L’antisemitismo è un fenomeno complesso che, nel corso dei secoli, ha avuto origine da un insieme di fattori di natura religiosa, antropologica, economica e sociale. Non si tratta dunque di qualcosa che tende a svilupparsi in maniera autonoma manifestandosi poi di colpo né della conseguenza inevitabile dell’odio nutrito dai cristiani nei confronti degli ebrei. Lo storico tedesco Ulrich Wyrwa, docente presso l’Università di Potsdam, nel libro Come si crea l’antisemitismo. La stampa cattolica italiana fra Otto e Novecento: Mantova, Milano, Venezia (Giuntina, pp. 94, euro 12) ne individua le fasi iniziali e successive nei radicali mutamenti provocati, nell’Europa del XIX secolo, dall’impetuoso processo di industrializzazione.

È STATO A SUO PARERE allora che il livore antisemita ha assunto un carattere laico e si è rinvigorito in virtù dell’operato di alcuni attori ben riconoscibili: uno dei quali, in Italia, è stata la Chiesa cattolica nel cui ambito – di fronte a simili sconvolgimenti – si avvertiva la necessità di trovare un capro espiatorio e se ne attribuiva la responsabilità ai «giudei» alimentando così una nuova forma di animosità volta a colpirli.

DOPO AVER PRESO in esame le pubblicazioni giornalistiche di ispirazione cattolica uscite a Mantova, Milano e Venezia, lo studioso mostra in modo inequivocabile come il risentimento antiebraico non sia stato propagandato soltanto dalle alte gerarchie romane ma abbia avuto una notevole diffusione anche per opera del clero delle diverse zone selezionate e sottoposte a indagine.

È inoltre interessante notare, al riguardo, la valutazione che – nell’Europa dell’800 – venne effettuata sul rapporto tra antigiudaismo cristiano e antisemitismo laico. Alcuni osservatori dell’epoca lo considerarono cioè un fenomeno inedito; secondo altri non si trattò, invece, che di un ritorno all’odio di matrice religiosa – risalente al medioevo – del quale erano state per secoli vittime gli israeliti.

PER INDAGARE un simile rapporto e, soprattutto, le peculiarità che esso assunse tra il XIX e il XX secolo, Wyrwa ha dunque proceduto a un rigoroso esame delle fonti: una disamina che gli ha consentito di mettere in rilievo per un verso la gradualità della produzione del lessico antiebraico, per l’altro la profondità con la quale la formulazione laica dell’antisemitismo è stata influenzata dal clero cattolico: in particolare dal suo linguaggio e dalla sua visione del mondo. «La chiave di questa ricerca è costituita dall’analisi dell’uso specifico delle parole, delle innovazioni semantiche e delle loro dimensioni semiotiche», sottolinea lo storico.

Dal «Cittadino di Mantova» al milanese «Osservatore cattolico» fino al veneziano «La Difesa», documenta come siano stati assai numerosi i giornalisti cattolici a fare proprio il vocabolario dell’ostilità antiebraica in tutta la gamma delle sue sfumature e non manca di precisare, in seguito, come questi ultimi si siano allontanati dalle tematiche religiose per indirizzarsi verso i motivi dell’antisemitismo secolare, che insisteva sul presunto ruolo dominante svolto dagli israeliti nell’amministrazione pubblica, nella società e nell’economia.

IN CONCLUSIONE: la retorica antisemita si fece strada – nella cultura politica italiana degli ultimi decenni dell’800 – accompagnandosi sovente a un odio feroce rivolto tanto verso il liberalismo quanto nei confronti del socialismo. Nelle sue diverse connotazioni, sarebbe rimasta a lungo ben presente nella pubblicistica del nuovo secolo.