Un cappello, un vestito bianco, un sellino di bicicletta, delle pantofole e la mano del pittore con due fedi nuziali per evidenziare la vedovanza, è Ciao Roberta, il dittico di grande formato, ad aprire la mostra Concetto Pozzati XXL in corso a Bologna a Palazzo Fava, Palazzo delle Esposizioni.

NEL SALONE AFFRESCATO dai fratelli Carracci, con il fregio in cui è rappresentato il mito di Giasone e Medea, le opere dell’artista visivo bolognese, classe 1935, dialogano con gli elementi decorativi e architettonici del museo. Il quadro dedicato alla moglie scomparsa nel 2006, realizzato nel 2007, mette in scena gli oggetti personali della donna amata che non c’è più e che lascia un «vuoto pieno» nella sua vita, come lui stesso lo ha definito. Emerge una malinconia affettiva, l’essenza e l’assenza della compagna. Non è solo un espediente per trattenere la memoria, ma è anche il modo per fissare lo sguardo su ciò che è rimasto e ancora parla di lei.

A COMPLETARE questo dialogo intimo l’altro dittico dal titolo A casa mia, dello stesso anno, in cui l’artista ritrae gli oggetti propri del quotidiano, pennelli da barba, ciabatte, abiti, scarpe, borse, dai colori più cupi, sono le cose che riposano in casa, quasi immobili. Lavori questi in cui l’arte diventa strumento per elaborare il lutto.
L’esposizione, aperta fino a domenica, curata dalla figlia Maura Pozzati, docente, critica d’arte, direttrice dell’Archivio Concetto Pozzati, insieme al fratello Jacopo, promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna e Genus Bononiae, ha il merito di mostrare opere inedite o poco esposte in un percorso non cronologico, ma significativo per cogliere le diverse correnti artistiche del ‘900 attraversate da Pozzati come artista e intellettuale.

J. ovvero la sottomissione, ’64-65

CIRCA CINQUANTA OPERE, dal ’63 al 2016, dall’arte povera alla pittura carnosa e materica, alcune di grandi dimensioni, anche due metri per sei, da qui il titolo XXL che si ispira anche alla taglia di abbigliamento, alla corporatura, alla voce stentorea, ai folti baffi oltre al carisma e allo spessore civile e politico svolto, anche nel ruolo di assessore alla Cultura del Comune di Bologna dal 1993 al 1996.
La prima personale a lui dedicata dopo la morte, nel 2017, con dittici finora mai esposti insieme come Tempo Sospeso del 2008/2009, una serie di orologi senza lancette che riflette sul passare del tempo e il ciclo più concettuale Cornice Cieca in cui il supporto sostituisce il dipinto. Il rosa e la scaramanzia sono elementi ricorrenti, come i pom-pom e le chiavi che diventano amuleti. Gli inediti, Occupato del 2012, con vecchi telefoni senza fili, rimandano all’incomunicabilità. Un salto negli anni ’70 per i lavori più sperimentali che risentono della formazione di grafico pubblicitario. Alcune opere sono esposte per la prima volta dopo il 1976, anno della mostra a Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Ci sono lavori con la tecnica della sgocciolatura e della vetrificazione artigianale per ottenere gli specchi. Pozzati, per molti anni ordinario della cattedra di Pittura all’Accademia di belle arti di Bologna, ha vissuto l’impegno politico e nel ’68 l’occupazione dell’Accademia di Urbino di cui è stato direttore. Ha partecipato alle principali rassegne italiane e internazionali, le Biennali di Venezia e San Paolo, oltre Documenta a Kassel. Le sue opere sono state in mostra nei più importanti musei e gallerie in Italia e all’estero.

FRA GLI ULTIMI CICLI realizzati c’è quello nella sala dedicata a Didone, dove sensualità e femminilità sono protagoniste come nelle serie pop del 2016 Vulvare, in cui fiori e rose diventano vulve, da cui ha origine la vita. Per finire il percorso Dopo il tutto, grande installazione del 1980, composta da 301 disegni a tecnica mista, un compendio di immagini d’arte e citazioni. La mostra dedicata ai fuori formato era un sogno di Concetto Pozzati che i figli hanno realizzato per questo luogo attraverso l’Archivio, nato nel 2020. Ad accompagnare l’esposizione, il catalogo bilingue per Maretti editore, in cui sono raccolti alcuni scritti che lo stesso artista elaborava a corredo delle opere, insieme ai testi di importanti critici del ‘900 fra cui Giulio Carlo Argan, Lea Vergine, Edoardo Sanguineti e tanti altri.