Contatti Muraro-Buzzi, il Pd: lasci
Mafia Capitale Tre telefonate intercettate nel 2013 finora considerate non penalmente rilevanti. Lei: «Non mi dimetto»
Mafia Capitale Tre telefonate intercettate nel 2013 finora considerate non penalmente rilevanti. Lei: «Non mi dimetto»
Lo stillicidio contro Paola Muraro, assessora ai rifiuti della giunta Raggi al centro di polemiche e veleni, continua. L’ultima bomba riguarda le carte bollenti di Mafia Capitale. Agli atti ci sarebbero le intercettazioni telefoniche che testimoniano i dialoghi di Muraro con Salvatore Buzzi, l’uomo delle cooperative in cella da due anni assieme all’ex Nar Massimo Carminati.
Le telefonate contribuiscono a ricostruire il profilo di Muraro in Ama. Più che una semplice consulente con un ruolo tecnico, come si è descritta, appare come una dirigente in grado di accedere a informazioni rilevanti per le sorti dell’azienda, l’assegnazione degli appalti (in uno di quelli di cui parla con Buzzi ballano 21 milioni di euro) e la gestione di relazioni tutt’altro che scontate. Tanto che il Pd, all’opposizione in Campidoglio, smuove i dirigenti nazionali. Tirando in ballo le relazioni della sindaca Raggi col mondo della destra romana emerse già con la faccenda dello studio Sammarco-Previti. «Ritorna la figura di Panzironi, amministratore delegato di Ama durante la giunta Alemanno, condannato a cinque anni e tre mesi, che vedeva proprio la Raggi lavorare per una delle società di cui era azionista di maggioranza l’assistente di Panzironi, Gloria Rojo», attacca Emanuele Fiano.
I grillini non tradiscono incertezze. Muraro stessa replica: «I giornali stanno basando alcuni articoli sul nulla, per me possono pubblicare anche tutta la telefonata». «Mafia Capitale decine di Pd indagati e arrestati. Nessun cenno alla Muraro. Crediamo alla magistratura, non ai giornali di partito», twittano dall’account del Movimento 5 Stelle. È più o meno lo stesso concetto espresso dal capogruppo pentastellato in Campidoglio, Paolo Ferrara.
Dal M5S, come al solito, si ostenta sicurezza ma sotto il fuoco di fila cominciano ad affiorare i primi tentennamenti. Intanto perché le divisioni all’interno del Movimento esistono ancora. E il silenzio di Roberta Lombardi pesa. Impossibile non notare poi come la vicenda venga considerata tanto grave da fare accantonare il ruolo del «mini-direttorio» romano e far scendere in campo direttamente le alte sfere del direttorio. Alla riunione con alti dirigenti nazionali dell’altro giorno a casa di Alessandro Di Battista, non mancava solo Lombardi. Era assente anche Paola Taverna, compagna di Stefano Vignaroli, il parlamentare pentastellato esperto in rifiuti e discariche che aveva partecipato alla riunione informale con Muraro e il vertice di Colari, l’azienda di smaltimento che fa capo al ras dei rifiuti Manlio Cerroni.
Le telefonate tra Buzzi e Muraro risalgono al 2013. Erano state trascritte solo parzialmente, perché non ritenute di rilievo penale dagli inquirenti. Si era nel mezzo delle trame della prima tornata di Mafia Capitale. Ma adesso il contesto potrebbe cambiare: gli investigatori sono sulle tracce di un’associazione per delinquere che ruota attorno agli impianti utilizzati, a caro prezzo, da Ama e messi sotto la lente dell’Autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone. Tra di essi ci sono i quattro impianti di trattamento meccanico-biologico sui quali doveva vigilare la consulente Muraro. E il tritovagliatore di Rocca Cencia, quello posseduto da Cerroni il cui impiego proprio Muraro, appena nominata assessora, caldeggiava in diretta streaming polemizzando con l’ex presidente di Ama Daniele Fortini.
Per il radicale Riccardo Maggi la nomina di Muraro è comunque «illegittima» in base a uno dei decreti attuativi della legge Severino sulla prevenzione e repressione della corruzione che inibisce incarichi di vertice nella pubblica amministrazione «a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico».
Nella giornata di ieri, intanto, si è appreso che la federazione romana del Pd ha presentato ricorso al Tar per chiedere il riconteggio dei voti alle amministrative. Ma almeno su questo fronte Raggi può stare serena: la richiesta, sottolineano dal Pd, «non cambierebbe l’esito dell’elezione del sindaco ». Se il ricorso venisse accolto il gruppo consiliare piddino verrebbe riconosciuto un seggio in più.
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