Come riformare la ragione scientifica per non ridursi a una medicina senza qualità
La medicina oggi dispone di mezzi e di conoscenze che non ha mai avuto prima ma la sua ragione scientifica è inadeguata rispetto alle nuove complessità rappresentate dal malato, dalla […]
La medicina oggi dispone di mezzi e di conoscenze che non ha mai avuto prima ma la sua ragione scientifica è inadeguata rispetto alle nuove complessità rappresentate dal malato, dalla […]
La medicina oggi dispone di mezzi e di conoscenze che non ha mai avuto prima ma la sua ragione scientifica è inadeguata rispetto alle nuove complessità rappresentate dal malato, dalla società e dall’economia. Essa è potente perché vince la morte evitabile, regressiva perché comprende la malattia ma non l’uomo malato, dispendiosa perché curare costa. Complessità, regressività e dispendiosità.
Eppure sino ad ora niente è stato capace di affrontare i problemi della medicina mettendo insieme queste tre parole. Le medical humanities hanno tentato di intervenire sulla regressività ma trascurando i problemi della complessità e ignorando quelli della dispendiosità. La medicina amministrata nelle sue varie forme (il manifesto del 21 aprile 2016) sta tentando di intervenire sulla dispendiosità, ma ignorando complessità e regressività.
Le deontologie sono senza alcuna eccezione del tutto spiazzate rispetto a tutte e tre le cose.
L’università è prigioniera di una vecchia idea positivista di scienza per cui ignora il concetto di complessità, snobba il problema della dispendiosità, e riduce la regressività ad una idea solo di aggiornamento scientifico.
Per la medicina il nostro tempo non ha un pensiero riformatore.
L’unico modo per rendere la medicina adeguata al nostro tempo è ripensare la sua ragione scientifica cioè il suo modo di conoscere di ragionare e di fare. Semplicemente medici più capaci.
Mai come in questo momento la sanità è piena di predicatori, precettori, redentori che vogliono ragionare per conto del medico, tutti a dirgli come deve curare il suo malato. La ragione medica per costoro non è in discussione e il problema non sono i ragionamenti ma i comportamenti scorretti.
Ritenere che la razionalità scientifica della medicina sia immune da aporie è il più grosso imbroglio del nostro tempo, il più detestabile segno di ignoranza, di presunzione e di pigrizia intellettuale. Senza scomodare il dibattito sulla scienza che ha caratterizzato il ’900, per capire le sue insufficienze basta confrontarla con i problemi del nostro tempo.
Molti costi eccessivi della medicina derivano dalla sua regressività culturale e gran parte di questa regressività è causata da visioni riduttive e dall’incapacità di conoscere la complessità attraverso le relazioni. Per cui quelli che i più considerano dei comportamenti scorretti più verosimilmente andrebbero considerati, comportamenti inadeguati perché dettati da razionalità scientifiche insufficienti. Condotte professionali disoneste a parte.
Oggi se la medicina non si riforma rischiamo di perderla nel senso che potrebbe ridursi a un prontuario di regole standard da seguire. Cioè una medicina senza qualità.
Un malato è complesso per definizione, è un mondo a molti mondi, uno dei quali è la sua malattia che a sua volta è un mondo biologico a tanti mondi biologici , quindi egli è fatto da generi diversi di evidenze biologiche para biologiche e di altro tipo.
La medicina deve riconsiderare la sua vecchia idea statistica di evidenza, imparare a ragionare con più generi di evidenze quindi a metterle d’accordo perché tutte sono in qualche modo falsificabili e alla fine usarle nelle premesse del suo ragionamento.
Se la complessità non è nella premessa clinica il malato resta un organo e una malattia e l’unica evidenza che decide è quella biometrica.
Un malato è sempre singolare da ogni punto di vista per cui tutte le evidenze scientifiche vanno verificate empiricamente con tale singolarità. E’ tutt’altro che infrequente che la verità empirica smentisca quella scientifica per questo la medicina deve imparare ad essere meno convenzionale e più pragmatica perché quello che conta non è l’ossequio ottuso alle meta analisi epidemiologiche ma il conseguimento efficace di un risultato clinico. Esistono evidenze senza verità che impongono al medico di navigare a vista confidando sul suo intuito e sulla sua esperienza.
La clinica deve imparare ad andare oltre ciò che osservabile, oltre i fatti misurabili, primo perché non tutto è misurabile secondo perché il malato non è tutto osservabile. C’è un malato reale che può essere solo asserito.
Non si tratta di usare la stessa logica ipotetica deduttiva per tutti i malati ma di ricavare dalla singolarità dei malati la logica più adatta. Le logiche di cui la clinica può servirsi sono molteplici: pratico-deduttive, pragmatiche, polivalenti, fuzzy, modali, abduttive. Nella complessità si ragiona di più non di meno.
La clinica deve anche imparare a verificare le sue ipotesi con più criteri (plausibilità, ottimalità epistemica, accettabilità razionale, convenienza situazionale, esclusione dell’assurdo ecc) ma soprattutto deve misurarsi con il risultato.
La medicina deve avere coscienza degli effetti economici delle sue scelte quindi niente sprechi, errori e fallace. Bisogna essere più bravi, non più amministrati.
Quindi sì ad un’altra ragione medica, no al protocol doctor.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento