Conte adesso deve scegliere se restare all’opposizione
I conti non tornano Il M5S, spiazzato dalle dimissioni di Draghi, valuta le prossime mosse in preda a spinte contrapposte
I conti non tornano Il M5S, spiazzato dalle dimissioni di Draghi, valuta le prossime mosse in preda a spinte contrapposte
Giuseppe Conte ci aveva provato fino all’ultima telefonata con Mario Draghi: voleva schivare le dimissioni del premier e la crisi di governo. Per questo la delegazione al governo del Movimento 5 Stelle nell’esecutivo è rimasta al suo posto e la capogruppo al Senato Mariolina Castellone ha detto, annunciando il non voto alla fiducia, che tuttavia questa scelta non andava letta come una dichiarazione di sfiducia. Non ha funzionato.
IL CRINALE era stretto, anche alla luce di quanto già annunciato Draghi, e il respingimento delle dimissioni del presidente del consiglio da parte di Mattarella dimostra che la posizione ibrida, quando non ambigua, del M5S rischia di riproporsi fin dalle prossime ore. Cosa vogliono fare i 5 Stelle dalla fine di questa legislatura? Vogliono davvero tirarsi fuori dai giochi e collocarsi fuori dalla maggioranza? Oppure hanno provocato una crisi soltanto nella speranza che da questa derivassero assetti migliori e la «svolta» invocata da giorni? Di questo di fatto si discute nel Consiglio nazionale che il leader convoca in serata per progettare le mosse future.
L’IMPRESSIONE è che ancora una volta l’avvocato non abbia una visione strategica e che il M5S abbia compiuto qualche passo ulteriore verso l’pposizione. La settimana scorsa non partecipando al voto finale al Dl Aiuti alla Camera dava l’impressione di volersi scansare solo per questo provvedimento, per poi continuare il confronto dialettico con la maggioranza e il governo. Adesso, complice i giorni che sono passati e hanno esacerbato la situazione e il fatto che tra i senatori pentastellati le posizioni sono più rigide di quelle dei deputati, sembra che l’asticella si sia alzata. Castellone sostiene che «per alcune forze politiche l’unico vero obiettivo in questi diciotto mesi di governo Draghi è stato smantellare ogni nostra misura», riferendosi al Superbonus, al reddito di cittadinanza, al cashback e al logoramento del cosiddetto «decreto dignità». È un registro diverso di quello portato avanti nei giorni scorsi con la lettera dei nove punti e i temi sociali che Draghi aveva definito in larga parte compatibili con l’agenda di governo: non c’erano né il termovalorizzatore né le armi all’Ucraina.
«O SI HANNO risposte vere, strutturali e importanti oppure nessuno può avere i nostri voti – dice adesso Conte – Se prendiamo degli impegni col governo, Parlamento e cittadini e siamo coerenti, chi si può permettere di contestare questa coerenza? Non chiediamo posti, nomine, nulla, ma chiediamo di rispettare un programma definito all’inizio: transizione ecologica e urgenza della questione sociale che è esplosa». Altro indizio: il professore Domenico De Masi che ha fatto cadere il primo birillo che generato la valanga che ha travolto il governo sostiene che il M5S può continuare a esistere soltanto all’opposizione.
TRA LE VOCI in controtendenza, quella della deputata Federica Dieni: «Ora più che mai bisogna stare al governo per incidere». Come lei la penserebbero i ministri Federico D’Incà e Stefano Patuanelli, che hanno esplorato mediazioni fino all’ultimo. E il capo gruppo alla Camera Davide Crippa, che in assemblea congiunta l’altra sera pare abbia insinuatio che se il M5S non ha portato a casa molti risultati è anche per via della qualità del lavoro che fa nelle commissioni. «Io non voglio mandare a casa nessuno – dice il padrino del Superbonus Riccardo Fraccaro (M5s) rivolgendosi all’assemblea dei costruttori edili di Ance – Voglio stare in Parlamento e vorrei che domani ci dicessero: troviamo una soluzione per il Superbonus e sediamoci ad un tavolo tecnico. Vorrei dare la fiducia a Draghi perché vorrebbe dire lavorare insieme a lui per risolvere insieme i problemi di cui stiamo parlando».
IN ULTIMO, il messaggio di Alessandro Di Battista. Colui il quale da un anno e mezzo dichiara che l’uscita del M5S dal governo Draghi e la precondizione per una sua ridiscesa in campo ora manda un messaggio che potrebbe essere riferito anche ai suoi ex colleghi: «Hanno il terrore delle elezioni tutti coloro che, giustamente, provano vergogna alla sola idea di salire su un palco, di parlare in pubblico, di fare una promessa ai cittadini dopo ignobili giravolte, dopo aver mentito al Popolo italiano, dopo aver utilizzato la politica esclusivamente per interesse personale».
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