Consumo di suolo e agricoltura biologica, le leggi che mancano
Ci sono fatti inspiegabili, che oltre a stupirci, ci devono far riflettere. In questo momento storico, per tutti coloro che hanno a cuore le politiche di conversione ecologica dell’agricoltura nazionale, […]
Ci sono fatti inspiegabili, che oltre a stupirci, ci devono far riflettere. In questo momento storico, per tutti coloro che hanno a cuore le politiche di conversione ecologica dell’agricoltura nazionale, […]
Ci sono fatti inspiegabili, che oltre a stupirci, ci devono far riflettere. In questo momento storico, per tutti coloro che hanno a cuore le politiche di conversione ecologica dell’agricoltura nazionale, le cose che a livello parlamentare più stupiscono e non trovano alcuna spiegazione razionale sono sostanzialmente due.
La prima. Fra poco inizia l’ultimo anno naturale dell’attuale legislatura e ne usciremo, ancora una volta, senza una legge che imponga, in modo inequivocabile e senza l’esercizio delle deroghe, l’arresto del consumo di suolo.
La seconda riguarda, con non poco imbarazzo, la mancata approvazione definitiva della legge sull’agricoltura biologica, dopo che è stata licenziata dal Senato con una maggioranza che ha sfiorato l’unanimità e il passaggio in commissione agricoltura. Manca la votazione alla Camera dei deputati, un ultimo passaggio che, dopo tutto l’iter, richiede poche decine di minuti dell’attenzione di chi ci governa. L’attesa di mesi diventa inspiegabile, anche alla luce di una bozza di Piano Strategico Nazionale che, al contrario, potenzia l’impegno economico a favore del comparto del biologico per i prossimi cinque anni.
Sembra che l’Italia non voglia prendere consapevolezza del proprio ruolo, non voglia dimostrare agli altri paesi europei che sa essere all’avanguardia su temi importanti in un’epoca in cui la transizione ecologica è al centro del confronto politico.
Proprio questo atteggiamento lascia perplessi ma soprattutto preoccupati.
Dunque, suolo e agricoltura biologica, due aspetti strettamente connessi l’uno con l’altro. Coltivare secondo le indicazioni previste nei regolamenti di agricoltura biologica significa fare un passo significativo contro il consumo di suolo. Perché – va detto sempre con molta chiarezza – il consumo di suolo non deriva solo dalla cementificazione che dilaga nelle aree urbane e periurbane del nostro paese, ma trova larga diffusione nelle migliaia di ettari di agricoltura industriale. Si pensi solo all’uso sconsiderato della chimica di sintesi, all’incomprensibile sversamento di fanghi da depurazione con il loro carico di idrocarburi e metalli pesanti facendoli passare per fertilizzanti. Si sta distruggendo la biodiversità del suolo che costituisce la base della fertilità.
È quindi chiarissimo il legame con l’agricoltura biologica, un modello di agricoltura che si basa sui principi dell’agroecologia e che mette al centro il rispetto per l’ecosistema. Un modello che ha convinto i nostri agricoltori che con crescente impegno hanno coinvolto oltre 16% della superficie agricola garantendo all’Italia una posizione di leadership su scala europea. Un modello che produce un’esportazione di quasi tre miliardi di euro e un mercato interno di oltre quattro.
Il primo giorno di quest’anno, poche settimane fa, è entrato in vigore il nuovo regolamento europeo sull’agricoltura biologica; un regolamento che, tra le altre cose, innova e snellisce alcune procedure legate all’accesso al sistema di certificazione con la finalità di avvicinare ancor di più i piccoli produttori. Si rafforza il legame tra sistema produttivo biologico e la nostra infinita agrobiodiversità e sempre con maggiore evidenza si consolida il ruolo che l’agricoltura biologica gioca nel favorire la conversione ecologica dell’agricoltura e la conservazione dei suoli e della loro fertilità. Ma in Italia rimaniamo fermi, non approviamo la nostra legge nazionale e permettiamo che qualcuno metta in discussione un modello agricolo che già coinvolge oltre 16,5 milioni di ettari di agricoltura europea. In una fase storica in cui i consumatori stanno comprendendo che consumare prodotti biologici significa fare del bene al nostro ambiente, al nostro suolo, al nostro futuro. Oltre che alla nostra salute
Abbiamo, dunque, la sensazione di essere di fronte ad una forma di insipienza legislativa nel nostro paese e dovremo capire se riusciremo a spiegarlo ai nostri concittadini europei. Dove guarda, dunque, il nostro paese quando parla di transizione ecologica? Solo a parchi fotovoltaici e ad agricoltura di precisione? Dobbiamo invece rafforzare la centralità del cibo, il ruolo di una produzione sostenibile basata sulla agrobiodiversità e sull’agroecologia, chiedendo con forza che si concludano i percorsi legislativi rispetto ai quali è impossibile attendere ancora.
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