La formazione di quella che ancora oggi appare come la cultura giapponese tradizionale, con il suo corollario di immagini stereotipate, le sue architetture, la cerimonia del tè, lo speciale abbigliamento, la cucina, l’arte e la tecnica delle stampe ukiyo-e, si è formata nell’epoca Edo, che va dal 1603 al 1868. È questo il mondo in cui ci trasporta il romanzo del celebre autore di narrativa storica Shiba Ryohtaroh, Brucia, spada! (notevole traduzione di Giuseppe Giordano,  Rizzoli, pp.480, € 15,00).

Al centro, la figura di Hijikata Toshizo, il leggendario comandante in seconda dello Shinsengumi, la milizia creata a Kyoto per proteggere i rappresentanti dello shogunato al tramonto dell’epoca Edo, in un momento di forti tensioni politiche che sarebbero sfociate nella restaurazione del potere imperiale e nella fine del governo dell’aristocrazia militare. Uscito nel 1964, il romanzo e soprattutto il personaggio di Hijikata – il contadino destinato a diventare l’ultimo vero samurai del Giappone –  hanno ispirato una sequenza di opere – film, serie TV, manga, videogame – che hanno contribuito alla costruzione dell’ingombrante icona del samurai senza padrone, incarnazione dell’etica del bushidoh, «la via del guerriero». Amalgama di lealtà, abnegazione e coraggio, il samurai incarna un’attitudine alla resilienza che lo spinge a lottare contro la norma dominante, in nome di un più alto ideale di giustizia. Tra i lavori che sembrano cogliere meglio l’intento di Shiba, l’ultimo film di Nagisa Ohshima, Tabù – Gohatto, del 1999, che illumina le zone d’ombra della celebrata pax Tokugawa, cui seguirono 250 anni di stabilità, sintetizzati da Donald Keene in un titolo della sua monumentale storia della letteratura giapponese: World Within Walls. Era un mondo, quello, circondato dalle alte mura dell’isolamento e del controllo esercitato sul paese dall’aristocrazia militare.

Brucia, spada! racconta lo sgretolamento del sistema, il crollo delle mura, e nella parabola che vede Hijikata trasformarsi da contadino in eroe della spada, rivive la figura popolare e romantica dell’eroe perdente descritto da Ivan Morris nel suo La nobiltà della sconfitta (Guanda, 1983). La Storia decreterà il fallimento di Hijikata, dello Shinsengumi e del movimento che si opponeva alla riapertura del paese e alla restaurazione, ma le pagine di Shiba hanno impresso una profonda impronta nella coscienza storica del Giappone contemporaneo, facendo del suo romanzo una sorta di baluardo romantico, di innegabile impronta populista, contro il revisionismo storico.