Commissione Ue impotente sullo stato di diritto
Bruxelles Pubblicato il primo Rapporto annuale. Si annacquano i criteri per il Recovery Fund. Anche l’Italia nel mirino per il conflitto di interessi nei media e per il trattamento a cui sono sottoposte le ong
Bruxelles Pubblicato il primo Rapporto annuale. Si annacquano i criteri per il Recovery Fund. Anche l’Italia nel mirino per il conflitto di interessi nei media e per il trattamento a cui sono sottoposte le ong
Il primo Rapporto annuale sullo stato di diritto nella Ue «dipinge un quadro deprimente» sul rispetto dei diritti fondamentali tra i 27 stati membri. È il giudizio che ha dato ieri il gruppo S&D sul dossier della Commissione che ha delineato un quadro completo della situazione, in quattro aree: indipendenza del sistema giudiziario; lotta alla corruzione; pluralismo dei media; peso dei contropoteri.
La Commissione ammette di avere «poteri limitati» ed è obbligata a rivedere al ribasso le ambizioni di fronte al muro dell’ostruzionismo che stanno elevando i peggiori allievi, che rifiutano le «condizionalità» sul rispetto dello stato di diritto per il versamento del Recovery Fund e ora stanno bloccando la procedura, «prendendo in ostaggio la Ue», secondo Greenpeace: si tratta di Polonia e Ungheria, a cui si è aggiunta la Slovenia, che ha un report molto negativo su tutti i fronti.
IERI, IL CONSIGLIO ha proposto una formula molto annacquata per aggirare l’ostacolo del veto alle «condizionalità» ed evitare il blocco della procedura di approvazione del Recovery Fund e del bilancio 2021-2027, a partire dal voto a maggioranza. Il difetto del Rapporto della Commissione è che non propone nessuna raccomandazione concreta per migliorare la situazione e tanto meno eventuali «sanzioni». Addirittura, il Rapporto è un’ammissione di impotenza rispetto alle procedure in corso contro Polonia e Ungheria sulla base dell’articolo 7: da quando sono state avviate, in questi due paesi non c’è stato nessun miglioramento.
La Ue, che all’articolo 2 del Trattato stabilisce che il rispetto dello stato di diritto è un principio fondamentale, che ha «un impatto diretto sulla vita dei cittadini», si rende conto di non poter impedire derive verso «democrazie illiberali» al suo interno.
Nel Rapporto sono spesso citati i termini i termini concern e serius concerns, quando la Ue esprime forte preoccupazione: in testa è la Polonia, con 28 ricorrenze, segue la Bulgaria con 16, per l’Italia ci sono 6 «preoccupazioni» (come per la Germania), 3 per la Francia.
Ci sono grandi differenze tra i 27. Anche nella percezione dei cittadini: per esempio, secondo l’Eurobarometro in soli 6 paesi c’è un’alta percezione dell’indipendenza della giustizia, più del 75%, mentre in alcuni questa percentuale cade sotto il 20%. In Italia è il 31%. Il 71% degli europei pensa che la corruzione si diffonda nei rispettivi paesi, per il 42% è addirittura in crescita.
L’indipendenza della giustizia resta una «questione preoccupante» in molti stati (Ungheria, Polonia, Bulgaria, Romania, Croazia, Slovacchia), mentre in altri, da Malta all’Irlanda, c’è attesa di vedere gli effetti di misure a favore di una maggiore trasparenza. Per l’Italia c’è la preoccupazione dei tempi troppo lunghi della giustizia. La corruzione resta un punto nero e tocca una maggioranza di paesi, si va dal lassismo di fronte al riciclaggio di denaro sporco fino all’assassinio di giornalisti che ne hanno denunciato le derive, come a Malta nel caso di Daphne Caruana Galizia e in Repubblica ceca con la morte di Jan Kuciak e della findanzata Martina Kusnirova.
L’INDIPENDENZA DEI MEDIA è un altro punto dolente. E qui l’Italia ha molte carenze: mancano norme precise sul conflitto di interessi, in particolare nell’audio-visivo, ci sono state delle sentenze con condanne al carcere per diffamazione, c’è un rischio «medio» per l’indipendenza dei media dalla politica, l’esistenza dell’Ordine dei giornalisti rivela che «l’accesso alla professione non è totalmente aperto», c’è preoccupazione per attacchi «fisici» a giornalisti (12 allerte tra 2019 e 2020). L’Italia è anche carente sui contropoteri, manca un’Autorità sui diritti umani. Il Rapporto critica il trattamento a cui sono sottoposte le ong, in particolare quelle che si occupano di migranti, subiscono una «narrativa negativa» e sono spesso impedite a svolgere il loro lavoro.
Il Rapporto mette in evidenza come la crisi del Covid sia stata «un test reale per la resilienza dei sistemi nazionali», con misure di emergenza, che Bruxelles ha valutato se limitate nel tempo (in Italia lo stato di emergenza è fino al 15 ottobre, un periodo estremamente lungo), se necessarie e proporzionali, come hanno influito sulla libertà dei media, poiché molto spesso l’infodemic è stata utilizzata come pretesto per limitarla.
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