«Con Milagro, per ripensare la libertà e la democrazia»
Intervista Sandra Russo, giornalista e saggista, testimone del lavoro della deputata
Intervista Sandra Russo, giornalista e saggista, testimone del lavoro della deputata
Giornalista e saggista argentina, Sandra Russo è stata di recente in Italia, invitata dal Comitato di sostegno a Milagro Sala, la deputata indigena della Tupac Amaru, prigioniera nelle carceri di Mauricio Macri dal gennaio del 2016.
Perché si interessa al caso di Milagro Sala?
Come direbbe Néstor Kirchner, seguo il caso di Milagro “per inquadrarlo storicamente”: perché Milagro rappresenta quanto di più latinoamericano ha l’Argentina. Perché una soluzione, per l’Argentina, sarà possibile solo nel segno della Patria Grande, come dicevano i libertadores del secolo XIX, o nel segno dell’Abya Yala, come hanno sostenuto i popoli originari. Io sono giornalista da quasi 40 anni, anche se da quando è arrivato Mauricio Macri mi hanno censurato sui media online e pubblico solo due note mensili su Página12, dove lavoro fin dalla creazione del quotidiano, nel l987. Inoltre, scrivo libri. Nel 2009 ho cominciato a lavorare a Jallalla: la Tupac Amaru, utopía en construcción, che è stato pubblicato l’anno dopo. E’ l’unico libro sulla storia di Milagro, che era tuttavia, dopo molti anni di esistenza della sua organizzazione, un personaggio sul quale a Buenos Aires non si sapeva quasi niente. Dall’inizio degli anni ’90 il suo lavoro si era sviluppato fuori dai riflettori. Fu precisamente in quel momento che l’allora senatore Gerardo Morales sporse denunce penali contro di lei, e il suo nome cominciò a circolare. Nel 2009, quando sono arrivata al quartiere di Alto Comedero nel Jujuy, non riuscivo a credere che vi fossero tante opere, tanto lavoro comunitario, tanta organizzazione popolare, mi sembrò commovente l’opera di Milagro. Questo libro lo presentammo con lei, e molti della Tupac nella Fiera del libro di Buenos Aires, in una presentazione totalmente indicativa del clima “culturoso” e elitario che si vive di solito lì. Fu un successo di pubblico, ma di quel pubblico strutturalmente più dimenticato del paese. Del popolo più negletto.
Qual è la situazione di Milagro sul piano giuridico? In base alle dichiarazione di alcuni pentiti, i media l’hanno dipinta come una corrotta che ha approfittato dei finanziamenti del kirchnerismo.
Milagro è sempre stata detestata da un ampio settore della società del Jujuy, dalla classe alta e dai settori di classe media che si identificano con i loro padroni. Per molti, queste false denunce e il carcere sono la conferma ai loro pregiudizi: se qualcuno come Milagro e alcuni dei membri della sua organizzazione hanno una casa, la macchina, educazione, salute, se vivono insomma con dignità dev’essere perché hanno rubato. E’ un pregiudizio stupido però ben radicato in tutte le elites dominanti latinoamericane. La prima denuncia di Morales, su un “escrache” (gli tirarono uova all’uscita di un evento pubblico; Milagro quel giorno si trovava a 200 km di distanza) è un chiaro esempio di tutte le altre. E’ assurdo che le intentino cause per malversazione di fondi, quando solo a guardare l’opera della Tupac Amaru si vede che nessuno le ha dato soldi per costruire parchi acquatici, né scuole, né centri di salute: questo lo hanno fatto abbassando il costo delle case popolari, che era lo scopo dei finanziamenti dello Stato durante i governi kirchneristi. Le case ci sono. I quartieri ci sono. A Sal Salvador di Jujuy e in altre località e altre province. Hanno impiantato fabbriche tessili, blocchi di mattoni, tubi mobili, e in questo modo e con le loro cooperative hanno risparmiato soldi per costruire tutto quel benessere che si respirava nei loro quartieri quando io li visitai nel 2009. Non solo non ha stornato fondi, ma ha utilizzato i fondi che le hanno dato per fare molto di più di quel che avrebbe dovuto fare. Milagro non si ferma, non riposa, non c’è stata una sola festa nella quale migliaia e migliaia di bambini non abbiano avuto il loro regalo. E questo lo finanziava con quel che risparmiava dai fondi delle cooperative di costruzione delle case popolari. I processi sono un’invenzione, e il Potere giudiziario jujeño avrebbe già dovuto intervenire, visto che gli stessi deputati radicali (Ucr) che a dicembre del 2015 votarono un ampliamento dei membri del Tribunal Superior de Justicia, inmediatamente rinunciarono all’incarico per essere nominati a loro volta giudizi supremi. Ad arrestare Milagro non è andato un esponente della magistratura, nel gennaio del 2016, ma un ministro del governo, un membro del Potere esecutivo. La lista delle irregolarità è lunghissima.
Recentemente, Milagro ha tentato di suicidarsi, perché? E’ così drammatica la sua condizione carceraria? E come si può mettere in carcere una deputata?
