La filiera del trasporti nei container è diventata una sorta di mistica del capitale, un sottomondo a parte misteriosissimo, fantasmatico, come se «la merce fosse spirito e non materia», un mondo opaco dove «una nave di proprietà greca, costruita in Corea, noleggiata da un operatore danese che impiega marittimi filippini tramite un agente cipriota» diventa di fatto un fantasma metamorfico. A inseguire questo groviglio di intrecci un giovane autore casertano, Andrea Bottalico, e un libro di rara capacità investigativa e tenuta di scrittura nell’oggettività del reportage, Le frontiere del mondo (Edizioni dell’Asino, euro 10,99), dove si intrecciano oscuri poteri transnazionali, sottoboschi malavitosi e nuovi schiavitù del mondo del lavoro.

Perché quella nave di cui si parla in questo libro come paradigmatica «può essere registrata a Panama e assicurata e nel regno Unito, e potrebbe trasportare merci lecite o illecite in nome di uno spedizioniere più o meno ufficiale da un porto olandese all’Argentina, attraverso terminal container dati in concessione a operatori portuali provenienti da Singapore a Dubai», un mezzo che s’iscrive in una geografia vasta, articolata e una rete complessa di rapporti e interessi da spy story.

NEL MONDO CAPITALISTICO e nei suoi molteplici mercati sparsi per il mondo esiste un unico imperativo, la merce non può fermarsi, e tutto l’esoterico meccanismo del trasporto è al suo servizio con «segretezza e anonimato», come ci ricorda l’autore, «l’idea stessa dell’invisibile». Bottalico usa appunto la tecnica del reportage investigativo, vive la scoperta sul campo insieme a chi legge, registra, congettura, riannoda fili dispersi, cerca di dare una fisionomia narrativa a quello che chiama «caos organizzato» con una scrittura scarna, essenziale, di dimessa efficacia. Suggeritore, eminenza grigia e grande conoscitore di questo Far West via mare, fatto di carichi e scarichi continui, di intermediari e «armatori senza navi», oppure «architetti dei trasporti» una figura inventata dalla realtà, una sorta di suggeritore occulto chiamato il professore, al quale l’autore si rivolge per penetrare ambienti o disbrigare matasse di senso.

Le geografie di questo libro sono molte, la prima è Genova dove Bottalico incontra «il Manna», che sembra il personaggio di un romanzo di Jean-Claude Izzo, camallo figlio di camalli, «risata contagiosa, parecchi tatuaggi, una barba da hipster e la bestemmia facile», che gli spiega «l’avvento del container inarrestabile», l’organizzazione della circolazione globale, l’intermodalità come «affermazione dell’invisibilità», gli parla dei flussi che rendono «simultanei gli eventi» e il porto dentro una rete di frontiere sparse in tutto il mondo dove finisce la distanza, perché «da Genova Voltri si vede il Sud America, si vede Singapore». L’autore usa il grimaldello del «romanzesco» senza mai cedere alla finzione vera e propria, lo fa per attrarre il lettore e legare ancor di più alcuni personaggi della realtà al mondo misterioso della filiera del container.

PERSONE che si trasformano in personaggi memorabili come «il Comandante», magnate del trasporto marittimo, napoletano trapiantato in Svizzera, schivo, inafferrabile e noto come «il combattente invisibile», personaggio enigmatico che vede a Gioia Tauro e insegue a Anversa, o picari come l’italiano Giacomino o il corso Sinibaldi, incontrati al porto inquinatissimo di Marsiglia, «un’Itaca postindustriale». L’autore viaggia come viaggiano le merci, le insegue a Beirut, «un check-point impenetrabile, circondato da abusi edilizi, da uomini armati che stazionano agli ingressi e alle uscite», inviolabile, o ad Anversa, dove come negli altri porti incontra operai come l’avvinazzato Kevin, uno degli «organizzatori dell’improvvisazione» abbrutiti dall’alcol e dal lavoro massacrante, e il «chirurgico» dottor Keerlandt «occhi di ghiaccio» che sotto il suo comando muove otto milioni di box l’anno. L’ultima tappa è Rotterdam, il primo scalo d’Europa, con il terminal container automatizzato, il «set di un film di fantascienza fatto di navi, gru, container e androidi» che rappresenta il futuro sempre più espansivo, ma che all’autore appare dal mare come «un monumento alla follia».

Questo di Bottalico è un reportage d’inchiesta, un affresco di come si muovono le merci dell’economia globale, ma anche un grande intreccio di storie umane straordinarie di oscuri magnati, cinici manager, facchini e autotrasportatori avventuristi, raccontati con piglio letterario, un libro che sarebbe piaciuto ad Alessandro Leogrande.