Come ricreare un senso di comunità costruendola dal basso
Scaffale Riflessioni intorno ai volumi di autori vari «Una nuova democrazia» (Il Margine) e «La cittadinanza in Italia, una mappa» (Carocci)
Scaffale Riflessioni intorno ai volumi di autori vari «Una nuova democrazia» (Il Margine) e «La cittadinanza in Italia, una mappa» (Carocci)
In un discorso destinato a diventare celebre, Benjamin Constant notava che la democrazia per gli antichi significava partecipare direttamente alla gestione della res pubblica, mentre per i moderni voleva dire eleggere i propri rappresentanti, consentendo loro di dedicarsi felicemente alle gioie della vita privata. Constant enunciava la differenza tra democrazia diretta e rappresentativa, prevedendo che la seconda si sarebbe presto affermata in molti paesi.
DOPO UNA LUNGA marcia trionfale, la democrazia rappresentativa ha oggi esaurito la propria spinta: l’affluenza alle urne diminuisce, i partiti politici perdono membri, i parlamenti sono derisi. I sondaggi di opinione mostrano che le persone si fidano dei politici che loro stessi hanno eletto ancor meno che dei conduttori televisivi e degli astrologi.
In un agile volumetto, pubblicato originariamente dalla Harvard University Press, Charles Taylor, Patrizia Nanz, e Madeleine Beaubien Taylor, non sono tuttavia del tutto pessimisti (Una nuova democrazia. Come i cittadini possono ricostruirla dal basso, Il margine, pp. 101, euro 14,25). Loro intravedono una speranza nella combinazione tra democrazia diretta e rappresentativa, creando nuovi canali che permettano ai cittadini di agire in prima persona.
Finanche negli Stati uniti, il paese dove è nata la democrazia rappresentativa, si stanno sviluppando casi in cui le comunità rivendicano la propria azione diretta nel fornire servizi, come si sta sperimentando proprio in questi giorni col movimento di self-help destinato a consentire ovunque l’interruzione di gravidanza. Ma dietro agli aspetti contingenti, quale quello di risolvere problemi educativi o dare assistenza ai bisognosi, c’è qualcosa di assai più profondo, ossia la voglia di essere parte di una comunità. Una democrazia è dunque diretta non solo perché tutti sono chiamati a partecipare, ma anche perché sa ascoltare le ragioni di ciascuno.
GLI AUTORI interpretano e propugnano un moderno «confessionale comunitario», per indurre le persone a partecipare ai riti della democrazia con rinnovato interesse ed entusiasmo. I nuovi movimenti sociali – femminismo, ambientalismo, Occupy Wall Street – non hanno solo obiettivi contingenti, ma sono soprattutto esperimenti in cui le persone riescono nuovamente a «stare insieme».
Una democrazia composta da individui chiusi in vite private che escono solo per andare ai seggi elettorali è destinata a perire. Se i vantaggi associati al fatto di avere in carica governi eletti devono essere mantenuti, diventa necessario ricombinare le istituzioni rappresentative con nuove forme di cittadinanza attiva. Ma servono linee guida più specifiche per rendere operativo un progetto così ambizioso.
In Italia, Giovanni Moro e i suoi colleghi di Fondaca hanno a più ripreso cercato di sviluppare questo progetto (si veda da ultimo La cittadinanza in Italia, una mappa (Carocci, pp. 243, euro 26).
EPPURE, NON BISOGNA ignorare la difficoltà del progetto. Troppo spesso abbiamo visto candidati che hanno percorso palmo a palmo il proprio collegio elettorale spazzati via da un concorrente con un semplice tweet. Non sempre le masse bussano alla porta delle istituzioni rappresentative, e spesso, come già preconizzato da Constant, le letizie della vita privata prevalgono sul desiderio di partecipare alla vita pubblica. Ma nel momento in cui nuovi demagoghi affollano i parlamenti, diventa essenziale raccogliere l’appello che chiama i cittadini alla partecipazione. Meglio impegnarsi nella salvaguardia della democrazia con nuovi esperimenti che essere poi costretti a rimpiangerla.
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