Internazionale

Commissione Onu: crimini di guerra a Gaza, intervenga Corte penale internazionale

Commissione Onu: crimini di guerra a Gaza, intervenga Corte penale internazionale

Margine Protettivo Reso pubblico ieri il rapporto della Commissione incaricata dal Consiglio dell'Onu per i Diritti Umani di indagare sui 51 giorni di conflitto tra Israele e Hamas nel 2014. La giudice Mary McGowan Davis ha riferito delle responsabilità di Israele ma ha messo sotto accusa anche il movimento islamico. Intanto suscita sdegno nella Striscia la fuga di Mahmoud Salfiti, uno degli assassini di Vittorio Arrigoni

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 23 giugno 2015
Michele GiorgioGERUSALEMME

È un’inchiesta di eccezionale importanza quella pubblicata ieri dalla Commissione nominata dal Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani per indagare sull’offensiva israeliana “Margine Protettivo” e il conflitto a Gaza della scorsa estate. Un’inchiesta che sarà la base di possibili iniziative della Corte penale internazionale. Tuttavia in essa si scorgono i riflessi delle pressioni diplomatiche esercitate dallo Stato di Israele che, peraltro, una decina di giorni fa si è autoassolto con un rapporto sulla guerra di Gaza in cui addossava ogni responsabilità ad Hamas. Rapporto preceduto da una dichiarazione di “non colpevolezza” di Israele firmata da ex capi di governo, ministri e comandanti militari occidentali, tra i quali due italiani, l’ex capo di stato maggiore Camporini e l’ex responsabile degli esteri Giulio Terzi. Se da un lato il team guidato dalla giudice americana Mary McGowan Davis non manca di riferire le conseguenze delle ampie operazioni militari israeliane, dall’altro di fatto mette sullo stesso piano gli attacchi contro Israele lanciati dal movimento islamico Hamas e da altre fazioni palestinesi. «Sono credibili le accuse di crimini di guerra commessi sia da Israele che dai gruppi armati palestinesi» è scritto nel rapporto, in cui «si invita la comunità internazionale a sostenere il lavoro della Corte penale internazionale sui Territori occupati».

McGowan Davis ha sottolineato che la sofferenza umana a Gaza è stata senza precedenti e «avrà un impatto sulle generazioni future». Ha quindi parlato di un uso sproporzionato della forza da parte di Israele e riferito che l’inchiesta ha accertato che in 51 giorni di operazioni militari «sono stati uccisi 1462 civili palestinesi, un terzo dei quali erano bambini». «Il conflitto – ha affermato – ha visto un enorme aumento del fuoco usato a Gaza, con oltre 6000 raid aerei e circa 50 mila colpi da terra…Il fatto che Israele non rivide la pratica dei raid aerei, neanche dopo che i loro effetti sui civili divennero evidenti, solleva la questione se questa fosse parte di una politica più ampia approvata, almeno tacitamente, dai più alti livelli del governo israeliano”. Il rapporto però non avvalora in modo esplicito la denuncia palestinese sul fuoco indiscriminato fatto dalle forze armate israeliane sui centri abitati. Al contrario la Commissione sembra addossare l’accusa di intenzionalità soprattutto ai gruppi armati palestinesi. Questi ultimi, ha spiegato McGowan Davis, hanno lanciato 4881 razzi e 1753 colpi di mortaio su Israele, uccidendo 6 civili e ferendone 1600. Il «lancio indiscriminato» di migliaia di razzi e colpi di mortaio, secondo la Commissione, aveva «l’obiettivo di diffondere il terrore tra i civili israeliani». I residenti vicino alla Striscia, prosegue il rapporto, «sono stati traumatizzati» dalla scoperta di 14 tunnel da Gaza per Israele e «dal timore di poter essere attaccati in qualsiasi momento da uomini armati che sbucavano dal terreno».

Pur essendo poco credibile la spiegazione data dai dirigenti di Hamas, che hanno parlato di razzi e colpi di mortaio indirizzati sempre verso postazioni e basi militari israeliane ma caduti ovunque perchè le armi palestinesi non sono sofisticate, allo stesso modo il rapporto sopravvaluta l’intenzionalità palestinese e ridimensiona quella israeliana. Eppure molte decine di testimonianze raccolte dall’Ong israeliana “Breaking the Silence” tra ufficiali e soldati che hanno partecipato a “Margine Protettivo” dicono proprio il contrario. La Commissione d’inchiesta non sembra aver dato il giusto peso all’immensa differenza di potenza di fuoco tra le due parti, che pure è confermata dalle distruzioni e dal numero delle vittime civili: 1462 palestinesi e sei israeliane (oltre a un lavoratore asiatico, gli altri 66 morti israeliani sono soldati caduti in combattimento). Per Israele in ogni caso il rapporto è totalmente sbilanciato. Il Consiglio dei diritti dell’uomo di Ginevra, si afferma in un comunicato, soffre «di una singolare ossessione per Israele». Benyamin Netanyahu ha negato che il suo Paese abbia commesso crimini di guerra a Gaza perchè, ha detto il premier, «Israele si difende dal terrorismo». L’Anp di Abu Mazen, da parte sua, sostiene che il rapporto dell’Onu debba essere sottoposto alla Corte penale internazionale. Anche Hamas nega di aver commesso crimini di guerra ma un suo portavoce, Sami Abu Zuhri, assicura che esperti del movimento islamico si riservano di valutare in dettaglio i risultati dell’inchiesta.

Il rapporto della Commissione dell’Onu è stato pubblicato mentre a Gaza si diffondeva un’altra notizia, molto inquietante. Uno degli assassini dell’attivista e reporter Vittorio Arrigoni sarebbe scappato per rifugiarsi in Siria, o in Libia secondo un’altra versione, e per combattere assieme allo Stato islamico. Mahmoud Salfiti, membro di una cellula del gruppo salafita Tawhid wal Jihad – condannato all’ergastolo e poi in appello a 15 anni di reclusione – aveva ottenuto un permesso per lasciare il carcere durante il mese di Ramadan. Sarebbe scomparso qualche ora dopo il suo rilascio e avrebbe lasciato la Striscia attraverso un tunnel o addirittura per il valico di Rafah con l’Egitto grazie a un passaporto falso. Non è però escluso che Salfiti sia ancora a Gaza e che i suoi complici abbiamo riferito della sua fuga dalla Striscia per depistare la polizia. Le autorità di Hamas ieri sera non avevano ancora commentato o confermato la notizia.

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