Garantire la sicurezza non vuol dire sopprimere ogni evento e sprangare i cancelli, ma fare in modo che le attività previste in particolare quando si tratta di arte e di musica possano svolgersi regolarmente e in sicurezza, tutto qui. Purtroppo, invece, ieri sera il concerto per la pace in programma alla Aula Magna della Sapienza per la stagione della Iuc è stato inopinatamente cancellato. Un vero peccato, anche perché il Requiem «Stringeranno nei pugni una cometa», in prima esecuzione romana, era un evento molto atteso, sia per il grande interesse che suscita da tempo il lavoro di Silvia Colasanti, una delle compositrici italiane più originali e interessanti della sua generazione, sia per la partecipazione della poetessa Mariangela Gualtieri, autrice dei testi nonché voce recitante. E anche perché questo Requiem dedicato alla memoria del regista Giorgio Ferrara, scomparso un anno fa vedeva impegnate per la prima volta insieme due formazioni d’eccezione: l’Orchestra Sinfonica Nazionale dei Conservatori italiani e il coro dell’Accademia di Santa Cecilia.

Mesi di preparazione, un’intera settimana di prove culminate nella mattina di ieri con la generale svoltasi in tutta tranquillità nella stessa Aula magna con grande soddisfazione di tutti. Poi, senza alcun preavviso o comunicazione di sorta, lo stop. «Questione di ordine pubblico», è il motivo addotto dalla prefettura. In riferimento al clima di tensione causato agli scontri tra la polizia gli studenti che la mattina avevano preso parte alla manifestazione pro Palestina tra La Sapienza e il quartiere San Lorenzo. In realtà già molto prima delle 20,30, l’ora in cui avrebbe dovuto iniziare il concerto, la situazione intorno al teatro e nei viali dell’Università era assolutamente tranquilla. A parte una decina di studenti rimasti davanti all’ingresso laterale, dove due ragazzine in segno di protesta si erano legate fin dalla mattina con due sottili catenelle non si palesavano minacce di sorta all’ordine pubblico. Una situazione surreale che è andata avanti per un tempo che è parso infinito. I poliziotti in borghese da una parte, lo sparuto picchetto degli studenti dall’altra e nel mezzo circa mille persone prese in ostaggio senza contare i sessanta elementi dell’orchestra giovanile più i coristi e le loro famiglie venuti da tutta Italia per l’occasione, che si aggiravano perplessi e infreddoliti sotto i portici in attesa che la situazione si sbloccasse. Il tutto senza che nessuno, né la rettrice né un responsabile dell’ordine pubblico si degnasse di fornire una spiegazione ufficiale o quanto meno plausibile per l’accaduto.

Si dirà che il concerto è stato annullato per colpa dei manifestanti. O di due studentesse incatenate. Di fatto, visto che era sold out e non c’erano più biglietti in vendita sarebbe bastato un attento controllo all’ingresso per scongiurare il “rischio” di eventuali infiltrazioni. Per altro, chi era presente ha assistito alle reiterate assicurazioni alle forze dell’ordine da parte degli studenti in questione che non avevano nessuna intenzione di penetrare all’interno dell’istituzione per occuparla, ma sarebbero rimasti dov’erano, dunque ben lontano dall’ingresso, nei pressi di un cancello laterale chiuso. Ma non sono stati creduti. Chiusura totale da parte delle istituzioni, rettorato e questura. Capacità di dialogo e di comunicazione pari a zero. Una grande occasione perduta per esprimere ancora una volta il valore delle musica e della cultura come strumento di pace che, in questo frangente, avrebbe potuto contribuire a smorzare la tensione della giornata anziché acuirla.