Consumare e vivere diversamente per guarire il mondo che verrà
È possibile ed ha senso vivere senza macchina, senza andare al supermercato, senza utilizzare plastica e senza produrre (o quasi) rifiuti? La risposta è sì, perché qualcuno lo fa senza […]
È possibile ed ha senso vivere senza macchina, senza andare al supermercato, senza utilizzare plastica e senza produrre (o quasi) rifiuti? La risposta è sì, perché qualcuno lo fa senza […]
È possibile ed ha senso vivere senza macchina, senza andare al supermercato, senza utilizzare plastica e senza produrre (o quasi) rifiuti? La risposta è sì, perché qualcuno lo fa senza essere un alienato o vivere nella foresta, e perché (almeno) puntare a questi obbiettivi, è una necessità del presente e un dovere nei confronti del futuro. Il nostro impatto sulla terra è feroce e devastante, legato a meccanismi così complessi, stratificati e sedimentati, che fare la nostra piccola parte ci sembra inutile, oltre che difficile. Il libro Questione di futuro ( edizioni San Paolo), una sorta di utile guida per famiglie eco-logiche della blogger e scrittrice Linda Maggiori, è un vero e proprio manuale di «coscientizzazione» e orientamento per affrontare con consapevolezza, criticità ed etica tutte le grandi tematiche della vita quotidiana: la casa, i trasporti, i vestiti, il cibo, l’igiene, la tecnologia.
Il libro ha il grande pregio di essere scritto da chi in prima persona, insieme alla sua famiglia, mette in pratica tutte le azioni ecologiche che propone. Teoria, e pratica. E’ un libro che riesce a rispondere ai tanti «si ma…» con preparazione e concretezza, con la consapevolezza che osservare tutta una serie di attenzioni, cercare delle alternative, fare delle rinunce, non significa essere «anormali», significa piuttosto ritrovare una normalità che è andata perduta.
L’esagerazione consumistica in cui viviamo e di cui siamo diventati schiavi è ben rappresentata dall’ammontare di spesa che gira attorno all’essere umano fin dai suoi primi mesi di vita: nel capitolo intitolato diritto a un buon inizio si riporta che nel primo anno di vita del bambino, una fase che non richiede molto investimento in termini puramente economici, si arriva a spendere dai 7000 fino ai 15 mila euro: sono migliaia di pannolini usa e getta, latte artificiale, salviette detergenti, creme e cremine, seggioloni ultra tecnologici, stoviglie apposite, biberon e poi ancora scalda-biberon, ciucci, sterilizzatore di ciucci, bilance, tiralatte, carrozzine … un elenco infinito, un esercito di oggetti non sempre necessari o non necessariamente da acquistare, un mare di plastica che insegue il bambino anche nei successivi anni di vita. Plastica potenzialmente nociva non solo per l’ambiente, e poi una sequela di bisogni indotti a cui solo nuovi acquisti sembra possano porre rimedio.
La vita dei bambini e degli adolescenti è poi attanagliata dal cibo spazzatura: le indicazioni su come liberarsene conducono inevitabilmente a riflettere su cosa e come mangiano gli adulti.
E si scopre che evitare il cibo proveniente da allevamenti intensivi crudeli, da campagne intossicate dai pesticidi, da monoculture che deforestano e desertificano interi territori, è meno complicato e costoso di quanto si pensi, ma necessita solo di un po’ più di organizzazione e pianificazione.
Questo semplice concetto vale per tutte le fasi dell’alimentazione: acquistare, cucinare, consumare, lavare in maniera più sostenibile richiede di cambiare delle abitudini, e in questo sta lo sforzo, non nel mantenerle. L’abitudine più difficile da eradicare, quella a cui siamo stati indotti e assuefatti, che sta alla radice dello spreco e dell’inquinamento in tutti i settori, è la cultura dell’usa e getta, che ha creato veri e propri mostri: tonnellate di merce di bassa qualità infestano il mercato, spesso tossica, quotidianamente prodotta, specificatamente progettata per durare poco ed essere presto sostituita; per non parlare degli eccessi di produzione di centinaia di oggetti che, diventando velocemente obsoleti perché programmati per scadere, prendono la via degli inceneritori o dei paesi in via di sviluppo.
Il libro di Linda Maggiori ci apre gli occhi: mostra, analizza e quantifica ogni eccesso e distorsione del sistema di produzione e consumo, fornendo poi l’alternativa: abbiamo il diritto e il dovere di essere consapevoli del danno che arrechiamo a noi stessi e all’ambiente, che è il futuro dei nostri figli, ma abbiamo anche il diritto e il dovere di sottrarci e cambiare.
Una chiamata all’azione non solo per i cittadini – perché il mondo non possiamo salvarlo da soli – ma anche per amministratori e governanti.
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