Politica

Concorsi-truffa, i saggi sono bari. Anzi baroni

Università Inchiesta in Puglia, dalle intercettazioni della guardia di finanza spunta una rete di luminari. Coinvolta un'ex ministra, un ex garante della privacy e cinque saggi nominati da Napolitano

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 6 ottobre 2013

Una rete di favori incrociati e di patti di fedeltà fra docenti universitari di prestigio e potere. C’è persino chi descrive una ’cupola’ di baroni di tutta Italia uniti per cercare di pilotare gli esiti di decine di decine di concorsi per docenti di prima e seconda fascia in diritto ecclesiastico, costituzionale e pubblico comparato. Per molti degli esclusi, la notizia di oggi è solo la conferma di alcuni dei tanti casi di malauniversità baronale di cui negli atenei da sempre si mormora fuori dalle stanze dei luminari.
È uno spaccato di una ’normalità’ sconfortante quello che emerge dal fascicolo di un’inchiesta dalla procura di Bari aperta nel 2008 – ora al vaglio dei pm Renato Nitti e Francesca Romana Pirrelli – e in particolare da un’informativa della Guardia di finanza. Le accuse sono quindi ancora tutte da mandare a processo e dimostrare.
La vicenda si riferisce a concorsi concorsi universitari svolti dal 2006 al 2011. Negli atti delle fiamme gialle, provenienti per lo più da intercettazioni telefoniche, però spuntano nomi eccellenti dell’intellighenzia italiana, progressiva e conservatrice; noti costituzionalisti, un ex ministra, l’ex garante della Privacy e persino cinque ’saggi’ solennemente incaricati dal presidente della Repubblica Napolitano di istruire la pratica delle riforme costituzionali incardinata dal governo Letta.

Nel dettaglio, risulterebbero coinvolti nell’inchiesta l’ex ministra Anna Maria Bernini (Pdl), l’ex Garante della Privacy Francesco Maria Pizzetti (area centrosinistra) e i ’saggi’ Augusto Barbera, Beniamino Caravita, Giuseppe De Vergottini, Carmela Salazar e Lorenza Violini. Che negano il proprio coinvolgimento (Barbera), minacciano di difendersi in sede legale (Bernini, oggi senatrice e viceportavoce del Pdl) e per lo più negano di aver ricevuto avvisi di garanzia.
In tutto i presunti baroni di cui parla la Guarda di Finanza sono 38. La procura di Bari, dopo un’inchiesta in cui sono state eseguite perquisizioni in 11 città (Milano, Bari, Roma, Napoli, Bologna, Firenze, Piacenza, Macerata, Messina, Reggio Calabria e Teramo), ipotizza i reati ’pesanti’ di associazione per delinquere, corruzione, abuso d’ufficio, falso e truffa. Da alcune intercettazioni sarebbe emersa l’intenzione, da parte di alcuni, di esercitare pressioni sull’allora ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini, per frenare la riforma dell’università, poi approvata in via definitiva nel dicembre 2010, e soprattutto per bloccare l’adozione di un codice sui conflitti di interesse legate alle parentele e delle procedure di valutazione degli aspiranti professori universitari.

Gli accordi fra baroni avvenivano anche durante congressi in cui i referenti di ciascun ateneo si incontravano e pianificavano lo svolgimento e l’esito dei concorsi e dei loro vincitori: un’estesa lobby universitaria dedita al reciproco e indebito aiuto, con una rete di favori truffaldini fra luminari. Non c’è studente che non ne abbia sospettato, o intravisto l’esistenza, nella propria carriera universitaria. Sta ora ai pm provarla.

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