Comencini, vocazione di un regista
Segugi e divani Luigi Comencini «Davvero un bel mestiere! Infanzia, vocazione, esperienze di un regista», Baldini&Castoldi, Milano, pp. 246, euro 15.00. Cinefilo, critico militante, fotogiornalista, autore/artigiano a lungo sottovalutato ma da qualche anno […]
Segugi e divani Luigi Comencini «Davvero un bel mestiere! Infanzia, vocazione, esperienze di un regista», Baldini&Castoldi, Milano, pp. 246, euro 15.00. Cinefilo, critico militante, fotogiornalista, autore/artigiano a lungo sottovalutato ma da qualche anno […]
Luigi Comencini «Davvero un bel mestiere! Infanzia, vocazione, esperienze di un regista», Baldini&Castoldi, Milano, pp. 246, euro 15.00.
Cinefilo, critico militante, fotogiornalista, autore/artigiano a lungo sottovalutato ma da qualche anno in grande recupero, Luigi Comencini è una figura-chiave del cinema italiano alle prese con il sistema (cinema e poi tv). Anche dopo Pesaro 2007, sarebbero tanti i suoi film da recuperare a un’attenzione più ravvicinata, ma nessuno forse straordinario come «La ragazza di Bube», uno dei più bei ritratti femminili degli anni sessanta con una notevole Claudia Cardinale che finalmente parla con la sua voce. «Stupenda proprio perché afona, grigia, velata, corregge in qualche modo la sua prepotente, rigogliosa, animalesca bellezza: la umanizza, la spiritualizza, la rende amica e dolorosa» (Soldati).
Francesco Carrà, Marcello Zuccotti, «Come nascono i comici. Dal Derby allo Zelig 60 anni da ridere», Haze, Milano, pp. 254, euro 20.00.
Di intervista in intervista, il libro ripercorre la mappa di una Milano da ridere che dal palchetto del Derby di via Monte Rosa, dove sono passati tutti, va al bar Giamaica di via Brera, mentre la scommessa della storia orale si conferma produttiva e divertente. O addirittura irresistibile come quando Enzo Jannacci prende la chitarra e canta «L’ombrello di mio fratello», o Cochi e Renato nelle trattorie dei Navigli intonano i canti anarchici e di protesta: «S’affondano le mani nelle casse/crac! si trovano sacchetti pieni d’oro/crac! e noi per governare, come fare? Rubar, rubar, rubar, sempre rubare!». Storie e preistorie di un cabaret in ebollizione, sorprendente e surreale, che finirà in tv e in parte anche al cinema. Con alterne fortune.
Charlotte Rampling con Christopher Bataille, «Io, Charlotte Rampling», trad. It. Camilla Diez, 66thand2nd, Roma, pp. 114, euro 18.00.
Spregiudicata, enigmatica, trasgressiva, la sua immagine con berretto da ufficiale delle SS, guanti di pelle nera, bretelle sul seno nudo di «Il portiere di notte» di Liliana Cavani fa il giro del mondo. Ma Charlotte sa sottrarsi al ricatto dell’icona con la versatile duttilità delle sue apparizioni successive. Tra i ruoli più memorabili c’è Dorrie, l’amante del regista in crisi di «Stardust Memories» di Woody Allen, che dice di lei: «È divina! Una magnifica attrice. È così bella, così sexy, così interessante, così nevrotica». Quando nel prefinale l’obiettivo di Gordon Willis, che gira in un raffinato bianco e nero virato in seppia, ne riprende il volto, i grandi occhi verdi giada, le confessioni, i pensieri, le emozioni in brevi sequenze, in immagini scomposte e frammentarie, sembra quasi un omaggio al cubismo.
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