La guerra è quella ipotetica che sta per scoppiare tra Italia e Spagna, senza ragioni «reali» – ma ve ne sono mai? – se non le solite che guidano scacchiere e strategie degli stati e delle politiche. La gente è spaesata, qualcuno terrorizzato, altri eccitati all’idea di poter diventare un «essere bellico» – avere le armi, esercitare un potere, non sottostare a nessuna regola, sfogando fantasie autoritarie e una violenza indistinta. Ma anche se il riferimento immediato è a quanto accade nei nostri giorni, al conflitto in Ucraina di cui abbiamo maggiore percezione degli altri, il nuovo film di Gianni Zanasi presentato alla Festa di Roma e ora in sala non è un film su una guerra specifica. Piuttosto prova a illuminare quella temperatura guerresca che caratterizza la nostra vita quotidiana, e che investe le relazioni tra le persone, i sentimenti, l’amore, i rapporti di amicizia e quelli professionali. Di che guerra dunque si parla in War-La guerra desiderata?

In una strana atmosfera di apocalisse divenuta quasi «normalità» si incrociano le vite di persone molto diverse, con in comune un disagio rispetto al loro posto nel mondo. Tom (Edoardo Leo) vorrebbe occuparsi di letteratura romanza, invece cura l’allevamento di vongole del fratello che è in coma in ospedale dopo un tentato suicidio perché stritolato dalle mafie delle eccellenze alimentari che a lui e alle sue vongole non hanno mai concesso il bollino necessario. Lea (Miriam Leone) è figlia di un potente generale dell’aeronautica viceministro al governo che decide la scelta bellica; lei contraria alle armi ha sempre cercato di smarcarsi dall’ingombrante famiglia e dalle vie facilitate dal nome e dal padre provando solo a soffocare l’angoscia a per il fratello anche lui militare nell’aviazione. Mauro (Giuseppe Battiston) ha un bar e coltiva convinzioni sovraniste, innamorato delle armi e del potere «macho» non vede l’ora di combattere.

INTORNO ci sono altre figure, solitudini o piccoli nuclei dall’apparenza soave anche se con dei tristi segreti, comunità resistenti, avvocati corrotti, politici indifferenti, mafiosi istituzionalizzati: una intera mappatura di umanità coi suoi slanci, debolezze, servilismi meschini nei quali si riflettono la realtà di un quotidiano familiare. Quella di desideri mancati, precariato, mestieri casuali e quasi mai scelti, soprusi e raccomandazioni, arroganza, mancanza di empatia.
Zanasi sceglie il registro della commedia con toni sempre surreali: la guerra minacciata, forse solo metaforizzata potrebbe essere solo nelle teste di queste persone, un riflesso di quanto si portano dentro, di quel sentimento che mischia la voglia di rivincita alla rassegnazione di fronte a disparità sfacciate, all’impossibilità di lavorare in modo onesto, alle prevaricazioni, a una costante pressioni in cui la gentilezza sembra un crimine e l’essere non allineati un vero delitto. Ma è livellarsi la risposta?
È su questo bordo che si muovono i protagonisti, e con essi la narrazione del film, più determinato il personaggio di Leone, più fragile quello di Leo. La guerra non è altro allora che la nostra realtà presente, quell’aggressività diffusa che si percepisce ogni giorno anche nelle cose più banali, in strada, nelle risposte, nei gesti nel modo di porsi, nella poca cura che si dimostra verso l qualsiasi cosa.

UN SENTIMENTO concreto ma difficile da restituire senza banalizzare, che il regista illumina con precisione. E lo fa senza essere giudicante, in un film che a tratti anche inciampa ma perché prova a mettersi in gioco: cercando tra li cannoni spianati quel po’ di gentilezza che rimane, un dettaglio di attenzione, l’amore che può essere una forza e un appiglio in una resistenza da inventare con la creatività e il piacere di essere insieme.