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Comisso, superomismo e vena lirica, rarità fiumane

Cartina topografica di Fiume tratta dall’handbook for travellers di Karl Baedeker Austria-Hungary, Lipsia 1911Cartina topografica di Fiume tratta dall’handbook for travellers di Karl Baedeker Austria-Hungary, Lipsia 1911

Novecento italiano Dal periodo «dannunziano» trascorso da Comisso a Fiume, una raccolta variegata di testi tra politica, arte e società: «Italia ingrata», La nave di Teseo

Pubblicato 8 minuti faEdizione del 29 settembre 2024

«Nel cuore, senza che io sappia, mi si è fatta una voce sincera». Questa svagata ammissione di Giovanni Comisso, riguardante quell’aura di leggerezza, quell’atteggiamento passionale che contrassegnano tutte le sue prove narrative, è ora leggibile in Italia ingrata Scritti da Fiume (pp. 368, € 22,00). Il volume, ben curato da Alessandro Gnocchi, continua la sistematica riproposta delle opere dello scrittore trevigiano intrapresa dalla Nave di Teseo. Si tratta di un’antologia che raccoglie testi giovanili, inediti o rari, riconducibili all’esperienza fiumana, le cui vicissitudini furono celebrate nel Porto dell’amore, pubblicato giusto un secolo fa dalla Stamperia Vianello di Treviso a proprie spesee (Comisso, a suo dire, ci rimise anche l’impermeabile). Nel libretto, diventato una ricercata rarità bibliografica, si rievocano le scorribande fiumane stimolate dal consumo di alcol e cocaina, dalle pratiche naturiste e dalle schermaglie erotiche, approntate con Guido Keller, «segretario d’azione» di D’Annunzio durante la «Reggenza italiana del Quarnaro». Questi era un temerario aviatore, coinvolto nella mitica squadriglia di Francesco Baracca. Venne immortalato in una foto che lo ritraeva nudo nelle sembianze di Nettuno mentre si teneva in equilibrio, con tanto di barba fluente e tridente, sopra un minuscolo scoglio affiorante dal mare. Con Keller, l’unico che poteva permettersi di dare impunemente del tu al Vate, lo scrittore diede vita alla rivista «Yoga», di cui uscirono soltanto quattro numeri, a cadenza settimanale, tra il 13 novembre e il 4 dicembre 1920. Lo stesso Comisso, in un passo delle Mie stagioni, ricorda quell’esperienza: «Così il nostro movimento venne chiamato Yoga e Keller vi aggiunse questa formula: “Unione di spiriti liberi tendenti alla perfezione”».

La trascrizione integrale di quei quattro numeri è ora leggibile in «Yoga». Sovversivi e rivoluzionari con D’Annunzio a Fiume di Simonetta Bartolini, pubblicato nel 2019 da Luni. La nascita della rivista avvenne il giorno dopo la firma del trattato di Rapallo che, di lì a poco, avrebbe portato alla risoluzione della disavventura fiumana attraverso il cosiddetto «Natale di sangue».

I contributi accolti in Italia ingrata, conservati nel ricchissimo Fondo Comisso della Biblioteca Civica di Treviso, ancora impregnati di superomismo nietzschiano, sono suddivisi in sezioni articolate, attinenti al primigenio contesto editoriale. Il tono medesimo è alquanto variegato: si passa da impressioni di ascendenza visionaria, derivante dalle «illuminazioni» rimbaldiane o dal modello delle Orchestrine di Arturo Onofri, a più generiche considerazioni di natura politica e morale laddove non si disdegna di fare il panegirico del perfetto legionario. D’altronde si predicavano una sfilza di discipline significativamente precedute dal prefisso «anti»: antiparlamentarismo, antipartitismo, antimperialismo, antieuropeismo.

Uno dei momenti più compiuti dell’antologia riguarda l’inclusione del Solstizio metafisico, apparso postumo nel 1999, a cura di Annalisa Colusso, per Il Poligrafo. Questa raccolta contiene poco meno di un centinaio di brevi prose, opportunamente riviste dall’autore, tendenti ora all’accensione epifanica («Leggeri come saltimbanchi gli uomini nudi stavano sul prato») ora a un dettato di stampo speculativo, nell’evidente intento di sondare tematiche differenziate. Non di rado i motivi riguardano il concetto di arte metafisica, argomento di dibattito allora in voga presso svariate riviste, tra cui «Valori plastici». Vengono inoltre accolti gli articoli redatti in forma anonima per «Yoga» (Comisso si firmava con un simbolo grafico simile a un 8 orizzontale) in cui la vena lirica dell’autore trevigiano si alterna a digressioni di natura sociologica e politica, anche se tali discipline risultano poco congeniali a un affabulatore del calibro di Comisso.

Un esempio è la definizione degli «ametafisici», ovverosia «coloro i quali non sanno togliere il proprio cervello dalla propria pancia». Ma non mancano tentativi di approfondimenti esegetici, piuttosto sui generis, riguardanti Giotto e il sodale Filippo De Pisis (si veda, di ben altro tenore, il Mio sodalizio con De Pisis, stampato da Garzanti nel 1954), senza dimenticare gli omaggi al giornalista Mino Somenzi su «La testa di ferro» e «L’ardito», fogli considerati tipiche espressioni del fiumanesimo futurista e dell’arditismo.

Nel dialogo «Della scultura dissepolta» si fronteggiano Alpinolo Porcella, Giorgio de Chirico e lo stesso De Pisis, imbastendo una sequela di osservazioni su arte classica e pittura metafisica. Non è un caso che il medesimo senso di sospensione presente nelle tele dei suoi amici compaia anche in certi stralunati interludî comissiani: «Rimango insensibile a guardare la vita come fosse un’antica stampa». I brani si susseguono con la stessa naturalezza dell’uomo che cammina «con passo agile e con gli occhi pieni di cielo», nonostante qua e là risentano di quella sprezzatura formale che, con il tempo, diventerà una delle indiscutibili prerogative della prosa comissiana.

È qui presentata anche La virtù leggendaria, raccolta in origine pubblicata da Rebellato nel 1957, dove a sua volta confluirono le Poesie, plaquette licenziata dalla Stamperia Zoppelli nel 1916, a cura dell’amico Arturo Martini. Quest’ultimo, considerato un pericoloso bohémien dai suoi concittadini, aveva edificato l’atelier in cima a una delle torri medievali di Treviso. Il volumetto, riprodotto in anastatica fuori commercio nel 1995 dalla Libreria Canova, presenta una xilografia dello stesso Martini riproducente il profilo stilizzato di Comisso e una decina di liriche dal tono piuttosto acerbo. L’opuscolo divenne raro a causa dei genitori che, vergognandosi di quel coinvolgimento filiale con le Muse, provvidero a far scomparire le copie circolanti in città, approfittando dell’assenza dello scrittore, impegnato al fronte in qualità di ufficiale telegrafista, esperienza poi documentata in Giorni di guerra.

Comisso rimaneggiava a più riprese i propri componimenti, spesso relegandoli in contesti editoriali differenti. Contini parlò al riguardo di «disperazione del bibliografo». Troviamo così frammenti che ricorrono insistentemente da una sezione all’altra, compresi alcuni testi scartati dalla succitata Virtù leggendaria, ritrovati in una cartella del Fondo Comisso con il titolo «Aboliti e inediti». Il volume si chiude con il dittico composto dal saggio D’Annunzio a Fiume e dalla breve pièce teatrale Italia ingrata, ambientata tra i legionari. Entrambi i contributi apparvero nel n. 21 del 1° novembre 1941 della rivista «Primato».

Pressoché contestualmente Ronzani Editore ristampa l’ormai classica biografia di Nico Naldini Vita di Giovanni Comisso (pp. 456, € 26,00), uscita nel 1985 nella collana dei «Saggi» einaudiani e riproposta nel 2002 dall’Ancora del Mediterraneo. Ottimamente curato da Francesco Zambon, il lavoro di Naldini si basa sul recupero di brani esemplari di Comisso messi in relazione con estratti di lettere di De Pisis, facendo da collante fra queste due variabili. Il libro contiene una serie di apparati mancanti alla princeps einaudiana, tra cui un cammeo di Goffredo Fofi e una recensione di Goffredo Parise, apparsa sul Corriere della Sera il 20 aprile 1985. L’autore dei Sillabari considera gli impulsi omoerotici di Comisso, investigati con rara empatia da Naldini, latori di una «pansessualità pagana, disobbediente a ogni religione istituzionale e a ogni ideologia d’obbligo». In appendice compare un’intervista a Naldini effettuata da Nicola De Cilia in cui si ricorda l’incontro e la frequentazione con questo maître à penser eterodosso, la cui poetica sorgiva si contrappone all’engagement del cugino Pasolini. Fu Comisso a procurare al giovane amico l’impiego presso Longanesi, editore che appronterà negli anni sessanta l’opera omnia in 14 volumi, contrassegnata da evidenti lacune, ma anche da impareggiabile perizia grafica.

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