Penso che non “cercò di suicidarsi” ma che si sia ferita in un attacco di nervi, in una crisi nervosa, sono due cose diverse. Fu quando comparve nel penale una detenuta pagata da Morales che cominciò a tormentarla: a dirle che l’avrebbe ammazzata lì dentro, e quando contemporaneamente chiamarono Milagro per comunicarle che avrebbero aggiunto un paio di accuse false in più contro di lei. Questa è la strategia: aggiungere cause che poi cadono perché non ci sono prove, però mantenerla in detenzione preventiva, anche se non c’è pericolo di fuga e la nostra Costituzione dice che tutti sono innocenti finché non si dimostri il contrario. Morales la vuole spezzare psicologicamente, attaccando i suoi figli e suo marito. E’ lo stile Durán Barba, il principale assessore di Mauricio Macri: “Perseguire l’avversario fino a fargli perdere la voglia di vivere”. E’ scritto in un libro di cui si vanta.
Qual è la situazione dei popoli indigeni e delle organizzazioni come la Tupac in Argentina?
In realtà non c’è nessuna organizzazione simile alla Tupac Amaru in Argentina, e ce ne sono pochissime nella regione. La Tupac è simile ai Sem Terra brasiliani per dimensioni e per livello di organizzazione, ed è presente in molte province, non solo nel nord. L’Argentina, kirchnerismo incluso, ha un debito molto grande con i popoli originari. Siamo un paese con una conformazione diversa dagli altri paesi. Primo, perché nel secolo XIX e all’inizio del XX sono state assassinate un gran numero di popolazioni indigene da quelli che allora come ora erano i grandi latifondisti e che hanno rubato le loro terre. E poi, poiché in quella stessa epoca abbiamo ricevuto enormi ondate migratorie dall’Europa, e il paese acquisì questa immagine di “paese bianco nel continente nero”. Precisamente una delle grandi virtù della Tupac Amaru è quella di aver collegato l’Argentina con il mondo andino, e questo è il nostro vero volto. Siamo i discendenti degli europei che arrivarono nelle navi fuggendo dalla fame del dopoguerra, però siamo anche gli eredi delle tradizioni originarie, di quel che è vivo e oggi così importante in un mondo nel quale tutti i poteri mancano di rispetto al pianeta.
Qual è la situazione sul piano politico e lavorativo ora in Argentina? Ci sono molti conflitti.
In Argentina è in marcia un laboratorio neoliberista senza precedenti, di ultima generazione, nel quale ogni ministero è occupato dal Ceo di una transnazionale. E’ l’esempio di governo mondiale delle corporations. Oggi è qui, però il progetto è quello di estendersi nel mondo. Hanno annullato l’empatia, hanno distrutto l’idea di politica, maneggiano un linguaggio da manager, vogliono facilitare la strada ai fondi avvoltoio mettendo il paese in agonia perché vengano a mangiare la sua carogna. Mentono sapendo di mentire perché di questo atroce dispositivo possono far parte settori del potere giuridico (Cristina Kirchner, la sua famiglia e i suoi principali funzionari subiscono gli stessi attacchi di Milagro), e naturalmente le grandi concentrazioni mediatiche, che hanno ucciso l’idea di giornalismo. Il giornalismo non esiste più salvo nei piccoli spazi indipendenti che non consentono di guadagnarsi da vivere, perché si tratta di lavoro quasi volontario, e per questo gli spazi indipendenti non possono competere con centinaia di media grafici, elettronici e digitali che non lavorano per informare ma per disinformare.
Quali conseguenze porterà Trump al continente latinoamericano?
Il decennio passato (quello di Chávez, Lula, Dilma, Evo, Correa, Néstor, Cristina, Lugo, etc.) è stato l’unico momento nella storia in cui la regione è cresciuta senza che al contempo aumentasse la disuguaglianza. Si è tracciata una rotta. Il lavoro, però, è rimasto incompiuto: sono stati dieci anni contro duecento di elitarismo egemonico. Però sono comparse Russia e Cina, i Brics. E il potere egemonico unipolare (in realtà non sappiamo se ad avere il potere oggi è Trump, non sappiamo chi manovra i fili. Le democrazie, tutte, oggi sono opache precisamente perché è morto il giornalismo) ha detto: basta con tutto questo. Bisogna fare piazza pulita. Colpi di stato “morbidi”: attraverso i media e i giudici partigiani, non abbiamo bisogno di militari tranne che per reprimere. Come contropartita, sono stati anni di molta coscienza storica e sociale, di molto tessuto collettivo in tutti i nostri paesi. Ma ora temo che ci sarà violenza e sarà dall’alto verso il basso, naturalmente, perché abbiamo imparato dall’esperienza degli anni ’70 e questa volta dobbiamo riformare le Costituzioni e sconfiggerli nelle urne. Dobbiamo ripensare la democrazia, e la libertà. Due parole che oggi non significano niente. Dobbiamo ridefinire i nostri sistemi politici, e far sì che le maggioranze storicamente silenziate abbiano voce, voto e potere decisionale. E’ un compito titanico, però si tratta di una posta in gioco storica e sappiamo che quel che non riusciremo a fare noi lo faranno i nostri figli.
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