Cultura

Conformazione e contraddizione interna alla pubblica opinione

Conformazione e contraddizione interna alla pubblica opinioneEsposizione pubblica di Antony Gormley nei Paesi Bassi / foto WikiCommons

SCAFFALE «Ontologia della menzogna. Informazione e guerra», di Raul Mordenti. Per Asterios un saggio che si interroga su alcuni passaggi storici in relazione alla verità

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 5 gennaio 2024

Il 3 dicembre 1918 compare sull’Avanti! un capocronaca firmato da Gramsci che annuncia l’imminente uscita dell’edizione piemontese del quotidiano. Il titolo dell’articolo è Dire ciò che è. Vi si legge: «In nessun paese del mondo in guerra la menzogna programmatica ha così danneggiato la società come in Italia… Ma non è facile il – dire ciò che è -. Per dire è necessario sapere, è necessario essere informati… Anche la verità è una merce: tutto è merce in regime capitalistico. La verità è uno sforzo continuo, … è una organizzazione dei documenti, e uno studio accurato della loro importanza, è un ordine raggiunto e superato subito dallo sviluppo continuo della realtà in fervido movimento». La manchette stampata sul primo numero dell’Ordine Nuovo quotidiano il 1° gennaio 1921 riporta una frase di Ferdinand Lassalle: «Dire la verità è rivoluzionario».

A QUESTI FONDAMENTI dell’insegnamento gramsciano si richiama il piccolo, ma soltanto di mole, libro di Raul Mordenti intorno alla menzogna (Ontologia della menzogna. Informazione e guerra, Asterios, pp. 92, euro 12,00). L’oggetto del lavoro è costituito dal modo con cui oggi viene affrontata la questione delle due guerre in corso in due luoghi molto vicini al nostro paese: Gaza e Ucraina. Dal punto di vista dell’informazione, l’autore conia un termine quanto mai appropriato: la «con-formazione», ossia un’informazione che tende a conformare, a persuadere l’opinione pubblica alla condivisione di un unico punto di vista. Eppure persuadere è poco; più adatto dire ad imporre.
Gli esempi proposti sono vari e riguardano non soltanto situazioni relative alle due guerre in corso ma anche casi risalenti a momenti storici superati ma ancora molto vivi nella coscienza della contemporaneità. Un caso su tutti: la menzogna con cui fu presentata la necessità del bombardamento nucleare sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki quando quel paese aveva già perduto la guerra e quelle bombe atomiche avevano come vero obiettivo l’avvertimento nei confronti di quello che fino a quel momento era stato un alleato, cioè l’Urss.
Il lavoro di Mordenti era già in stampa quando il «New York Times» ha pubblicato un documento di 40 pagine dei servizi segreti israeliani (Jericho Wall).
Questo documento (relativo ai fatti del 7 ottobre) seppure alcuni organi di stampa italiani ne abbiano scritto, non appare fra le carte che propongono una ricostruzione storicamente e politicamente fondata di quanto avvenuto.

MORDENTI SCRIVE, a proposito di simili sottrazioni di verità e, quindi, di manifestazioni menzognere, che si tratta di censura, individuandone due tipi: per occultamento e per narrazione o creazione (si vedano i capitoli intitolati rispettivamente La censura per occultamento e La censura per creazione e narrazione leggendo i quali si intende che il libro non tratta soltanto dell’ontologia della menzogna, ossia di cosa essa sia ab origine, ma ne affronta anche la fenomenologia ossia le manifestazioni). Utilizzando questi tipi di censura, la verità si propone nei termini tomisti di «adaequatio rei et intellectus», ossia corrispondenza fra cosa e intelletto. L’autore, invece, si pone dal punto di vista della verità come espressione dello sviluppo storico reale; il che non significa che non possa essere espressa in modo formale e astratto, ma la sua efficacia deriva, però, dal proporsi attraverso i linguaggi delle situazioni reali che essa deve esplicitare, disvelare, sottrarre al velo della menzogna.
Proprio attraverso l’uso dei linguaggi particolari, sembra scrivere Mordenti, si può pervenire ad una verità universale che non può essere relativa in quanto chi predica quest’ultima non è filosofo democratico, agisce ancora nell’ambito dell’egemonia borghese che utilizza la menzogna in maniera programmatica al fine di mascherare ciò che è.

UNO DEI MECCANISMI con cui il capitalismo semiotico trasmette i suoi messaggi di manipolazione è la pubblicità, che l’autore definisce «nuova Dea». Rifacendosi al feticismo delle merci di cui scrive Marx nel primo libro del Capitale e leggendolo con le lenti di McLuhan, Mordenti perviene alla conclusione che la pubblicità attua una manipolazione dei soggetti che li priva di ogni loro particolarità (sembra di udire anche il Marx dei Manoscritti economico-filosofici del 1844 a proposito dell’alienazione) privandoli anche dei diritti. È pensabile una situazione di demercificazione, di riappropriazione di quella verità che, gramscianamente, nella politica di massa è necessaria?
Il soggetto collettivo umano è l’unica possibile misura di tutte le cose (e della loro verità): si tratta del titolo del decimo capitolo del libro. Può il soggetto collettivo umano, composto da «uomini per bene», cioè non conformati, che si riuniscono in quanto sentono di far parte di una comunità poiché vivono il loro «essere in comune» (il marxiano «Das Kommunistische Wesen») costituire il principio, l’origine di una democrazia demercificata il cui fine sia «dire ciò che è»?

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