La piazza dei sellini raggiunge l’apice della partecipazione quando a intervenire dal palco di Santi Apostoli è Stefano Rodotà. Gli applausi più lunghi quando il professore attacca il «governissimo» e il patto mefitico con il Cavaliere, il rischio che «con l’attuale legge elettorale, Berlusconi può staccare la spina quando vuole, quando i sondaggi gli diranno che può prendersi Camera e Senato». E poi, il momento più alto, quando Rodotà parla di cittadinanza «non come identità, ma come corredo di diritti garantito dalla Costituzione». Il riferimento è chiaramente alla posizione xenofoba di Grillo sullo ius soli, l’inciviltà di voler negare la cittadinanza a chi è nato in Italia, seppure da genitori immigrati. «Non solo dobbiamo ricostruire l’Italia economicamente, uscendo dalla recessione – dice Rodotà concludendo il suo intervento – ma dobbiamo uscire anche dalla recessione etica, politica e culturale in cui siamo caduti ormai da tempo».
«Sì, Rodotà riesce a condensare, con le sue parole essenziali, quello che noi tutti sentiamo», dice Maria Laura, insegnante precaria di 31 anni che è venuta ad assistere alla giornata di Sel insieme al fidanzato (anche lui precario, in una cooperativa sociale) e ad alcuni amici. «In questo momento – riprende Maria Laura – ci sentiamo privati del nostro diritto ad avere una piena rappresentanza politica: avevamo votato la coalizione Pd-Sel, ma poi è finita così, con l’inciucio. Non ci è piaciuto, ma è giusto stare all’opposizione. Decisamente non potevamo stare con Berlusconi, con chi ci ha portato fino a questo punto: guarda la mia situazione – dice – sono precaria in una scuola che è stata devastata dalla riforma e dai tagli della ministra Gelmini. E dovrei governare con loro?».
Roberto è un delegato della Cgil: 43 anni, lavora nel commercio: «Forse dovrei dire meglio lavoravo: sono caduto nella mannaia dei licenziamenti, i nostri supermercati hanno tagliato – spiega – adesso collaboro con il sindacato. Io credo che non ci potrà venire nulla di buono da questo governo: è vero, Letta ha parlato di equità quando si è insediato, ma mi è sembrato di rivedere il film di Monti. Adesso hanno già dimenticato gli esodati, di cui non si parla più, e il progetto per creare lavoro mi sembra il solito, quello che ci propinano da vent’anni: precarizzare. La riforma Fornero vogliono cambiarla sì, e la vorremmo cambiare anche noi: ma in due modi diversi. Loro vogliono liberalizzare ancora. A queste condizioni con il Pd non si poteva rimanere, e io spero che dal Congresso escano nuovi progetti per una vera sinistra. Perché noi con loro, alle giuste condizioni, vorremmo continuare a lavorare».
In piazza c’è anche Salvo, militante No Muos: 27 anni, studia Sociologia a Roma ma è siciliano. Porta una spilletta che ricorda la lotta dell’isola contro l’installazione degli invasivi sistemi di telecomunicazione Usa a Niscemi. «La nostra – spiega – non è solo una battaglia per l’ambiente, per scongiurare i rischi alla salute che le maxi parabole possono provocare. È anche una mobilitazione pacifista: non a caso Vendola dal palco ha parlato degli F35 e della necessità per l’Italia di non spendere più in armamenti. Tema ancora più scottante con la crisi pesantissima che viviamo. Quei soldi potrebbero essere utilizzati per riqualificare le scuole, i centri urbani, per bonificare tanti terreni e prevenire i disastri idrogeologici. Questo modo diverso di investire risorse pubbliche porterebbe avanti l’Italia, la renderebbe più vivibile e giusta, ma creerebbe pure posti di lavoro».