Visioni

Con Zoh Amba in scena le vie infinite dell’improvvisazione

Con Zoh Amba in scena le vie  infinite dell’improvvisazioneZoh Amba – foto di Vera Marmelo

Musica Dal Tennessee la classe e la furia interpretativa della giovane sassofonista ospite a Jazz em Agosto

Pubblicato circa un anno faEdizione del 6 agosto 2023

C’è un lieve, involontario e delizioso effetto comico nell’avvio del set di Zoh Amba. Arriva sul palco di Jazz em Agosto assieme a Luke Stewart, contrabbasso, e Chris Corsano, batteria; piuttosto piccola di statura, minuta, visino grazioso, ha l’aria di una ragazzina bianca di buona famiglia, a modo: poi imbocca il sax tenore e comincia ex abrupto a suonare come una indemoniata, barriti e nitriti a iosa, free della più bell’acqua. Free tanto turbolento quanto spesso scarno e persino sofferente, che va spesso oltre il fraseggio pur parossistico per diventare grido, per sconfinare nel lamento e nella macerazione; ma ci sono anche momenti in cui l’improvvisazione si placa, e lascia spazio ad un’espressione si direbbe riflessiva, a melodie un po’ malinconiche, delicate, che poi si lacerano e l’improvvisazione torna ad accendersi. Stewart, contrabbassista di grande temperamento, e Corsano, con un drumming per lo più frenetico, sono sensibilissimi nell’assecondarla nei suoi cambi di registro emotivo. Dopo un’ora Zoh chiude rivolgendosi per la prima volta al pubblico e ringraziando il festival con poche parole di semplicità commovente.

È puro free eseguito in trio con Luke Stewart e Chris Corsano

LE VIE DELL’AVANGUARDIA sono infinite: la storia di Zoh Amba dà un po’ di speranza su come possono avvenire certe scoperte e sulle reazioni che possono mettere in moto. Nata nel 2000 a Kingsport, cittadina del Tennessee, da una madre single che all’epoca in cui la mette al mondo ha 18 anni, Zoh comincia a suonare la chitarra e a scrivere canzoni. Dire che Kingsport, un centro di circa cinquantamila abitanti con popolazione quasi totalmente bianca, in prossimità degli Appalachi, è jazzisticamente periferica è dire poco. Ma il jazz Zoh lo scopre su Youtube: alle medie, durante le attività musicali, vede un video di Charlie Parker e passa al sax alto. La madre di Zoh detesta il sassofono, e allora lei prende l’abitudine di fare pratica fra gli alberi vicino a casa. Poi dal sax alto passa al tenore, setaccia Youtube e familiarizza con Lester Young, Coleman Hawkins, John Coltrane. In maniera del tutto indipendente va in direzione non del mainstream, ma dell’avanguardia, e trova dei sax tenori che corrispondono ancora di più al suo stato d’animo di adolescente, alle sue urgenze, anche al suo disagio. Innanzitutto Albert Ayler, figura epocale del free jazz, morto nel ’70, che Zoh ascolta a tredici anni: si identifica non solo con il suo modo di suonare, ma anche col fatto che Ayler da ragazzo non era stato accettato dalla madre e dalla famiglia quando si esercitava con il sassofono.

VIA VIA RIMANE colpita da altri sassofonisti free, per lo più afroamericani, caratterizzati da un sound scuro, profondo, come Frank Wright, Frank Lowe, David S. Ware. Quello che cerca non è banalmente musica, è qualcosa che dia un senso alla sua vita, e lo trova nella musica di questi musicisti, ma poi anche nella spiritualità. Dopo le superiori frequenta il conservatorio di San Francisco, ma la sua passione per il free non la mette in sintonia con gli insegnanti, e dopo due anni pianta lì. Intanto si avvicina alla comunità Vedanta – una corrente della religione induista – che le dà il nome Amba, in sanscrito «madre». Tornata in Tennessee, nell’estate del 2020 comincia a fare delle puntate a New York per studiare con David Murray, sax tenore che nel suo stile ha operato una sintesi fra modelli di sax tenore delle prime stagioni del jazz, come Ben Webster, e del free jazz: in particolare all’inizio Murray è stato influenzato proprio da Ayler. Murray la incoraggia, in quella ragazza rivede sé stesso a vent’anni, sbarcato a New York per trovare una propria identità stilistica. Dopo un altro breve periodo di educazione musicale formale, questa volta al New England Conservatory di Boston, nell’estate del 2021 Zoh si sposta stabilmente a New York, e dello stesso anno è il suo primo album, inciso in duo con il batterista cubano/newyorkese Francisco Mela: e a New York Zoh Amba stabilisce rapporti con musicisti di tutto rilievo come William Parker, Tyshawn Sorey e John Zorn, che la fa incidere per la propria etichetta Tzadik. Poi anche l’Europa.

BENISSIMO ha fatto a presentarla tempestivamente un festival come Jazz em Agosto, che dimostra che c’è spazio eccome – anche di pubblico – per l’avanguardia, basta coltivarla con continuità; e a farlo nel contesto di un’edizione caratterizzata da molte e varie presenze femminili: il quintetto Fire and Water della pianista Myra Melford e il gruppo Amaryllis della chitarrista Mary Halvorson (li abbiamo recensiti positivamente su queste colonne, rispettivamente da Padova nel 2022 e da Mantova quest’anno), la portoghese Susana Santos Silva, la pianista di origine polacca e residente ad Amsterdam Marta Warelis e, oggi, giornata di chiusura, la percussionista francese Camille Emaille.

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