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Condannato de Magistris per l’inchiesta Why not

Condannato de Magistris per l’inchiesta Why notIl sindaco di Napoli ed ex magistrato Luigi De Magistris

Intercettazioni abusive Il sindaco si difende: «Errore giudiziario gravissimo, spero nell’appello». I pm avevano chiesto l'archiviazione. Condannato anche il consulente Genchi, avrebbe acquisito le utenze telefoniche di alcuni parlamentari senza l’autorizzazione delle Camere

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 25 settembre 2014

Un anno e tre mesi la condanna in primo grado stabilita ieri dal giudice monocratico del tribunale di Roma per Gioacchino Genchi e per il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. I fatti riguardano l’inchiesta Why not, risalente al 2006: all’epoca il primo era consulente informatico del secondo, magistrato in carica alla procura di Catanzaro, e per il pm si occupò di acquisire utenze telefoniche di alcuni parlamentari senza l’autorizzazione delle Camere. Disposta l’interdizione dai pubblici uffici per un anno e, contestualmente, la sospensione della pena principale e di quella accessoria più la non menzione nel certificato penale: le pene scatteranno solo con la condanna definitiva. Per de Magistris il pm aveva chiesto l’assoluzione.

La sentenza attribuisce invece la responsabilità a entrambi per abuso d’ufficio cioè aver acquisito, tra il 2006 e il 2007, i tabulati delle utenze di onorevoli tra cui Prodi, Rutelli, Mastella e Marco Minniti. Per la procura, l’ex pm aveva dato carta bianca a Genchi, il cui incarico era finalizzato a portare alla luce il giro di relazioni desumibili dalla rubrica telefonica riconducibile all’imprenditore Antonio Saladino, al centro dell’inchiesta: «In questo modo – aveva spiegato il pm Felici – de Magistris si è di fatto consegnato allo stesso Genchi al punto che il consulente è andato oltre il suo ruolo e si è trasformato in investigatore (essendo pure un funzionario della polizia di Stato), disponendo i decreti di acquisizione di atti che il pm firmava con non troppa attenzione».

Secondo il pm, Genchi si era costruito un database pieno di informazioni, «sapeva vita, morte e miracoli dei politici. Ma al di là di quell’agenda telefonica di Saladino non c’era alcun altro indizio che giustificasse il coinvolgimento di parlamentari». La conclusione per Felici è che tutta l’operazione è stata condotta da Genchi perché era lui l’effettivo dominus dell’indagine: «De Magistris, probabilmente, non sapeva del coinvolgimento di parlamentari». Una conclusione bocciata dal tribunale.

Cos’è Why not? Il nome dell’inchiesta deriva da quello di una società di outsourcing di Lamezia Terme, che forniva alla regione lavoratori specializzati nel settore informatico. Una dei soci e amministratore della Why Not, Caterina Merante, insieme agli altri due soci, che avrebbero poi parzialmente ritrattato, ha dato il via alle indagini: un gruppo di potere trasversale tenuto insieme da una loggia massonica coperta, «La Loggia di San Marino», vicino alla Compagnia delle opere e a politici di primo piano avrebbe gestito appalti e assunzioni. Saladino era il personaggio chiave al centro della rete di relazioni trasversali. L’inchiesta, che provocò grandi tensioni nell’ultimo governo Prodi, venne sottratta a de Magistris, innescando uno scontro tra le procure di Catanzaro e Salerno (i magistrati campani sequestrarono i fascicoli nell’ambito di una loro inchiesta su un presunto complotto per bloccare le indagini), con l’intervento finale del Csm. De Magistris venne trasferito a Napoli ma poi decise di intraprendere la carriera politica.

«Sono stato condannato pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si trattasse di utenze riconducibili a parlamentari – replica il sindaco -. Prima mi hanno strappato la toga e ora mi condannano, a distanza di anni, per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi. Ho la speranza che si possa riformare, in appello, questo gravissimo errore giudiziario. Di fatto mi viene detto che non avrei dovuto indagare su alcuni pezzi di Stato». Fi invita il sindaco a dimettersi. Il parlamentare socialista Marco Di Lello, impegnato con il Pd nella costruzione della Fonderia, la Leopolda napoletana, da domani a Bagnoli, scrive «Chi di ?#?why? not ferisce di #why not perisce. Ma è triste un paese in cui sono i giudici e non il popolo a scegliere i suoi rappresentanti». I rapporti difficilissimi di de Magistris con il Pd si complicano ancora: «Sono garantista – dice Francesco Nicodemo, appena uscito dalla segreteria dem per andare nello staff di Palazzo Chigi – ma resta il problema politico, a cominciare dalla tenuta della maggioranza».

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