Politica

Conflitto di interessi bloccato dai costi dell’Antitrust

Alla camera Aumentano i consiglieri e i dipendenti dell'Authority. Su di loro vigilerà l’Anticorruzione. Ma la nuova legge ha il consenso solo della maggioranza

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 24 febbraio 2016

La legge sul conflitto di interessi ha ricominciato il suo cammino nell’aula della camera dal punto in cui l’aveva interrotto, 14 mesi fa. C’è sempre il problema delle coperture finanziarie e dunque del faticoso via libera della commissione bilancio, negato a fine 2014 così da rimandare – per la gioia del Pd e di Forza Italia, allora alleati – il testo in commissione.
Adesso il caso è quello dell’aumento dei componenti dell’Antitrust, l’Autorità alla quale sarà demandata la vigilanza sui conflitto di interessi. La nuova legge fa crescere da 3 a 5 i consiglieri dell’Authority (che dunque sono risultati ridotti da 5 a 3, in ossequio alla spending review, per meno di due anni). La commissione bilancio alla fine ha acceso il semaforo verde (di rimando in rimando, attraverso continue consultazioni con il tesoro e facendo aspettare l’aula per tutto il pomeriggio) ma a patto che l’Antitrust aumenti il suo personale effettivo (oltre i due nuovi consiglieri) di non più di 10 unità di personale – oggi sono già quasi trecento. In più per pagare stipendi e mettere in condizioni di lavorare i due nuovi consiglieri, si dovrà provvedere a un niente affatto banale stanziamento di 1,5 milioni all’anno (a partire dal 2017), che alla fine sono stati tolti al fondo per gli effetti finanziari imprevisti costituito da una decina d’anni presso il ministero dell’economia.
Il nuovo conflitto di interessi riguarderà i componenti del governo – che dovranno presentare una dichiarazione patrimoniale e con loro anche i parenti e coniugi – e i parlamentari, questi ultimi però non dovranno sottoporsi al regime di amministrazione fiduciaria dei loro beni e attività economiche previsto per i ministri e il presidente del Consiglio. Il fondo cieco – cioè quel sistema in base al quale il politico ignora la sorte dei suoi beni, tipico del regime Antitrust statunitense – non è stato previsto. Al suo posto un obbligo di astensione del governante, con sanzioni in via di definizione (al momento non è prevista l’invalidità automatica dell’atto al quale ha partecipato il ministro in conflitto di interessi).

Con un emendamento del relatore del progetto di legge, il Pd Francesco Sanna, la platea dei soggetti all’obbligo della dichiarazione è stata allargata ai consiglieri delle principali autorità di garanzia, il che pone il problema di chi controllerà sui cinque consiglieri dell’Antitrust (risposta: l’Anticorruzione di Cantone). In conflitto di interessi potranno trovarsi anche i vertici della Banca d’Italia, ma a che condizioni e in che modo dovrà definirlo un successivo decreto del presidente del Consiglio.
Nell’aula della camera ieri sera è stato votato solo il primo articolo (su 16, ai quali però se ne aggiungeranno almeno altri due), le votazioni degli emendamenti riprenderanno questa mattina. C’è solo la maggioranza di governo a sostenere questa legge. Per ragioni opposte sono contrari sia Forza Italia (che considera sufficiente la gracile legge Frattini, approvata da Berlusconi nel 2004) sia grillini e sinistra italiana, che invece vorrebbero una legge più stringente. Sinistra italiana insiste sul blind trust. Silenzioso il governo, per lunghi tratti persino assente dai suoi banchi durante lavori della camera, ieri sera. La legge sul conflitto di interessi per Renzi era un impegno «per i primi cento giorni», due anni fa.

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