpool e Alitalia. Il messaggio di Mattarella, già anticipato nelle telefonate che avevano preceduto l’incontro, è secco: di chiusura non si discute nemmeno. Sembra una precisazione inutile: di chiusura non parla nessuno. Ma il capo dello Stato sa perfettamente che, dietro la guerriglia sullo scudo penale, c’è la posizione, in realtà tutt’altro che inspiegabile, di chi pensa che la sorte di Taranto non debba per forza dipendere dall’acciaio. Per Mattarella quella strada non è percorribile, e anche sull’eventualità di cedere al ricatto di Mittal, mettendo in cassa integrazione 5mila lavoratori, il presidente concorda con il premier. In una situazione già flagellata dalla disoccupazione sarebbe quanto di meno opportuno. Più precisamente, sarebbe un disastro.

Il secondo paletto fissato dal Colle, anche se ufficialmente non lo si può dire, riguarda lo scudo penale. La scelta di evitare a tutti i costi la chiusura, e dunque di tentare prima di tutto di riaprire entro la fine di novembre la trattativa con i franco-indiani, implica la disponibilità del governo a varare per decreto un provvedimento generale destinato a coprire tutte le aziende impegnate in operazioni di bonifica. Sin qui l’accordo con il premier, il Pd e anche con il grosso dei 5S c’è. «Se Mittal dà un segnale di disponibilità sugli esuberi, lo scudo si fa in cinque minuti», dichiara papale una fonte di governo area Pd. Anche a costo di arrivare allo scontro con quella parte dell’M5S che non vuole neppure sentirne parlare.

IL DISSENSO PERÒ RESTA, all’interno della maggioranza e in realtà anche tra Colle e palazzo Chigi, ed è lo stesso che nella notte di tregenda tra mercoledì e giovedì ha portato il governo a un millimetro dalla crisi. Per Conte il decreto deve essere varato solo dopo aver ricevuto precise assicurazioni da parte dell’azienda sugli esuberi. E’ su questo, sul decreto che il ministro Provenzano aveva già pronto e che è stato bloccato da Conte e Di Maio che il governo ha rischiato di sfasciarsi mercoledì notte. Ufficialmente perché il premier ritiene che non concedere il decreto in bianco aumenti la forza contrattuale del governo. In realtà anche, anzi soprattutto, per evitare un’esplosione del M5S che lo travolgerebbe. Il Pd, Italia Viva e in realtà lo stesso Quirinale sono convinti che lo scudo vada messo in campo in ogni caso. Perché nessun piano B potrà essere esperito senza concedere quella garanzia e perché, secondo questa visione delle cose, gli stessi eventuali commissari avrebbero comunque bisogno di quella copertura. La stessa causa che certamente il governo italiano intenterà contro Mittal, con in ballo una penale stratosferica, potrebbe essere condizionata dall’esistenza o meno del «provvedimento generale».

Su questo punto decisivo lo scontro resta latente e oggi nessuno sa se esploderà o no. Come nessuno sa come il governo proverà a salvare l’Ilva. Ma comunque vada a finire, i rapporti tra Pd e M5S, già deteriorati, sono ormai al minimo storico. Per sentir parlare di crisi a gennaio basta rivolgere la parola a qualsiasi esponente del Pd.

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