Con Marino, ma anche contro. Maretta in Sel
ROMA Sul caso dei vigili assenteisti affiora il malumore dei vendoliani. Il capogruppo contro il vicesindaco: non possiamo arruolarci nella propaganda renziana contro i lavoratori pubblici
ROMA Sul caso dei vigili assenteisti affiora il malumore dei vendoliani. Il capogruppo contro il vicesindaco: non possiamo arruolarci nella propaganda renziana contro i lavoratori pubblici
A fianco del sindaco Marino ma anche contro Renzi. Posizione non facile quella della Sel Capitolina nella vicenda dei vigili urbani assenteisti. O presunti tali: le cifre delle assenze ingiustificate sono ballerine, ancora non è chiara la dinamica di quello che è realmente successo la notte di Capodanno; non è chiaro per esempio perché il comando della polizia municipale abbia fatto scattare la reperibilità solo alle 17 e 30 del 31 dicembre, quando già dal 27 il comando doveva essere nota la situazione dell’organico. A mettere una parola definitiva sui fatti reali e sui numeri sarà l’indagine interna del comandate Clemente, che dovrebbe concludersi in queste ore.
Mentre il Pd incrocia i ferri contro Grillo, che si è schierato con i vigili, anche in Sel, nel suo, comincia ad affiorare un po’ di maretta. Il vicesindaco Luigi Nieri, che ha la delega al personale ed è impegnato nella dura trattativa con i dipendenti comunali sulla vertenza del salario accessorio, per primo si è schierato a fianco del comandante Raffaele Clemente. E del sindaco Marino che è arrivato a ipotizzare il licenziamento per i vigili che non hanno risposto alla reperibilità senza certificarne la ragione. Ieri invece Gianluca Peciola, capogruppo di Sel al comune, ha incontrato un gruppetto di sindacalisti Cgil e ha annunciato su twitter che presto il suo partito organizzerà un incontro pubblico con le forze sindacali dei vigili e con tutti i dipendenti comunali. Al grido «basta strumentalizzazioni contro i lavoratori».
Nieri domenica scorsa ha spiegato il suo punto di vista: «La verifica dirà se quella dei vigili era una protesta o un’epidemia. Ma ora la vicenda è diventata nazionale, e non si debbono fare generalizzazioni sulle categorie», ha dichiarato domenica al manifesto. «Anzi i soli 138 in servizio hanno gestito egregiamente una situazione speciale, un concerto con 600mila persone in una notte gelida. Per difendere il diritto di sciopero sono pronto a farmi torturare. Ma dev’essere altrettanto chiaro che quando parliamo di pubblico parliamo di bene comune. Per me è sacro. Quindi non ci sono fannulloni, no alla sagra dei luoghi comuni. Ma anche no a chi a questi luoghi comuni presta il fianco». Il suo capogruppo invece la vede in maniera diversa. Sfumature? Non precisamente: l’amministrazione ha sbagliato modi e tempi: «Un sindaco che vuole bene alla città deve innanzitutto fare i complimenti a quelli che a capodanno hanno lavorato bene, e poi evitare la propaganda e avviare non una ma almeno due indagini interne», spiega Peciola: «Una sulla disorganizzazione evidente che si è verificata nel comando dei vigili urbani, un’altra su chi eventualmente ha contribuito a questa disorganizzazione». Insomma sì alla punizione degli assenteisti, ma anche un’esame di coscienza dell’amministrazione. E soprattutto del comandante della polizia locale di Roma Raffaele Clemente, il primo a far esplodere il caso con il suo comunicato di Capodanno. E invece Sel aderendo alla linea dura di Marino si è arruolata suo malgrado nel battage renziano tutto rivolto all’estensione del jobs act a ai dipendenti pubblici, rischierà presto di dover fare in parlamento una battaglia contro la delega Madia sulla Pubblica amministrazione a sua volta tutta ispirata alla vicenda romana. Insomma un pasticcio. «Quello che non può fare una forza con il nostro dna», conclude Peciola, «è partecipare al meccanismo del capro espiatorio, e assecondare l’immaginario che definisce il dipendente pubblico un sabotatore. Le cose non stanno così, la questione è politica, ha a che vedere con l’anima della città: Marino non può pensare di governare la città che soffre una crisi profonda, senza trovare un accordo con i dipendenti comunali, che sono una buona parte di quelli che la città la mandano avanti».
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