Comunicazione saltata e appalti, i nodi della strage
Puntuale Il treno che viaggiava probabilmente a 160 chilometri orari ha ucciso 5 operai al lavoro di notte nella stazione di Brandizzo
Puntuale Il treno che viaggiava probabilmente a 160 chilometri orari ha ucciso 5 operai al lavoro di notte nella stazione di Brandizzo
La voce metallica che arriva dall’altoparlante della piccola stazione di Brandizzo ripete in loop che la linea è bloccata per accertamenti dell’autorità giudiziaria. Lungo i binari vanno avanti e indietro inquirenti e addetti Rfi. È mezzogiorno, sono passate poco più di dodici ore dalla strage dei cinque operai travolti dal treno e il silenzio, qui, è assordante. Sulle rotaie, quelle dove stavano lavorando, c’è calce bianca. Chi ha visto la scena dopo l’impatto, con quei cinque corpi straziati, è ancora sconvolto. «Devastante», dice Paolo Bodoni sindaco del comune di 8mila abitanti a 19 chilometri da Torino, che è subito corso sul luogo dell’accaduto e ci è rimasto per ore, poi ha indetto il lutto cittadino.
A MORIRE SUL LAVORO in una notte di fine estate sono tutti lavoratori di una ditta appaltatrice esterna, la Sigifer di Borgo Vercelli: Michael Zanera, 34 anni, di Vercelli, che poco prima della tragedia aveva postato su TikTok un’immagine quasi premonitrice («È la prima volta che mi succede che mentre saldo la rotaia mi è uscito un crocifisso»); Giuseppe Sorvillo, 43 anni, proprio di Brandizzo («Era un giovane padre di due figli», racconta il sindaco); Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni, di Vercelli; Giuseppe Aversa, 49 anni, di Chivasso; Kevin Laganà, il più giovane, solo 22 anni, anche lui di Vercelli. «È sempre stato un grande lavoratore, da quando aveva 18 anni, con un sorriso brillante, educato e con tanta voglia di vivere», lo ricorda la cugina Cinzia in lacrime. «Assurdo sia tutto finito».
Lavoravano sui binari nei pressi della stazione di Brandizzo, stavano sostituendo alcune parti usurate di rotaia, quando intorno alle 23.50 sono stati investiti da un treno passeggeri vuoto, fuori servizio e in fase di spostamento sulla linea Torino-Milano. Il convoglio viaggiava ai 160 chilometri orari, che però è un dato ancora da appurare. Perché gli operai lavoravano su quel binario dove non era ancora stata interrotta la circolazione e perché i macchinisti sul treno non sapevano della presenza dei lavoratori? Sono tanti e troppi gli interrogativi sulla dinamica dell’incidente ancora irrisolti. La procura di Ivrea ha aperto un fascicolo per disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo a carico, per ora, di ignoti.
UNO DEGLI ELEMENTI su cui si stanno concentrando le indagini, oltre al rispetto della procedura di sicurezza, è l’errore di comunicazione, ma la procuratrice capo Gabriella Viglione ammette la complessità della situazione. Dovranno essere valutati i distinti ruoli di Rfi e di Sigifer, nonché tempi e modi nell’assegnazione dei lavori. Gli investigatori continuano a raccogliere materiali utili, ascoltando i primi testimoni. Tra questi, come persone informate sui fatti, i due macchinisti che si trovavano a bordo del convoglio e che dopo l’incidente sono stati portati all’ospedale di Chivasso sotto choc, così come i due operai rimasti illesi, sopravvissuti alla tragedia perché fortunatamente non colpiti dal treno.
«Per quanto riguarda la velocità del treno investitore, le condizioni della linea gli consentivano in quel tratto di raggiungere una velocità massima di 160 km/h. La questione è altra: i lavori – secondo procedura – sarebbero dovuti iniziare soltanto dopo il passaggio di quel treno», dichiara Rfi che annuncia un’indagine interna (il ministero dei Trasporti varerà, invece, una commissione). «Questo genere di interventi di manutenzione, che nello specifico riguardavano il cosiddetto armamento (binari, traverse, massicciata), Rfi le affida anche a imprese esterne qualificate e certificate, e si eseguono come previsto in assenza di circolazione dei treni. Il cantiere – aggiunge Rfi – può essere attivato, quindi, soltanto dopo che il responsabile della squadra operativa del cantiere, in questo caso dell’impresa, ha ricevuto il nulla osta formale ad operare, in esito all’interruzione concessa, da parte del personale abilitato di Rfi».
Il ricorso agli appalti è in realtà uno dei metodi classici per ridurre i costi, ne fanno però le spese lavoratori e sicurezza. «Tra Pnrr, lavori ordinari e straordinari il bisogno di manutenzione nelle ferrovie – spiega Giuseppe Santomauro, segretario generale Filt Cgil Piemonte – è aumentato del 200%. Non si può esternalizzare tutto, c’è bisogno di formazione per il personale interno. Il motivo dell’esternalizzazione è economico, risparmi sull’appalto e questo si scarica su costo del lavoro e sicurezza, è da mesi che lo diciamo. Domani (oggi, ndr) doveva esserci un incontro in Piemonte con Rfi proprio sul tema manutenzione».
A PROPOSITO DELLA SIGIFER – società che opera nel settore dell’armamento ferroviario dal 1993 – è emerso, da un veloce controllo online sul loro sito, come il certificato di sicurezza sul lavoro fosse scaduto il 27 luglio scorso. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che era in Piemonte per inaugurare una targa dedicata ad Altiero Spinelli a Torre Pellice, ha voluto recarsi a Brandizzo sul luogo della strage, depositando dei fiori. Per questa regione è una nuova Thyssen, ed è lo spettro che torna nelle parole di molti: «Sono passati sedici anni, avevamo detto “mai più Thyssen” e invece assistiamo a un’ennesima tragedia sul lavoro. Forse era solo uno slogan di quel momento», commenta amaramente Antonio Boccuzzi, sopravvissuto alla strage Thyssenkrupp del dicembre 2007 e diventato poi deputato Pd. «C’è un tempo che trascorre e le cose negative restano ferme, questo mi amareggia molto. Complice anche il mancato rispetto della sentenza Thyssen, c’è come un senso di impunità».
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